Allo stato delle cose, non c'è un solo elemento concreto da cui dedurre che la paralisi politica avrà un esito diverso dalle elezioni anticipate. Ipotesi, tante. Manovre, infinite. Ma al dunque passano i giorni e le reti non pescano alcunché. Al contrario, la trattativa che conta – quella sul federalismo – si sta avvitando, come dimostra il «no» deciso del "terzo polo" (Casini-Fini-Rutelli) al nuovo testo con cui il ministro Calderoli sta tentando una mediazione.
È quasi rassegnato un altro esponente del governo, Raffaele Fitto, nel fotografare così la situazione: «Sul federalismo municipale abbiamo dato piena disponibilità a prendere in esame le proposte dell'Anci.
Se però prevale la logica dei conflitti politici, allora si rischia di travalicare i contenuti». E in effetti è ormai difficile distinguere i due livelli del negoziato: quello tecnico e quello, preponderante, di natura politica.
Umberto Bossi e lo stesso Calderoli stentano ad accettare che il loro progetto si areni nelle sue contraddizioni (e nelle contraddizioni del quadro generale) a un passo dal traguardo. Ma tant'è. Qual è l'alternativa? Sulla carta ce n'è una, di cui molto si è parlato in questi giorni. Una sorta di «baratto» per cui il Pd lascia passare il federalismo e la Lega, in cambio, provoca la caduta di Berlusconi e dà il via libera a un esecutivo di «pacificazione» aperto ad altre forze. S'intende, senza passare per le elezioni.
Lo scambio appare suggestivo ed è comprensibile che tra i leghisti qualcuno sia tentato. Del resto, il senso di «impasse» è soffocante e la leadership di Berlusconi si è ridotta alla strenua resistenza contro una pressione mediatico-giudiziaria tutt'altro che alleggerita. Non è un caso se lunedì, a poche ore dal discorso del cardinal Bagnasco, il presidente del Consiglio abbia perso i nervi e si sia lasciato andare a una sconcertante aggressione telefonica contro Gad Lerner. La verità è che Berlusconi, più di qualche suo consigliere, ha visto giusto nell'intervento del presidente della Cei: vi ha letto il desiderio di salvaguardare la vasta area del centrodestra, che la Chiesa non vuole compromettere, ma anche una netta presa di distanza da lui come leader storico di tale raggruppamento.
È quasi rassegnato un altro esponente del governo, Raffaele Fitto, nel fotografare così la situazione: «Sul federalismo municipale abbiamo dato piena disponibilità a prendere in esame le proposte dell'Anci.
Se però prevale la logica dei conflitti politici, allora si rischia di travalicare i contenuti». E in effetti è ormai difficile distinguere i due livelli del negoziato: quello tecnico e quello, preponderante, di natura politica.
Umberto Bossi e lo stesso Calderoli stentano ad accettare che il loro progetto si areni nelle sue contraddizioni (e nelle contraddizioni del quadro generale) a un passo dal traguardo. Ma tant'è. Qual è l'alternativa? Sulla carta ce n'è una, di cui molto si è parlato in questi giorni. Una sorta di «baratto» per cui il Pd lascia passare il federalismo e la Lega, in cambio, provoca la caduta di Berlusconi e dà il via libera a un esecutivo di «pacificazione» aperto ad altre forze. S'intende, senza passare per le elezioni.
Lo scambio appare suggestivo ed è comprensibile che tra i leghisti qualcuno sia tentato. Del resto, il senso di «impasse» è soffocante e la leadership di Berlusconi si è ridotta alla strenua resistenza contro una pressione mediatico-giudiziaria tutt'altro che alleggerita. Non è un caso se lunedì, a poche ore dal discorso del cardinal Bagnasco, il presidente del Consiglio abbia perso i nervi e si sia lasciato andare a una sconcertante aggressione telefonica contro Gad Lerner. La verità è che Berlusconi, più di qualche suo consigliere, ha visto giusto nell'intervento del presidente della Cei: vi ha letto il desiderio di salvaguardare la vasta area del centrodestra, che la Chiesa non vuole compromettere, ma anche una netta presa di distanza da lui come leader storico di tale raggruppamento.
Ne deriva che Berlusconi sempre più si sente isolato e minacciato. Nell'arroccamento c'è spazio per gli scoppi d'ira e per i gesti di frustrazione, ma non ci sono quasi più margini per esercitare un'efficace leadership. Eppure il premier è per ora in grado di difendersi e di evitare la spallata finale. Non ci sarebbe da stupirsi, ad esempio, se oggi la mozione di sfiducia a Bondi fosse respinta. Al tempo stesso si nota che il Pdl e la Lega sono uniti nel riproporre la richiesta di dimissioni del presidente della Camera, Fini. Proprio adesso che arrivano nuovi documenti destinati a riaprire lo scabroso caso dell'appartamento di Montecarlo.
Ciò significa che il rapporto tra Berlusconi e Bossi è ancora saldo. Solo il capo del Carroccio è in grado di modificare in termini politici il corso delle cose. Solo lui potrebbe accettare lo scambio proposto dal centrosinistra e che il ministro Maroni, nella lettera al «Corriere», mostrava di non respingere in via pregiudiziale. Bossi sta mettendo sulla bilancia i pro e i contro di una scelta che cambierebbe il volto dell'Italia. Ma il «no» di Casini al federalismo rende l'accordo con il Pd ancora più arduo. E dimostra che in questa legislatura il patto fra Berlusconi e la Lega non può essere spezzato. La prossima sarà un'altra storia.
Di Stefano Folli
Fonte :Il Sole 24 ore
Ciò significa che il rapporto tra Berlusconi e Bossi è ancora saldo. Solo il capo del Carroccio è in grado di modificare in termini politici il corso delle cose. Solo lui potrebbe accettare lo scambio proposto dal centrosinistra e che il ministro Maroni, nella lettera al «Corriere», mostrava di non respingere in via pregiudiziale. Bossi sta mettendo sulla bilancia i pro e i contro di una scelta che cambierebbe il volto dell'Italia. Ma il «no» di Casini al federalismo rende l'accordo con il Pd ancora più arduo. E dimostra che in questa legislatura il patto fra Berlusconi e la Lega non può essere spezzato. La prossima sarà un'altra storia.
Di Stefano Folli
Fonte :Il Sole 24 ore
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