Cominciano i distinguo: ideali diversi. «Ma c’è accanimento giudiziario»
MICHELE BRAMBILLA
MILANO
C’ è tutto un mondo che ha sempre difeso Berlusconi e che continua a difenderlo anche adesso. Però fa un po’ più fatica di prima. In alcuni casi non riesce a nascondere un certo imbarazzo. Ad esempio ieri il quotidiano Libero ha confermato di stare dalla parte del premier, tuttavia con qualche se e con qualche ma. L’editoriale è stato affidato a Giampaolo Pansa e intitolato con una domanda retorica: «Può governare un premier braccato dai pm?».
La risposta che Pansa si dà è: no, non può. Ma attenzione: Pansa non dà tutta la colpa ai pm. Dice che non sa se le accuse siano fondate oppure no, però aggiunge che «già adesso il caso Ruby presenta alcune certezze inquietanti». La prima «è la presenza di questa ragazza senza arte né parte nella residenza del premier ad Arcore». Poi quella di «almeno altre quindici ragazze… Perché erano state invitate dal premier?».
Sbaglia chi parla di indebita intromissione in questioni private: «La telefonata di Berlusconi alla questura di Milano per tirarla fuori (Ruby, ndr) dai guai annulla da sola la privacy del premier». Pansa dice anche che l’accusa è «molto ardua da smontare» e dal tutto emerge uno «stile di vita del premier che non mi sembra consono a un capo di governo». Da qui il suggerimento finale a Berlusconi: «quello di ritirarsi e di godersi la vita».
Certo, a Pansa risponde il direttore Maurizio Belpietro, il quale sostiene che se Berlusconi cade su questa storia si spalanca la via a una dittatura dei pm. Però non è tranchant («Può darsi che tu veda giusto», dice a Pansa) e riconosce che «certo, Berlusconi ha sbagliato». Insomma, su Libero quanto meno c’è dibattito e le certezze sono un po’ meno granitiche di un tempo. «Scagli la prima pietra», ha detto ieri Roberto Formigoni, aggiungendo: «C’è qualcuno che è senza peccato?».
Certo che no. «Credo che dovremmo riporre tutti le nostre pietre in tasca. O meglio, dovrebbero farlo tutti quelli che le stanno tirando», ha detto ancora il governatore. Soprattutto da parte di un certo mondo cattolico, il ricorso all’episodio evangelico di Gesù con l’adultera in questi casi è sempre buono. Però Formigoni, pur chiedendo il rispetto della privacy, non ha potuto trattenere un giudizio su quanto emerge dalle telefonate degli habitué di villa San Martino: «Quello che sta venendo a galla non è qualcosa di confortante».
Al contrario è qualcosa, ha precisato, che lo induce «alla malinconia». Ciellino come Formigoni è Mario Mauro, presidente dei deputati del Pdl al Parlamento europeo. La sua formazione lo porta a diffidare dei moralismi e a non credere che la verità sia tutta bianca o tutta nera.
«Ci sono due facce della stessa medaglia», ci dice, e spiega come la prima faccia sia rivolta a vedere «l’ennesimo capitolo di quella brutta storia che è il conflitto tra due poteri dello Stato». Insomma: non c’è dubbio per Mauro che «alcuni magistrati da anni stiano perseguendo finalità politiche abusando del loro potere». Contestare la concussione a Berlusconi per la telefonata in questura, secondo Mauro, «è come contestare l’associazione mafiosa ad Andreotti».
Ciò premesso, però, «resta il fatto di queste telefonate - continua Mauro - che descrivono un mondo che mi fa dire che i miei ideali di vita non sono quelli di Berlusconi. Quello che mi hanno insegnato mi ha fatto sperimentare un modo diverso per passare felicemente una serata». Sono fatti privati, i festini a luci rosse? «La politica non ha istituzionalmente il compito di educare.
