mercoledì 11 maggio 2011


Rabindranath Tagore
Oggi è il giorno di Tagore, uno dei miei poeti preferiti.
Scrittore, poeta, drammaturgo e filosofo indiano nacque a Calcutta nel 1861 da una famiglia nobile, illustre anche per tradizioni culturali e spirituali. Il padre si occupò della sua educazione, gli insegnò il sanscrito (lingua indiana, ha lo stesso ruolo che il latino e il greco hanno per gli europei) e l'inglese, l'accompagnò a Santiniketon, un ritiro religioso da lui fondato. Nella casa del poeta a Jorasanko era vissuta sin dall'età di otto anni, secondo il costume indiano per le spose, Kadambari, la cognata, donna di grande cultura e bellezza. Gli era cresciuta vicino ed era la sua compagna di giochi. Si suicidò quando il poeta, obbedendo all'imposizione del padre, accettò di trasferirsi in un'altra abitazione. Gesto disperato e provocatorio, del tutto incomprensibile per la mentalità e la religiosità induista. Per tutta la vita il poeta porterà il dolore e il  rimpianto di questa perdita, sentendosene responsabile. Nel 1874 morì la madre; anche questo dolore incise, in maniera ancora più forte, sulla sensibilità del poeta. Il suo primo libro, una collezione di poesie, fu pubblicato quando aveva 17 anni. Nel 1877 fu inviato a studiare in Inghilterra, dove rimase tre anni e dove anglicizzò il proprio cognome (Thakur). Qui ebbe i primi contatti con la cultura occidentale. Tornato in patria, raccolse i frutti dell’esperienza europea nelle Lettere di un viaggiatore in Europa (1881) e diede i primi saggi delle sue doti di poeta nei drammi musicali Il genio di Valmiki e Caccia tragica (1881) e nelle liriche Canti del mattino e Canti della sera (1882-1883). Negli anni che seguirono scrisse fra l’altro numerosi drammi, tra cui Citra (1892), considerato il suo capolavoro.
La moglie Mrnalini, gli diede cinque figli, ma muore a soli ventinove anni. Una serie di lutti da questo momento segna profondamente l'esistenza del grande sognatore: muoiono due figli piccoli, il padre ed il segretario,  amato come un famigliare.
Dalla personale esperienza d'amore e di dolore Tagore lascia sgorgare le stupende liriche che hanno nutrito la mente ed il cuore di generazioni di lettori, anche occidentali. Nel 1901 creò presso Bolpur, a 100 chilometri da Calcutta, una scuola in cui diede realizzazione pratica ai suoi ideali pedagogici: gli alunni vivevano liberamente, a immediato contatto con la natura, e le lezioni consistevano in conversazioni all’aperto, al modo dell’ India antica. Lo stesso Tagore vi tenne conferenze di natura filosofico-religiosa, una scelta delle quali pubblicò nel volume Sadhana. La realizzazione della vita(1913). Frattanto la sua fama, grandissima in India, aveva cominciato a penetrare anche in Europa, grazie alla traduzione in inglese, da lui stesso compiuta, delle raccolte di liriche Gitanjali (Offerte di canti, 1912), La luna crescente e Il giardiniere(1913), che attirarono fra l’altro l’attenzione di W.B.Yeats e di Ezra Pound. Nel 1913 gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura. Nel 1917 pubblicò la sua autobiografia, Ricordi di vita.  La sua produzione letteraria, ancora non riunita in un'unica collezione, riempì 26 grossi volumi. La sua canzone Our Golden Bengal (Il nostro Bengal d'oro) divenne l'inno nazionale del Bangladesh. Nel 1921, inaugurò "Bisso Bharoti" che era stato formato da una scuola, un college, un centro di ricerche, una scuola d'arte e di musica, una biblioteca di 36.000 volumi in tutte le lingue.                        
