Italia, sempre più Banana Republic.
Intervista a Roberto Petrini
Intervista a Roberto Petrini
L'economia del Paese è in ginocchio: nell'ultimo decennio solo Haiti ha fatto peggio di noi nella classifica della crescita a livello mondiale. Ecco i numeri del declino.
da cadoinpiedi.it
Il debito pubblico italiano è ormai prossimo ai 2 mila miliardi di euro. Ogni mese registra un inarrestabile incremento. L'economia del Paese è in ginocchio, paralizzata da entrate fiscali in costante decremento a cui si aggiunge un'evasione record rispetto agli altri Paesi membri dell'UE. I dati del Fondo Monetario Internazionale sulla crescita mondiale dell'ultimo decennio relegano l'Italia al penultimo posto. Dopo di noi solo Haiti, devastata da un terremoto un anno fa.
Roberto Petrini, giornalista e autore, ha risposto alle domande di Cadopinpiedi.it.Tremonti: "le entrate sono aumentate"; Draghi: "le entrate sono diminuite". Come stanno realmente le cose?
Le stime di Bankitalia e del Tesoro sono sempre divergenti perchè usano contabilità diverse. Quindi meglio prendere i recentissimi dati dell'Ocse, molto accurati, che indicano che la pressione fiscale nei due anni 2008-2009 di vigenza del governo Berlusconi è salita dal 43,3 al 43,5 per cento. Tuttavia, come ha calcolato recentemente il Nens, un centro studi del centrosinistra ma piuttosto accredidato, se tenessimo conto delle tasse evase, che mancano all'appello, la pressione salirebbe al 51,7 per cento. Ai livelli più alti d'Europa.
I capitali esteri fuggono, quelli nazionali sono nei paradisi fiscali, la produzione industriale è delocalizzata, la criminalità organizzata è la prima industria del Paese. Cosa è rimasto dell'Italia: è ancora un Paese competitivo o volge al tramonto?
Chi ha un po' di memoria storica ricorderà la primavera del 2001 quando Berlusconi vinse le elezioni e promise un nuovo miracolo economico con meno tasse (le famose due aliquote) e possibilità di licenziare (il celebre articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). Dieci anni dopo si può dire che il miracolo della deregolazzazione non c'è stato. Anzi stiamo messi piuttosto male. La produttività in Italia, calcolata su lavoro, capitale e conoscenza, negli ultimi dieci anni è scesa del 5 per cento, in Germania e Francia è cresciuta. In media siamo cresciuti solo di mezzo punto all'anno in questo decennio, assai meno dell'Europa. Forse qualche responsabilità va attribuita a chi ha governato per larga parte di questo decennio. Quanto al tramonto non posso che essere d'accordo: se posso citarmi scrissi un libro per Laterza nel 2003 che si intitolava "Il declino dell'Italia". Mi pare che ci siamo.Come vedono dall'estero l'Italia dal punto di vista economico?
Ci sono montagne di articoli dell'Economist e del Financial Times che da anni denunciano i mali del nostro paese. Mi piace ricordare uno dei maggiori economisti italiani, Paolo Sylos Labini, che fu tra i primi a denunciare il rischio morale e i riflessi terribili per il nostro benessere dovuti al conflitto d'interesse e alla presenza di Berlusconi. Per il futuro tuttavia non dobbiamo smettere di sperare: se le cose cambiassero non tutto potrebbe essere perduto. L'Italia che compie 150 ha ancora delle notevoli risorse. Ma non illudiamoci: saranno necessari molti sacrifici.
Entrate e debito pubblico, come si esce dalla spirale: crisi economica, contrazione delle entrate, aumento del debito pubblico, ecc.
La situazione è complessa, ma sono in pochi a ricordare che nel biennio in cui fu ministro del Tesoro Tommaso Padoa-Schioppa il deficit Pil diminuì drasticamente, fino all'1,5 per cento. Stabilità, dialogo con sindacati e imprenditori, politiche dei redditi, rilancio degli investimenti e dei consumi sono sempre ricette cui, con le dovute innovazioni, si può attingere. Bisogna tornare a crescere, è l'unica soluzione.
Se cadesse il governo quali impatti avremmo sulla fragilissima (in)stabilità economica?
E' certo che i mercati internazionali apprezzano la stabilità politica. Ma quella di questi giorni è stabilità? Quando a fine ottobre si ebbe notizia dell'ennesimo sexy gate gli spread dei nostri titoli di Stato cominciarono a correre verso l'alto. Per ora siamo messi parzialmente al riparo dalla tenuta del nostro sistema bancario e dalla cura-Tremonti sui conti pubblici che tuttavia è stata assai violenta e ha messo in grossa difficoltà l'erogazione dei servizi pubblici e del Welfare. Diciamo che la speculazione ha preferito prendersela con paesi più deboli come l'Irlanda e la Grecia. Ma durerà?
