E ai cancelli è caos su Vendola: i sindacati autonomi lo CONTESTANO
Berlusconi e il referendum Fiat
«Col no buoni motivi per lasciare l'Italia»
«Col no buoni motivi per lasciare l'Italia»
Berlusconi rompe il silenzio e si schiera con Marchionne La Cgil: è danno al Paese. Bersani: il premier si vergogni
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Fiat, le parole del premier
MILANO - Il referendum di Mirafiori accende il dibattito politico. Nel caso in cui venisse bocciata l'intesa raggiunta tra la Fiat e i sindacati, «le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri Paesi» ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi da Berlino, rompendo il silenzio sulla vicenda e schierandosi a favore dell'ad Sergio Marchionne. «Ci auguriamo che la vicenda possa avere esito positivo» ha aggiunto il premier. Le parole del Cavaliere hanno innescato immediate polemiche. «Non conosco nessun presidente del Consiglio che si augura che se ne vada il più grande gruppo industriale dal Paese. Se questa è la sua idea del Paese, è meglio che il premier se ne vada» ha detto la leader della Cgil Susanna Camusso. «Il presidente del Consiglio - ha aggiunto - sta facendo una gara con l'amministratore delegato della Fiat tra chi fa più danno al nostro Paese». Duro anche il commento delle opposizioni. «Berlusconi non se ne accorge perché è un miliardario ma noi paghiamo a lui uno stipendio che gli sembrerà misero per occuparsi dell'Italia e fare gli interessi del Paese e non per fare andare via le aziende» è l'attacco del segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che giudica «vergognose» le parole del premier. «È la logica di Bersani che fa andar via le aziende: quando la sinistra italiana parla di sindacato segue schemi vecchi di trent'anni e ormai superati in tutta Europa» è la replica del sottosegretario Paolo Bonaiuti. Per l'Idv «Berlusconi è un irresponsabile ed oggi, sulla vicenda Fiat, ha gettato definitivamente la maschera. Cosi si capisce - si legge in una nota del partito di Antonio Di Pietro - chi lavora per il bene del Paese e chi invece opera contro la legalità costituzionale, l'interesse dei lavoratori. Un presidente del Consiglio, che è stato latitante nella vicenda Fiat, non può permettersi il lusso di affermare che un'impresa debba abbandonare l'Italia, senza ricordare che la Fiat, per tantissimi anni, ha preso contributi statali frutto dell'enorme sacrifico degli italiani ed ha fruito di una legislazione di favore».
CASINI E CONFINDUSTRIA - D'accordo con il premier il leader dei centristi. «Marchionne non è un santo e sta facendo delle forzature evidenti, mi auguro però che i lavoratori votino sì al referendum» è l'idea del leader Udc Pier Ferdinando Casini, secondo il quale se la Fiat dovesse abbandonare l'Italia «il suo esempio potrebbe essere seguito da altri, e sarebbe drammatico per il nostro Paese». «La Fiat vuole fare degli investimenti e per questo chiede la governabilità delle fabbriche, non c'è alcuna lesione dei diritti» ha ribadito dal canto suo il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.
CONTESTAZIONE ALLO STABILIMENTO - «Bisognerebbe denunciare per alto tradimento il presidente Berlusconi. E non è una battuta» ha detto il leader di Sel Nichi Vendola. Il governatore è stato in mattinata oggetto di una contestazione ai cancelli di Mirafiori da parte della Fismic. I sindacalisti dell'organizzazione sindacale autonoma che rappresenta i lavoratori dipendenti dell'industria e dei servizi, i pensionati, i disoccupati ed i precari, tra loro il leader Roberto Di Maulo, hanno mostrato polemicamente una copia della pagina de Il Giornale con il titolo «Sorpresa, Vendola a Bari fa il Marchionne». Alcuni aderenti al sindacato hanno urlato davanti a fotografi e telecamere, intimando a Vendola di andarsene, «perché il comunismo è finito». Il gruppo, una decina di attivisti in tutto, è stato fronteggiato da altrettanti sostenitori di Vendola e tra i due schieramenti sono volati insulti, minacce e qualche sputo.
Tensione ai cancelli di Mirafiori
COSA È ACCADUTO - Mentre Vendola parlava circondato da una folla di telecamere e giornalisti, davanti ai cancelli è stata sfiorata la rissa tra alcuni operai e delegati dei sindacati del «sì» e del «no» al referendum. «Siete dei servi, dei consulenti dei padroni», gridavano alcuni militanti della Fiom ai rappresentanti della Uilm, mentre stavano entrando in fabbrica. «Noi siamo della Fiat di Grugliasco - ha spiegato un lavoratore - e non vogliono farci partecipare al referendum, anche se in busta paga c'è scritto che lavoriamo alle carrozzerie. Tutto questo perché da noi il 90% è della Fiom». «Io sono dei Cobas - ha aggiunto un altro, tra le grida e gli spintoni degli operai - mia moglie lavora a momenti per via della cassa integrazione ed ho un figlio di 8 anni, spiegatemi voi come si fa a votare sì». Poi mentre Nichi Vendola si dirigeva all'ingresso della porta 2, è stato contestato da una schiera di delegati Fismic.
IL GOVERNATORE - «Credo che abbiano litigato con gli altri delegati, non ho avuto alcuna contestazione, non li ho incontrati proprio», ha spiegato poi Vendola. «Poverini - ha aggiunto il governatore - hanno preso l'articolo del quotidiano della famiglia Berlusconi, ma Il Giornale arriva con molto ritardo perché - ha concluso - i giornali pugliesi sono pieni dell'accordo strategico tra il Presidente della Regione Puglia con Cgil, Cisl e Uil sulle questioni fondamentali del lavoro e dei diritti sociali». Vendola poi ha replicato a Massimo D'Alema che aveva criticato la sua decisione di essere a Mirafiori. «Non so perché venire davanti ai cancelli di Mirafiori sia così sbagliato, penso che sia più sbagliato non venire qui».
«UNA PORCATA» - A chi gli chiedeva, a 24 ore dal referendum se fosse un operaio cosa voterebbe, Vendola ha risposto: «Sarebbe sgradevole una risposta in ogni caso. Noi non siamo qui per orientare i lavoratori. Bisogna avere rispetto di loro comunque votino». Ed ancora «bisogna mettersi nei panni di chi guadagna 1.000-1.300 euro al mese, di chi magari ha tre figli, di chi si alza alle 4 alla mattina». Per Vendola quindi «un referendum come questo è una porcata perché significa votare tra la sopravvivenza e l'essere buttati per strada. Se ti chiedono di scegliere tra cadere per terra con il paracadute oppure senza, è chiaro che scegli di cadere con il paracadute».
Fonte:il corriere
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