Leggendo le poesie di Tagore si trovano continui riferimenti alla cultura, alle tradizioni ed ai costumi orientali, particolarmente indiani. Piccoli grandi momenti della vita quotidiana soffusi di armonia nella poesia intensamente appassionata eppur così delicata di Tagore. Il pensiero religioso-filosofico di Tagore, espresso sistematematicamente soprattutto in Sadhana, ma che sta alla base di tutte le sue opere, è un panteismo mistico che ha le sue radici nelleUpanisad, ma che non è esente da qualche influsso cristiano. Il mondo è, secondo Tagore, manifestazione dell’universale nel particolare: e l’armonia che regna nell’universo egli vuol riprodurre nella sua lirica, che è prima di tutto perfetta e sottile musicalità e che, nella sua fase più matura (Gitanjali), diviene canto gioioso in lode di dio, gioioso ritrovamento dell’assoluto attraverso la strada invisibile dell’intuizione. Tagore usò sempre la lingua bengali, che seppe adattare alle sue multiformi esigenze espressive (da quelle della poesia a quelle della narrativa e della saggistica), svincolandola definitivamente dal sanscrito.
La visione di Tagore della donna, che nel nostro tempo potrebbe apparire quasi negazione al suo diritto di realizzarsi come persona, è invece rivelazione. Per Tagore la donna era portatrice dell'energia vitale che distribuisce vita ed armonia alla famiglia, portatrice e custode della "luce", ella stessa è luce. La donna, nella sua capacità precipua di curare, alleviare, consolare, accudire, amare, svolgendo la sua missione, realizza completamente la vita. Essa ama, cura, accarezza "l'altro"… i suoi cari, le sue piante, i suoi animali con tenerezza e dedizione. Questa immagine di perfezione e di gioia vive nell'animo di Tagore, grande "sapiente" in questo come in ogni altro aspetto dell'esistenza, per tutta la sua vita come fiaccola viva che lo illumina,  suscita ed alimenta in lui il desiderio di migliorare spingendolo a perseguire un ideale di verità realizzato nella semplicità della fede vissuta, della devozione illuminata dall'amore. L'amore non è solo sentimento, ma Persona, è Dio stesso e a lui, l'amante eterno, che incessantemente chiama a sé uomini e donne da ogni sconfinata solitudine, è non solo possibile, ma giusto chiedere sollievo, è naturale ricevere conforto, è infinita e assoluta realtà senza la quale la vita non avrebbe alcun senso, e per questo l'amore stesso prega e diviene preghiera.
Tagore fu il poeta della nuova India, moderna e indipendente, per la quale lottò non solo con le sue opere e con le sue iniziative di carattere sociale, ma anche con il suo fiero comportamento politico. Scrittore di brani musicali, si occupò anche della danza indiana e di pittura riscuotendo notevole successo sia a New York che in Europa. Grande come poeta lirico, il cui pensiero, ispirato ad alti concetti filosofici e religiosi, lo pone tra i più grandi poeti mistici del mondo. Uno degli incontri più celebri di Tagore fu con Einstein nel 1930. Nel 1931, espose in Europa e negli Stati Uniti le sue pitture, rivelando un mondo sorprendente, un aspetto nuovo nella sua personalità. Tagore fu politicamente attivo in India: appoggiò Gandhi, ma avvertì alcuni pericoli nel pensiero nazionalista. Mentre Gandhi, con la disobbedienza civile, organizzò il nazionalismo indiano sino a ricacciare in mare gli inglesi, Tagore si propose di conciliare e integrare Oriente ed Occidente. Opera difficile, cui egli era preparato dall'esempio di suo nonno che nel 1928, fondando il Sodalizio dei credenti in Dio, integrò il monoteismo cristiano ed il politeismo induista. Tagore morì a Santi Niketan, Bolpur, nel 1941.
Alcune delle sue tante poesie:

