martedì 25 gennaio 2011

Magnate, mignotta e magnaccia.

di Ivano Sartori

Da tutta questa storia sulla prostituzione in villa ad Arcore, al di là dei benefici effetti che tali rivelazioni potrebbero avere sulla politica italiana (ma non facciamoci illusioni), si ricava una constatazione di non piccolo conto. E cioè che certe convinzioni sulla professione più antica del mondo sono da rivedere radicalmente. Con l’avvento dell’Utilizzatore finale nella cosa pubblica e le modifiche introdotte dai suoi spregiudicati comportamenti nei confronti del comune senso del pudore, il mestiere del meretricio, ossia della vendita del proprio corpo in cambio di emolumenti, non è liquidabile come un fascio fatto di un solo tipo di erba. Le erbe sono tante. E qui, sia chiaro, si sta dissertando di sociologia e di economia più che di morale.

Per una certa Italia, non solo quella che si riconosce nella figura e nelle idee di Berlusconi, ma anche quella che, pur credendosi a lui avversa per diversità di voto sulla scheda elettorale è in realtà imbevuta dei suoi gusti e disgusti, la genia delle prostitute è una sola. Quella peripatetica del marciapiede. La realtà è molto più complessa e la categoria è composita.

La prima, la più ovvia, visibile e diffusa, è quella delle donne di strada. Sia che si scaldino al fuoco di copertoni lungo le antiche vie consolari romane, sia che brulichino negli anfratti dell’urbe, costituiscono quel pubblico scandalo contro cui si avventano sindaci di destra, di sinistra e di centro, esortati da cittadini usi spesso a pensare bene e razzolare male. Per queste baldracche che occupano il gradino più basso della scala del mestiere, non si bada a mezzi per stanarle, dall’uso degli elicotteri alle retate con lo scatenamento dei cani. Dopo la disinfestazione, i quartieri sono bonificati da ronde militari che bighellonano nei vicoli al posto delle passeggiatrici riscuotendo il plauso dei residenti. Un tempo, in certi rioni popolari, come la genovese via Prè, la brava gente conviveva con notorie figure di dropout, barboni, puttane o mattoidi che fossero. Erano parte della famiglia popolare. Con il prevalere di nigeriane ed europee dell’est tra le nuove leve della prostituzione, c’è il sospetto che il razzismo abbia offerto una sponda al perbenismo.

Saliamo di un gradino, anzi saltiamone tre o quattro in un colpo solo. Un piccolo abisso separa le donne di strada di cui sopra dalle commesse dei negozi delle griffe che fanno onore al Made in Italy nel mondo, dalle studentesse che si vendono per pagarsi l’iscrizione all’università o il monolocale. In questi casi si tratta di scappatelle di cerbiatte che si riscatteranno un giorno con la conquista della laurea o sposando il tizio sedotto in profumeria. Tutti abbiamo avuto delle avventure ma non per questo siamo diventati avventurieri a vita. Ma l’happy end non è per tutte.

E veniamo all’hard core dell’insieme, al ceto medio delle venditrici del proprio corpo, o delle sue parti più pregiate. Se vogliamo dare retta alle petulanti insistenze delle cronache, sarebbe costituito da reggimenti di veline, letterine, meteorine e altre sculettanti arriviste esposte nella vetrina televisiva. Molte di loro, con il passare degli anni, l’afflosciarsi del silicone e l’appassire dei glutei, saranno riciclate nella politica. Se la prima parte di tali carriere è una storia che nasce nel mondo dello spettacolo e il mondo dello spettacolo, a cominciare dal cinema, ha più volte raccontato, la seconda ha caratteristiche nazionali e si sviluppa solo grazie ai poteri di un Demiurgo onnipotente. Cioè di un artefice che, dotato di poteri eccezionali, trasforma le venditrici di sé in promoter dei suoi interessi nelle istituzioni repubblicane.

Infine, al livello più alto del mercimonio, nell’empireo delle prostitute indicibili e intoccabili, figurano le spose e madri esemplari, che, pur avendo trenta o quaranta anni di meno del rospo, non hanno esitato a baciarlo. Si sono date a tycoon, grand commis, patron, boss, brasseur d’affaire e chief executive officer per essere ricompensata con invidiabili posizioni sociali i cui accessori sono ville, gioielli, vestiti, figli e altri lussi. Un ascensore sempre più affollato nel panorama del riscatto sociale.

Per quanto il modo delle donne di diventare rispettabili al fianco di onorevoli vegliardi sia vecchio come il cucco e l’astuzia popolare ne sia al corrente fin dall’ultimo giorno della Genesi, gli unici a non capirlo sono gli elettori televisivi educati alla favola della Bella e la bestia. E non lo capiranno mai. Cotti dalle tivù del Demiurgo, non sanno distinguere una mignatta da una mignotta e un magnaccia da un magnate. Che sia a causa del suo magnetismo?
 Fonte: Micromega

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