Però la stessa testimonianza personale è di per sé educativa o diseducativa», risponde Mauro, e non sono parole leggere per il premier. Ma non è solo la componente cattolica del Pdl ad avere qualche perplessità. Di Libero abbiamo detto. Ieri un quotidiano aveva collegato al caso Ruby una frase pronunciata da Letizia Moratti a un convegno: «Da donna provo amarezza per un atteggiamento (la prostituzione, ndr) che può derivare da problemi personali, che io non mi permetto di giudicare.
Da sindaco, credo che le istituzioni debbano mettere in campo politiche che aiutino chi ha commesso errori o è incorso in comportamenti contrari alla dignità delle donne». Ma il sindaco di Milano ha subito smentito l’interpretazione di quella frase «rilasciata a margine di un convegno dedicato alle donne, decontestualizzata, manipolata e strumentalizzata per fini politici per attaccare il capo del governo al quale esprimo la mia vicinanza e solidarietà personale e politica».
L’irritazione è forte soprattutto perché Letizia Moratti e il suo staff non hanno alcuna intenzione di entrare in questa vicenda. «E’ un dibattito che non ci appassiona», fanno sapere. Di certo il mondo di Letizia Moratti è lontano anni luce da quello di Ruby Rubacuori, e pure da quello di Lele Mora. E la Lega? Il fedele inossidabile alleato Lega? Bossi ha minimizzato, ha detto che queste cose alla fine «portano voti a Silvio», ma poi non ha più parlato, e neanche i colonnelli e i ministri ieri hanno messo la faccia per Ruby. Hanno fatto parlare il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, il quale ha detto che questa storia preoccupa «perché distoglie l’opinione pubblica dai temi veri», e che «bisogna andare avanti con le riforme».
Non ha parlato di un complotto contro il premier, non ha attaccato i giudici: dettagli che in politica sono sostanza. Nella Lega il fastidio è tangibile: non tanto per una questione morale, quanto perché si è sempre più convinti che i problemi personali del premier, e la paralisi che ne deriva, impediscono alla Lega di portare a casa ciò che ha promesso ai suoi elettori. Insomma c’è tutto un centrodestra che resta un centrodestra, ma non dà l’impressione di essere disposto a morire per il bunga bunga.
C’ è tutto un mondo che ha sempre difeso Berlusconi e che continua a difenderlo anche adesso. Però fa un po’ più fatica di prima. In alcuni casi non riesce a nascondere un certo imbarazzo. Ad esempio ieri il quotidiano Libero ha confermato di stare dalla parte del premier, tuttavia con qualche se e con qualche ma. L’editoriale è stato affidato a Giampaolo Pansa e intitolato con una domanda retorica: «Può governare un premier braccato dai pm?».
La risposta che Pansa si dà è: no, non può. Ma attenzione: Pansa non dà tutta la colpa ai pm. Dice che non sa se le accuse siano fondate oppure no, però aggiunge che «già adesso il caso Ruby presenta alcune certezze inquietanti». La prima «è la presenza di questa ragazza senza arte né parte nella residenza del premier ad Arcore». Poi quella di «almeno altre quindici ragazze… Perché erano state invitate dal premier?».
Sbaglia chi parla di indebita intromissione in questioni private: «La telefonata di Berlusconi alla questura di Milano per tirarla fuori (Ruby, ndr) dai guai annulla da sola la privacy del premier». Pansa dice anche che l’accusa è «molto ardua da smontare» e dal tutto emerge uno «stile di vita del premier che non mi sembra consono a un capo di governo». Da qui il suggerimento finale a Berlusconi: «quello di ritirarsi e di godersi la vita».
Certo, a Pansa risponde il direttore Maurizio Belpietro, il quale sostiene che se Berlusconi cade su questa storia si spalanca la via a una dittatura dei pm. Però non è tranchant («Può darsi che tu veda giusto», dice a Pansa) e riconosce che «certo, Berlusconi ha sbagliato». Insomma, su Libero quanto meno c’è dibattito e le certezze sono un po’ meno granitiche di un tempo. «Scagli la prima pietra», ha detto ieri Roberto Formigoni, aggiungendo: «C’è qualcuno che è senza peccato?».