DAMMI LA FORZA

Di questo ti prego, Signore:
colpisci, colpisci alla radice
la miseria che è nel mio cuore.
Dammi la forza di sopportare
serenamente gioie e dolori.
Dammi la forza
di rendere il mio amore
utile e fecondo al tuo servizio.
Dammi la forza
di non rinnegare mai il povero,
di non piegare le ginocchia
davanti all'insolenza dei potenti.
Dammi la forza
di elevare il pensiero
sopra le meschinità
della vita di ogni giorno.
Dammi la forza
di arrendere con amore
la mia forza alla tua volontà.

 
Preghiera d'Amore

Dammi il supremo conforto dell'amore,
questa è la mia preghiera.
Il conforto che mi permetterà di parlare,
agire, soffrire secondo la tua volontà,
e di abbandonare ogni cosa per non essere
lasciato a me stesso.
Fortificami nei pericoli, onorami con la tua sofferenza
aiutami a percorrere i cammini difficili
del sacrificio quotidiano.
Dammi la suprema confidenza dell'amore,
questa è la mia preghiera.
La confidenza nella vita che sfida la morte,
che cambia la debolezza in forza,
la sconfitta in vittoria.
Innalzami, perché la mia dignità, accettando l'offesa,
disdegni di renderla.


Ogni Alba..

Ogni Alba porta un nuovo giorno,
lavando con la luce della speranza
le macchie e la polvere dello spirito
vuoto di ogni giorno passato.
Vuoi celare te stesso!
Il cuore non ubbidisce,
diffonde luce dagli occhi.
Nella vita non c’è speranza
di evitare il dolore:
che tu possa trovare nell'animo
la forza per sopportarlo.
Cieco, non sai che l'andare e il venire
camminano sulla stessa strada?
Se sbarri la strada all'andata
perdi la speranza del ritorno...
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...Alba, vieni in silenzio,
e porta lontano dal cielo
il velo della notte
Vita, porta lontano dal cuore
il velo esterno del boccio.
Mente, svegliati,porta lontano
il pesante ostacolo dell’inerzia.
Animo, porta lontano
il velo dell’illusione,
dalla pallida intelligenza.

Colsi il tuo fiore...

Colsi il tuo fiore, oh cielo !
Lo strinsi al cuore
e la spina mi punse.
Quando il giorno svani' e si fece buio,
scopersi che il fiore era appassito
ma il dolore era rimasto.

Altri fiori verranno a te,
con profumo e con fasto, oh cielo !
Ma per me e' passato
i l tempo di cogliere fiori;
nella notte buia non ho piu' la mia rosa,
solo il dolore e' rimasto


Qui è il tuo sgabello

Qui è il tuo sgabello
e qui riposa i tuoi piedi
dove vivono i più poveri,
i più umili, i perduti.
Quando a te io cerco d'inchinarmi,
la mia riverenza non riesce ad arrivare
tanto in basso dove i tuoi piedi
riposano tra i più poveri,
i più umili, i perduti.
L'orgoglio non si può accostare
dove tu cammini, indossando
le vesti dei più poveri,
dei più umili e dei perduti.
Il mio cuore non riesce a trovare
la strada per scendere laggiù
dove tu ti accompagni a coloro che non hanno
compagni, tra i più poveri,
i più umili, e i perduti.


A lungo durerà il mio viaggio

A lungo durerà il mio viaggio
e lunga è la via da percorrere.
Uscii sul mio carro ai primi albori
del giorno, e proseguii il mio viaggio
attraverso i deserti del mondo
lasciai la mia traccia
su molte stelle e pianeti.
Sono le vie più remote
che portano più vicino a te stesso;
è con lo studio più arduo che si ottiene
la semplicità d'una melodia.
Il viandante deve bussare
a molte porte straniere
per arrivare alla sua,
e bisogna viaggiare
per tutti i mondi esteriori
per giungere infine al sacrario
più segreto all'interno del cuore.
I miei occhi vagarono lontano
prima che li chiudessi dicendo: «Eccoti!»
Il grido e la domanda: «Dove?»
si sciolgono nelle lacrime
di mille fiumi e inondano il mondo
con la certezza: « lo sono! »


Voglio te,solo te!
Lascia che il mio cuore
lo ripeta senza fine.

