mercoledì 26 gennaio 2011

La politica annoiata lascia da sole le imprese

Nel gran polverone della politica italiana, avvitata da mesi soltanto sulle feste, sulle inchieste, sulle sorti del presidente del Consiglio, non si scorge più il profilo reale delle cose. Per qualche settimana ci hanno pensato la Fiat, il referendum su Mirafiori e la riforma delle relazioni industriali a dare concretezza al dibattito, riproponendo la questione della capacità dell'economia e dell'impresa italiana di competere in un contesto globale. Ora, sulla scena della politica, si è rapidamente tornati a parlare d'altro, a scansare il dato della bassa crescita, a ignorare le difficoltà delle imprese sul mercato italiano e all'estero.
Di dati drammatici come quello della disoccupazione, si discute un giorno. Le migliaia di imprese che stanno chiudendo solo perché l'amministrazione pubblica si ritiene vergognosamente esente dall'obbligo contrattuale di pagare, gli investimenti pubblici in ribasso per il quarto anno consecutivo, le imprese che continuano a versare al fisco oltre il 50% degli utili (come dice lo studio che presentiamo a pagina 19), tutto questo non sembra esistere per il governo e per il parlamento.

Il tema di una politica economica che sostenga la crescita, rilanciato ieri come una priorità dal presidente della Repubblica Napolitano, si perde in questo polverone. Si stenta ormai anche a trovare lo strumento, la sede, il momento per parlare di politica economica. Dato atto al ministro dell'Economia Giulio Tremonti di aver condotto con successo la battaglia del rigore dei conti pubblici, non resta altro. La discussione sul federalismo fiscale piegata a una logica tutta partitica, da una parte e dall'altra, come se il punto fosse piantare o non piantare la bandiera. Oggi c'è l'Imu, domani, spavaldamente, si passa alle compartecipazioni e alle addizionali Irpef, come se gli effetti sulla nostra economia e sul nostro fisco per i prossimi 50 anni fossero gli stessi. Non un provvedimento, non una riunione, non un accenno alle riforme che dovrebbero togliere il gesso all'economia e consentirle di correre più veloce. Anche quelle iniziative che hanno avuto il via libera del Consiglio dei ministri, come il piano Sud, si perdono fra rinvii, procedure farraginose, delibere Cipe da approvare e riapprovare nell'indifferenza generale. Niente a che fare con l'urgenza delle cose da fare.
Di Giorgio Santilli
Fonte:Il Sole 24 ore

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