di PAOLO BARONI , dalla "Stampa"
Il taglio del rating sul nostro debito pubblico da parte di Moody’s era nell’aria e quindi non deve sorprendere più di tanto. Semmai sorprendono i tempi, perché era atteso per fine mese. Evidentemente per fissare il grado di affidabilità finanziaria dell’Italia non serviva aspettare oltre. Bastavano le ultime stime sulla crescita italiana e basta vedere cosa non sta facendo il governo italiano per far ripartire l’economia per decidere di classificare i nostri titoli non più come emissioni di «alta qualità», ma di qualità «media». Il taglio, tre scalini in basso nella griglia dei rating (da Aa2 ad A2), è pesante. E ci costerà molto caro.
Le motivazioni di Moody’s sono le stesse addotte da Standard & Poor’s, che a sua volta ci ha declassato due settimane fa. Nell’ordine: la crisi internazionale, la «scarsa crescita» del nostro Paese, obiettivi di finanza pubblica difficili da realizzare perché troppo imperniati sulle entrate e, ancora, una politica troppo «incerta» nel gestire una situazione tanto difficile. L’Italia paga insomma il prezzo delle non scelte, il Tesoro da oggi pagherà più caro il debito. Il che non fa altro che peggiorare ancor di più la situazione.
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