Sempre più potere a chi ce l'ha già
Anticipiamo l'Editoriale del n. 2 di Famiglia Cristiana, in edicola dal 5 gennaio. L'Italia del futuro: dal caso Fiat alla politica. Con un declino dei diritti sul terreno del lavoro.
04/01/2011
La linea della Grande Punto negli stabilimenti Fiat di Mirafiori a Torino.
Il primo decennio del terzo millennio si è chiuso solo sui calendari, perché l’inizio del secondo decennio si annuncia nel massimo dell’incertezza, politica, sociale, economica. Non si sa se e quanto durerà l’attuale legislatura; ma soprattutto se i conti preventivi derivanti dai diminuiti consumi dei cittadini, dai prezzi in aumento dei servizi pubblici e privati, dalle pensioni riformate e riformande, dai contratti di lavoro ipotizzabili sul “modello Fiat” (che sta per essere giudicato dai dipendenti di Mirafiori dopo quelli di Pomigliano) e così elencando, saranno quelli che si leggono sui giornali e che si traducono in cifre preoccupanti: forti tagli alle spese dei Comuni soprattutto del Centro-Sud in seguito al federalismo fiscale (quando sarà concretizzato), riduzione dei salari dei pubblici dipendenti, crescita di alcune tariffe di almeno mille euro per famiglia.
Non basta. Non esiste nel programma di Governo nessun cenno a provvedimenti che riducano la precarietà del lavoro o consentano qualche speranza rispetto agli ammortizzatori sociali riguardo alla disoccupazione – di là dalla cassa integrazione – o alla non occupazione, che tocca ormai un giovane fino ai 25 anni su quattro. Per non parlare del futuro di una cultura che sta per sperimentare che cosa significa ridurre il finanziamento statale delle università.
Tutto questo acquista un senso ben definito, benché avvolto nell’incertezza del “se” e del “quando”: è il tramonto di un welfare che ha costituito la strada del progresso di un Paese che si era illuso (almeno fino alla metà degli anni ’80) di continuare a percorrerla all’infinito. Di quella illusione ora fa le spese un concetto di democrazia che si pensava ormai accettato da tutti senza eccezioni: la libertà di manifestazione della protesta dei cittadini per qualsiasi ragionevole motivo, esclusa ovviamente la violenza, ma incluso il diritto di sciopero. Quanto si è visto la settimana scorsa al porto di Civitavecchia, quando 200 pastori sardi (diconsi 200, non una massa incontrollabile) sono stati impediti di proseguire verso Roma e “trattati come delinquenti”, da parte della Polizia, è un rattristante esempio di questa democrazia in via di riduzione.
Non è facile capire dove l’Italia sarà al termine del decennio che sta cominciando. Quello che si intravede, a partire proprio dall’esempio della Fiat, è un eccesso di potere per quelli che già detengono tutti i poteri, e un declino dei diritti costituzionali, proprio sul terreno del lavoro, che resterà comunque quello decisivo per il destino di tutti i cittadini. Dare la colpa di questo possibile esito finale alla globalizzazione può sembrare oggi banale ma inevitabile. Tuttavia, esasperare i conflitti interni – tanto più quelli ideologici – senza tener conto di cosa succede nel mondo sarebbe il peggiore degli errori.
Non basta. Non esiste nel programma di Governo nessun cenno a provvedimenti che riducano la precarietà del lavoro o consentano qualche speranza rispetto agli ammortizzatori sociali riguardo alla disoccupazione – di là dalla cassa integrazione – o alla non occupazione, che tocca ormai un giovane fino ai 25 anni su quattro. Per non parlare del futuro di una cultura che sta per sperimentare che cosa significa ridurre il finanziamento statale delle università.
Tutto questo acquista un senso ben definito, benché avvolto nell’incertezza del “se” e del “quando”: è il tramonto di un welfare che ha costituito la strada del progresso di un Paese che si era illuso (almeno fino alla metà degli anni ’80) di continuare a percorrerla all’infinito. Di quella illusione ora fa le spese un concetto di democrazia che si pensava ormai accettato da tutti senza eccezioni: la libertà di manifestazione della protesta dei cittadini per qualsiasi ragionevole motivo, esclusa ovviamente la violenza, ma incluso il diritto di sciopero. Quanto si è visto la settimana scorsa al porto di Civitavecchia, quando 200 pastori sardi (diconsi 200, non una massa incontrollabile) sono stati impediti di proseguire verso Roma e “trattati come delinquenti”, da parte della Polizia, è un rattristante esempio di questa democrazia in via di riduzione.
Non è facile capire dove l’Italia sarà al termine del decennio che sta cominciando. Quello che si intravede, a partire proprio dall’esempio della Fiat, è un eccesso di potere per quelli che già detengono tutti i poteri, e un declino dei diritti costituzionali, proprio sul terreno del lavoro, che resterà comunque quello decisivo per il destino di tutti i cittadini. Dare la colpa di questo possibile esito finale alla globalizzazione può sembrare oggi banale ma inevitabile. Tuttavia, esasperare i conflitti interni – tanto più quelli ideologici – senza tener conto di cosa succede nel mondo sarebbe il peggiore degli errori.
Beppe Del Colle
Fonte : Famiglia cristiana
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