venerdì 28 ottobre 2011

Licenziamenti: regole e nuove norme

Licenziamenti: regole e nuove norme

Il lavoro è garantito dalla Costituzione, ma le leggi ne hanno cambiato l'idea fondativa

La formula «licenziamenti facili» con cui il Governo si è presentato a Bruxelles per promettere riforme e cambiamento per l’Italia è quanto meno difficile da far digerire ai lavoratori italiani. Soprattutto perché la parola «lavoro», in Italia, ha un significato e una genesi particolare.  

Nella Costituzione
Molti sono gli articoli della Costituzione Italiana che, direttamente o indirettamente, sanciscono il diritto dei cittadini al lavoro. Innanzi tutto l'art.1, che statuisce: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro" e l'art. 4 che stabilisce: "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società". Quindi il lavoro è alla base stessa dello sviluppo democratico della nostra società e si configura come diritto e dovere di ogni cittadino. L'art. 35 aggiunge che la Repubblica deve tutelare il lavoro in tutte le sue forme e e le sue applicazioni; l'art. 36 stabilisce che "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione (…) ed in ogni caso sufficiente ad  assicurare a sé ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.  

La genesi
Pensate all’articolo 1 dove si parla di Italia come Repubblica democratica fondata sul lavoro. Ebbene, intorno a questa formulazione, nel 1946, ci furono vere e proprie contrapposizioni. Prima di arrivare alla forma tuttora vigente, vennero esposte varie proposte. La prima, presentata dal deputato Mario Cevolotto ometteva la formula “…fondata sul lavoro” e venne presentata il 28 novembre 1946. Questa, però, non piacque alla quasi totalità dei membri dell’Assemblea e venne definita algida e carente dei tratti precisi del nascente Stato Italiano.   Fu Aldo Moro a chiedere di inserire un riferimento al lavoro. Palmiro Togliatti presentò una seconda proposta: “L’Italia è una Repubblica democratica di lavoratori”. Ma anche questo emendamento venne bocciato. Ma fu il democristiano Amintore Fanfani a presentare la formula attuale che fu appoggiata dal Partito Comunista Italiano e dal Partito Socialista Italiano.  

Dal 1946 a oggi
Il diritto al lavoro è oggi regolamentato dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, nel quale si afferma che il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o giustificato motivo. In assenza di questi presupposti, il giudice dichiara l'illegittimità dell'atto e ordina la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro. In alternativa, il dipendente può accettare un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultimo stipendio, o un'indennità crescente con l'anzianità di servizio. Il lavoratore può presentare ricorso d'urgenza e ottenere la sospensione del provvedimento del datore fino alla conclusione del procedimento, della durata media di 3 anni. Nelle aziende che hanno fino a 15 dipendenti, se il giudice dichiara illegittimo il licenziamento, il datore può scegliere se riassumere il dipendente o pagargli un risarcimento. Può quindi rifiutare l'ordine di riassunzione conseguente alla nullità del licenziamento. La differenza fra riassunzione e reintegrazione è che il dipendente perde l'anzianità di servizio e i diritti acquisiti col precedente contratto (tutela obbligatoria). Le intese sottoscritte a livello aziendale o territoriale possono derogare ai contratti ed alle leggi nazionali sul lavoro, incluso lo Statuto dei lavoratori, ed alle relative norme, comprese quelle sui licenziamenti.  

L’articolo 8
L’attuale governo, prima dei «licenziamenti facili», aveva già provato ad aggirare l’articolo 18. Modificando l’articolo 8 nella manovra di settembre. Il provvedimento che, "fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro", le specifiche intese aziendali e territoriali "operano anche in deroga alle disposizioni di legge" ed alle "relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro". L'emendamento prevede, in aggiunta, che le intese valide saranno non solo quelle "sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale", ma che anche le associazioni "territoriali" avranno la possibilità di realizzare specifiche intese "con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati" su temi come "le mansioni del lavoratore, i contratti a termine, l'orario di lavoro, le modalità di assunzione, le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro".
Le materie escluse - Restano escluse dalla contrattazione aziendale alcune materie e norme generali a tutela di diritti e interessi superiori. Così non si potranno fare accordi locali su temi quali "il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento".  

Licenziamento facile
Secondo il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, «le aziende per assumere devono licenziare». Sarà pure uno dei nuovi assiomi di Diritto del Lavoro, intanto però ecco quello che ha previsto il Governo: entro maggio 2012 l'esecutivo approverà una riforma della legislazione del lavoro:
a)   funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell'impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato;
b)   più stringenti condizioni nell'uso dei 'contratti para-subordinati’ dato che tali contratti sono spesso utilizzati per lavoratori formalmente qualificati come indipendenti ma sostanzialmente impiegati in una posizione di lavoro subordinato.
Fonte :"Vivere"

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