Certo che no. «Credo che dovremmo riporre tutti le nostre pietre in tasca. O meglio, dovrebbero farlo tutti quelli che le stanno tirando», ha detto ancora il governatore. Soprattutto da parte di un certo mondo cattolico, il ricorso all’episodio evangelico di Gesù con l’adultera in questi casi è sempre buono. Però Formigoni, pur chiedendo il rispetto della privacy, non ha potuto trattenere un giudizio su quanto emerge dalle telefonate degli habitué di villa San Martino: «Quello che sta venendo a galla non è qualcosa di confortante».
Al contrario è qualcosa, ha precisato, che lo induce «alla malinconia». Ciellino come Formigoni è Mario Mauro, presidente dei deputati del Pdl al Parlamento europeo. La sua formazione lo porta a diffidare dei moralismi e a non credere che la verità sia tutta bianca o tutta nera.
«Ci sono due facce della stessa medaglia», ci dice, e spiega come la prima faccia sia rivolta a vedere «l’ennesimo capitolo di quella brutta storia che è il conflitto tra due poteri dello Stato». Insomma: non c’è dubbio per Mauro che «alcuni magistrati da anni stiano perseguendo finalità politiche abusando del loro potere». Contestare la concussione a Berlusconi per la telefonata in questura, secondo Mauro, «è come contestare l’associazione mafiosa ad Andreotti».
Ciò premesso, però, «resta il fatto di queste telefonate - continua Mauro - che descrivono un mondo che mi fa dire che i miei ideali di vita non sono quelli di Berlusconi. Quello che mi hanno insegnato mi ha fatto sperimentare un modo diverso per passare felicemente una serata». Sono fatti privati, i festini a luci rosse? «La politica non ha istituzionalmente il compito di educare.
Però la stessa testimonianza personale è di per sé educativa o diseducativa», risponde Mauro, e non sono parole leggere per il premier. Ma non è solo la componente cattolica del Pdl ad avere qualche perplessità. Di Libero abbiamo detto. Ieri un quotidiano aveva collegato al caso Ruby una frase pronunciata da Letizia Moratti a un convegno: «Da donna provo amarezza per un atteggiamento (la prostituzione, ndr) che può derivare da problemi personali, che io non mi permetto di giudicare.
Da sindaco, credo che le istituzioni debbano mettere in campo politiche che aiutino chi ha commesso errori o è incorso in comportamenti contrari alla dignità delle donne». Ma il sindaco di Milano ha subito smentito l’interpretazione di quella frase «rilasciata a margine di un convegno dedicato alle donne, decontestualizzata, manipolata e strumentalizzata per fini politici per attaccare il capo del governo al quale esprimo la mia vicinanza e solidarietà personale e politica».
L’irritazione è forte soprattutto perché Letizia Moratti e il suo staff non hanno alcuna intenzione di entrare in questa vicenda. «E’ un dibattito che non ci appassiona», fanno sapere. Di certo il mondo di Letizia Moratti è lontano anni luce da quello di Ruby Rubacuori, e pure da quello di Lele Mora. E la Lega? Il fedele inossidabile alleato Lega? Bossi ha minimizzato, ha detto che queste cose alla fine «portano voti a Silvio», ma poi non ha più parlato, e neanche i colonnelli e i ministri ieri hanno messo la faccia per Ruby. Hanno fatto parlare il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, il quale ha detto che questa storia preoccupa «perché distoglie l’opinione pubblica dai temi veri», e che «bisogna andare avanti con le riforme».
Non ha parlato di un complotto contro il premier, non ha attaccato i giudici: dettagli che in politica sono sostanza. Nella Lega il fastidio è tangibile: non tanto per una questione morale, quanto perché si è sempre più convinti che i problemi personali del premier, e la paralisi che ne deriva, impediscono alla Lega di portare a casa ciò che ha promesso ai suoi elettori. Insomma c’è tutto un centrodestra che resta un centrodestra, ma non dà l’impressione di essere disposto a morire per il bunga bunga.
Fonte :La stampa
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