Taranto soffocata dal benzo(a)pirene: i dati che accusano l'Ilva
L'articolo con cui Salvagente ha sollevato il caso della città dei veleni. La puntata di Report.
Ieri sera Report ha riportato l'attenzione dei telespettatori sul "caso Taranto", la città dei veleni soffocata dalla diossina e dal benzo(a)pirene. Il Salvagente nel numero 39 dell'ottobre scorso aveva già sollevato il caso.
Ripubblichiamo qui di seguito l'articolo di Barbara Liverzani.
Il diritto, per legge, ad asfissiare gli italiani è arrivato con un decreto legislativo in vigore dal 1° ottobre. Da questa data, infatti, un potente cancerogeno come il benzo(a)pirene potrà circolare liberamente e in qualsiasi quantità nell’atmosfera delle nostre città senza che nessuno debba più intervenire per riportarlo entro i limiti. Solo dal 1° gennaio 2013 ci sarà quest’obbligo. Fino ad allora, dunque, in Italia ci si potrà ammalare di cancro per norma di legge.
Un decreto approvato in pieno agosto
La novità, che riguarda tutte le città con più di 150 mila abitanti, è stata introdotta con un decreto legislativo approvato dal consiglio dei ministri in pieno agosto per recepire una direttiva europea (2008/50/CE) relativa, ironia della sorte, alla “qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”.
Vista da fuori la solerzia dei ministri, Prestigiacomo in testa, al lavoro con il paese in ferie, per approvare un decreto a tutela della salute degli italiani appare certamente lodevole.
Vista da fuori la solerzia dei ministri, Prestigiacomo in testa, al lavoro con il paese in ferie, per approvare un decreto a tutela della salute degli italiani appare certamente lodevole.
La magagna nell’articolo 9
Ma a guardare bene dietro a tanta operosità, si scopre la “magagna”. È nascosta all’articolo 9 del decreto laddove si fa slittare il termine ultimo per mettersi in regola con le emissioni di benzo(a)pirene al 31 dicembre 2012.
E anche dopo questa data le aziende inquinanti saranno giustificate se gli interventi per abbassare le emissioni avranno “costi sproporzionati”.
E anche dopo questa data le aziende inquinanti saranno giustificate se gli interventi per abbassare le emissioni avranno “costi sproporzionati”.
Un passo indietro rispetto alla precedente normativa
Un bel passo indietro rispetto alla precedente normativa che imponeva nelle città con più di 150 mila abitanti il raggiungimento del valore di 1 nanogrammo al metro cubo già dal 1° gennaio ’99 e in più stabiliva che quel valore fosse uno standard inderogabile, da raggiungere a ogni costo.
La beffa è che di benzo(a)pirene neppure si parla nella direttiva europea recepita con tanta fretta in pieno agosto.
La beffa è che di benzo(a)pirene neppure si parla nella direttiva europea recepita con tanta fretta in pieno agosto.
Marescotti: manomessa un’ottima legge del 2007
“La direttiva era in scadenza e l’Italia rischiava di incorrere in una sanzione da Bruxelles, peccato che la direttiva in questione riguardava i livelli in atmosfera del biossido di zolfo, dei biossidi e ossidi azoto, del Pm10, del Pm2 e di altri inquinanti, ma assolutamente non del benzo(a)pirene già regolato dal 2004. Eppure il governo ha inserito l’articolo sull’idrocarburo policiclico aromatico manomettendo così l’ottima legge del 2007”, ci spiega Alessandro Marescotti, presidente di PeaceLink l’associazione ambientalista che per prima ha denunciato lo “scandalo” di una norma, passata nel più totale silenzio di politica, stampa e opinione pubblica.
Il “trucchetto” per salvare l’Ilva
Ma cosa c’era in ballo da giustificare tutta questa attenzione al B(a)P? È qui che la vicenda si fa interessante e la storia assume caratteri inquietanti. Sì perché sono in molti a pensare che dietro alla fretta e ai “trucchetti” escogitati dal governo ci sia stata esclusivamente la volontà di salvare l’Ilva, il colosso siderurgico che sovrasta Taranto. “Il decreto è chiaramente “salva-Ilva” - dice Stefano Ciafani responsabile scientifico nazionale di Legambiente - Emilio Riva, il patron dell’acciaieria, era nella cordata di imprenditori che hanno salvato l’Alitalia contribuendo con circa 100 milioni di euro. Evidentemente con questo decreto il governo ha trovato il modo di ripagare il favore ricevuto due anni fa”.
I monitoraggi del benzo(a)pirene
Rimane da spiegare perché “l’aiutino” del governo sia arrivato solo ora, visto che già dal ’99 c’era l’obbligo di adeguarsi ai limiti di legge. Ci risponde Marescotti: “Semplicemente perché quando c’era il valore da rispettare non c’erano i controlli. Nel ’99 le reti di rilevazione di questo inquinante non erano implementate ed è solo da poco tempo che gli organi tecnici sono in grado di rilevare in modo continuativo il benzo(a)pirene nell’aria. Ora che i monitoraggi vengono realizzati e gli sforamenti di B(a)P sono documentati è arrivata la legge del governo a far slittare i termini”. In effetti è solo da metà 2008 che i monitoraggi effettuati in tre siti dall’Arpa Puglia soddisfano i requisiti previsti dalla legge del 2007, quella di fatto superata dal decreto legislativo di agosto.
I dati raccolti non lasciano scampo all’Ilva
E i dati raccolti non lasciano scampo all’Ilva. Secondo quanto riportato nella relazione tecnica del giugno scorso nel sito di via Machiavelli, nel quartiere Tamburi a ridosso dell’impianto siderurgico, il valore obiettivo di 1 nanogrammo al metro cubo è stato superato sia nel 2008 (1,26) che nel 2009 (1,31) e “nei primi cinque mesi del 2010 la concentrazione ha raggiunto i livelli di 3 nanogrammi a metro cubo”, rivela Giorgio Assennato direttore dell’Arpa Puglia.
L’acciaieria accusa le altre aziende
Ma il rapporto dell’Arpa dice anche di più. Nell’individuare le fonti inquinanti attribuisce all’Ilva (e in particolare alla cokeria) il 99,87% delle emissioni che soffocano la città. Eppure l’acciaieria continua a scaricare le responsabilità sulle altre industrie dell’area, Eni e Cementir in primis. Per Marescotti, “l’unico modo per avere la prova del nove e inchiodare l’Ilva sarebbe quello di imporre il fermo tecnico della cokeria. Del resto a Genova i livelli di B(a)P nell’aria sono crollati da quando è stata chiusa la cokeria e tutta la produzione di carbon coke è stata trasferita a Taranto”. Ma il fermo tecnico dovrebbe essere imposto con un’ordinanza che non arriva. Così si studiano altre soluzioni.
Un monitoraggio straordinario con 7 centraline
“Da fine ottobre - spiega Assennato - avvieremo un monitoraggio straordinario che si baserà su 7 centraline disposte ortogonalmente tra la città e le varie aziende della zona industriale. In questo modo avremo delle rilevazioni con una maggiore risoluzione sia temporale che spaziale”. Lo scopo è quello di individuare senza possibilità di errore e con dati inoppugnabili la sorgente delle emissioni cancerogene: peccato che fino al 2013 non si potrà fare niente contro il “colpevole”.
Fonte:”Il Salvagente”
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