Una conseguenza della crisi?
L’aumento degli aborti
L’aumento degli aborti
L'allarme parte dalla Sardegna. Tra Iglesias e Carbonia, nel 2009 ci sono state 344 interruzioni di gravidanza su 881 nascite
La crisi nemica dei bambini. Ne nascono pochi e, in proporzione, gli aborti (tra volontari e spontanei) sfiorano il 40 per cento. Com’è difficile pensare a una famiglia quando le fabbriche chiudono, l’incubo della cassa integrazione e della mobilità non dà un attimo di tregua e il futuro appare sempre più grigio. Senza prospettive. E chi una famiglia già ce l’ha non pensa certo ad allargarla.
Nel Sulcis Iglesiente dilaniato dall’emergenza lavoro, un territorio con spiagge e vegetazione mozzafiato nella zona sud occidentale della Sardegna, dove gli abitanti sono circa 150 mila e l’esercito di disoccupati sfiora i 30 mila, le interruzioni di gravidanza volontarie avvengono prevalentemente per colpa della crisi.
A confermare che le drammatiche condizioni socio-economiche sono determinanti nel momento in cui una donna sceglie di compiere un passo comunque sofferto, sono i medici del reparto Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Santa Barbara di Iglesias (città capoluogo insieme a Carbonia), unico nel territorio a praticare l’aborto volontario sulla base della legge 194.
“In effetti è così – ammette il primario Giuseppe Santeufemia – non è più come succedeva trent’anni fa, quando l’aborto veniva considerato quasi un’alternativa alla contraccezione. A indicare che la relazione con la situazione di crisi è forte sono le stesse donne quando vengono da noi, ma ce lo dicono anche i dati Istat, dai quali si evince la correlazione tra emergenza economica delle regioni del sud Italia e il tasso di abortività”.
Avere un figlio, in certe situazioni, viene considerato un lusso che non ci si può permettere. Troppo rischioso pensare a una maternità quando l’incertezza la fa da padrona e, se ci si trova davanti a una gravidanza non programmata, il probabile lieto evento non è più tale. I dati sono eloquenti. Nel 2009, a livello provinciale, il numero complessivo di nascite (nei distretti ospedalieri di Iglesias e Carbonia) è stato pari a 881. Gli aborti sono stati, complessivamente, 344. Un tasso di abortività complessivo, rispetto alle nascite, pari al 39,05 per cento.
Con un altro parametro di riferimento, ovvero il numero di donne in età fertile (dai 15 ai 48 anni), l’indice è invece del 10,4 per mille e quello delle nascite risulta del 26 per mille. I dati del 2010 non sono meno confortanti, seppure in questo caso siano parziali e comprendano solo il distretto di Iglesias. Su 362 nascite gli aborti sono stati 147, di cui 50 interruzioni volontarie. Altro dato importante è quello dell’età, generalmente superiore ai 30 anni. Nel Sulcis, sinora, non sono state praticate interruzioni di gravidanza con il metodo farmacologico (la più nota Ru486). Tutte, dopo avere letto e firmato il consenso informato, hanno scelto il metodo chirurgico.
Osservando i dati, emerge con chiarezza anche il numero elevato degli aborti spontanei che per i medici potrebbero essere legati a una questione ambientale. “Abbiamo sicuramente anche un tasso di aborti spontanei elevato – dice il primario Santeufemia –, il che la dice lunga sulla situazione, perché verosimilmente il fenomeno è legato alle problematiche ambientali”. Il condizionale è d’obbligo, dal momento in cui non esistono (come pure per molte patologie ricorrenti nel territorio) dati scientifici che possano confermare quelli che sono ora sospetti. Non a caso lo stesso Santeufemia evidenzia la necessità di compiere accertamenti e studi in grado di confermare, o smentire, quelli che per ora sono sospetti. “Sta agli enti competenti agire di conseguenza, promuovendo uno studio epidemiologico per fare emergere con certezza se esiste una correlazione tra aborti spontanei e inquinamento ambientale”.
di Cinzia Simbula
Nel Sulcis Iglesiente dilaniato dall’emergenza lavoro, un territorio con spiagge e vegetazione mozzafiato nella zona sud occidentale della Sardegna, dove gli abitanti sono circa 150 mila e l’esercito di disoccupati sfiora i 30 mila, le interruzioni di gravidanza volontarie avvengono prevalentemente per colpa della crisi.
A confermare che le drammatiche condizioni socio-economiche sono determinanti nel momento in cui una donna sceglie di compiere un passo comunque sofferto, sono i medici del reparto Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Santa Barbara di Iglesias (città capoluogo insieme a Carbonia), unico nel territorio a praticare l’aborto volontario sulla base della legge 194.
“In effetti è così – ammette il primario Giuseppe Santeufemia – non è più come succedeva trent’anni fa, quando l’aborto veniva considerato quasi un’alternativa alla contraccezione. A indicare che la relazione con la situazione di crisi è forte sono le stesse donne quando vengono da noi, ma ce lo dicono anche i dati Istat, dai quali si evince la correlazione tra emergenza economica delle regioni del sud Italia e il tasso di abortività”.
Avere un figlio, in certe situazioni, viene considerato un lusso che non ci si può permettere. Troppo rischioso pensare a una maternità quando l’incertezza la fa da padrona e, se ci si trova davanti a una gravidanza non programmata, il probabile lieto evento non è più tale. I dati sono eloquenti. Nel 2009, a livello provinciale, il numero complessivo di nascite (nei distretti ospedalieri di Iglesias e Carbonia) è stato pari a 881. Gli aborti sono stati, complessivamente, 344. Un tasso di abortività complessivo, rispetto alle nascite, pari al 39,05 per cento.
Con un altro parametro di riferimento, ovvero il numero di donne in età fertile (dai 15 ai 48 anni), l’indice è invece del 10,4 per mille e quello delle nascite risulta del 26 per mille. I dati del 2010 non sono meno confortanti, seppure in questo caso siano parziali e comprendano solo il distretto di Iglesias. Su 362 nascite gli aborti sono stati 147, di cui 50 interruzioni volontarie. Altro dato importante è quello dell’età, generalmente superiore ai 30 anni. Nel Sulcis, sinora, non sono state praticate interruzioni di gravidanza con il metodo farmacologico (la più nota Ru486). Tutte, dopo avere letto e firmato il consenso informato, hanno scelto il metodo chirurgico.
Osservando i dati, emerge con chiarezza anche il numero elevato degli aborti spontanei che per i medici potrebbero essere legati a una questione ambientale. “Abbiamo sicuramente anche un tasso di aborti spontanei elevato – dice il primario Santeufemia –, il che la dice lunga sulla situazione, perché verosimilmente il fenomeno è legato alle problematiche ambientali”. Il condizionale è d’obbligo, dal momento in cui non esistono (come pure per molte patologie ricorrenti nel territorio) dati scientifici che possano confermare quelli che sono ora sospetti. Non a caso lo stesso Santeufemia evidenzia la necessità di compiere accertamenti e studi in grado di confermare, o smentire, quelli che per ora sono sospetti. “Sta agli enti competenti agire di conseguenza, promuovendo uno studio epidemiologico per fare emergere con certezza se esiste una correlazione tra aborti spontanei e inquinamento ambientale”.
di Cinzia Simbula
Fonte: il fatto quotidiano
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