Chi destabilizza di più oggi l'economia del Paese: il comportamento del governo o chi ha deciso di tornare alle urne?
Ripeto, la parola d'ordine dei mercati è stabilità, altrimenti c'è l'incertezza e in termini economici l'incertezza significa maggior rischio che ha un costo in termini di tassi d'interesse dei titoli di Stato. Non mi sembra una situazione stabile, mi sembra una Banana Republic.(26 gennaio 2011)
da cadoinpiedi.it
Roberto Petrini, giornalista e autore, ha risposto alle domande di Cadopinpiedi.it.Tremonti: "le entrate sono aumentate"; Draghi: "le entrate sono diminuite". Come stanno realmente le cose?
Le stime di Bankitalia e del Tesoro sono sempre divergenti perchè usano contabilità diverse. Quindi meglio prendere i recentissimi dati dell'Ocse, molto accurati, che indicano che la pressione fiscale nei due anni 2008-2009 di vigenza del governo Berlusconi è salita dal 43,3 al 43,5 per cento. Tuttavia, come ha calcolato recentemente il Nens, un centro studi del centrosinistra ma piuttosto accredidato, se tenessimo conto delle tasse evase, che mancano all'appello, la pressione salirebbe al 51,7 per cento. Ai livelli più alti d'Europa.
I capitali esteri fuggono, quelli nazionali sono nei paradisi fiscali, la produzione industriale è delocalizzata, la criminalità organizzata è la prima industria del Paese. Cosa è rimasto dell'Italia: è ancora un Paese competitivo o volge al tramonto?
Chi ha un po' di memoria storica ricorderà la primavera del 2001 quando Berlusconi vinse le elezioni e promise un nuovo miracolo economico con meno tasse (le famose due aliquote) e possibilità di licenziare (il celebre articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). Dieci anni dopo si può dire che il miracolo della deregolazzazione non c'è stato. Anzi stiamo messi piuttosto male. La produttività in Italia, calcolata su lavoro, capitale e conoscenza, negli ultimi dieci anni è scesa del 5 per cento, in Germania e Francia è cresciuta. In media siamo cresciuti solo di mezzo punto all'anno in questo decennio, assai meno dell'Europa. Forse qualche responsabilità va attribuita a chi ha governato per larga parte di questo decennio. Quanto al tramonto non posso che essere d'accordo: se posso citarmi scrissi un libro per Laterza nel 2003 che si intitolava "Il declino dell'Italia". Mi pare che ci siamo.Come vedono dall'estero l'Italia dal punto di vista economico?
Ci sono montagne di articoli dell'Economist e del Financial Times che da anni denunciano i mali del nostro paese. Mi piace ricordare uno dei maggiori economisti italiani, Paolo Sylos Labini, che fu tra i primi a denunciare il rischio morale e i riflessi terribili per il nostro benessere dovuti al conflitto d'interesse e alla presenza di Berlusconi. Per il futuro tuttavia non dobbiamo smettere di sperare: se le cose cambiassero non tutto potrebbe essere perduto. L'Italia che compie 150 ha ancora delle notevoli risorse. Ma non illudiamoci: saranno necessari molti sacrifici.
Entrate e debito pubblico, come si esce dalla spirale: crisi economica, contrazione delle entrate, aumento del debito pubblico, ecc.
La situazione è complessa, ma sono in pochi a ricordare che nel biennio in cui fu ministro del Tesoro Tommaso Padoa-Schioppa il deficit Pil diminuì drasticamente, fino all'1,5 per cento. Stabilità, dialogo con sindacati e imprenditori, politiche dei redditi, rilancio degli investimenti e dei consumi sono sempre ricette cui, con le dovute innovazioni, si può attingere. Bisogna tornare a crescere, è l'unica soluzione.
Se cadesse il governo quali impatti avremmo sulla fragilissima (in)stabilità economica?
E' certo che i mercati internazionali apprezzano la stabilità politica. Ma quella di questi giorni è stabilità? Quando a fine ottobre si ebbe notizia dell'ennesimo sexy gate gli spread dei nostri titoli di Stato cominciarono a correre verso l'alto. Per ora siamo messi parzialmente al riparo dalla tenuta del nostro sistema bancario e dalla cura-Tremonti sui conti pubblici che tuttavia è stata assai violenta e ha messo in grossa difficoltà l'erogazione dei servizi pubblici e del Welfare. Diciamo che la speculazione ha preferito prendersela con paesi più deboli come l'Irlanda e la Grecia. Ma durerà?
Chi destabilizza di più oggi l'economia del Paese: il comportamento del governo o chi ha deciso di tornare alle urne?
Ripeto, la parola d'ordine dei mercati è stabilità, altrimenti c'è l'incertezza e in termini economici l'incertezza significa maggior rischio che ha un costo in termini di tassi d'interesse dei titoli di Stato. Non mi sembra una situazione stabile, mi sembra una Banana Republic.(26 gennaio 2011)
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