Tutti i desideri che mi distraggono
di giorno e di notte
in sostanza sono fasulli e vani.

Come la notte tiene nascosta nel buio
l'ansia di luce
così nel profondo del mio cuore
senza ch'io me ne renda conto
un grido risuona:
Voglio te,solo te!

Come la tempesta cerca la quiete
mentre ancora lotta contro la quiete
con tutte le sue forze
così io mi ribello e lotto
contro il tuo amore
ma grido che voglio te,solo te.



Credevo che il mio viaggio
fosse giunto alla fine
mancandomi oramai le forze.
Credevo che la strada
davanti a me
fosse chiusa
e le provviste esaurite.
Credevo che fosse giunto
il tempo
di trovare riposo
in una oscurità pregna
di silenzio.
Scopro invece che i tuoi
progetti
per me non sono finiti
e quando le parole ormai
vecchie
muoiono sulle mie labbra
nuove melodie nascono dal
cuore;
e dove ho perduto le tracce
dei vecchi sentieri
un nuovo paese mi si apre
con tutte le sue meraviglie.

-Da Gitanjali –


Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne ho il coraggio: temo che
il mio cuore mi salga alle labbra.
Ecco perche' parlo stupidamente e nascondo
il mio cuore dietro le parole.
Tratto crudelmente il mio dolore per paura
che tu faccia lo stesso.


Afferro le sue mani
e la stringo al mio petto.
Tento di riempire le mie braccia
della sua bellezza,
di depredare con i baci
il suo dolce sorriso,
di bere i suoi bruni sguardi
con i miei occhi.
Ma dov'è?
Chi può spremere l'azzurro dal cielo?

Cerco di afferrare la bellezza;
essa mi elude
lasciando soltanto il corpo
nelle mie mani.
Stanco e frustrato mi ritraggo.
Come può il corpo toccare
il fiore che soltanto
lo spirito riesce a sfiorare?



Chi sei tu, lettore che leggi
le mie parole tra un centinaio d'anni?
Non posso inviarti un solo fiore
della ricchezza di questa primavera,
una sola striatura d'oro
delle nubi lontane.
Apri le porte e guardati intorno.
Dal tuo giardino in fiore cogli
i ricordi fragranti dei fiori svaniti
un centinaio d'anno fa.
Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire
la gioia vivente che cantò
in un mattino di primavera,
mandando la sua voce lieta
attraverso un centinaio d'anni.


La coppa della mia vita
trabocca del miele con cui
l'hai riempita.

Tu non lo sai, tu non lo sai.

Come il fiore che, nascosto,
innonda la notte di profumo,
hai colmato il mio cuore.

Tu non lo sai, tu non lo sai.

E' giunto il momento
di separarci. Solleva il tuo
bel viso e guardami;
morendo a me stesso offrirò
ai tuoi piedi la mia vita che
non hai conosciuto.

Possa la silenziosa sera
di segreto dolore,
finire in quest'ora notturna!

- da Passando all'altra riva -

"Vorrei dirti le parole più vere, ma non oso,
per paura che tu rida. Ecco perché mento,
dicendo il contrario di quello che penso.
Rendo assurdo il mio dolore per paura
che tu faccia lo stesso."


Il cuore dell'uomo

Il pesce è muto nel mare,
la bestia è turbolenta sulla terra,
l'uccello canta per l'aria.
Ma l'uomo ha dentro di sé
e il silenzio del mare
e lo strepito della terra
e la musica dell'aria.


O stolto, che cerchi

O stolto, che cerchi di portare
te stesso sulle tue spalle!
Mendicante, che vieni a mendicare
alla porta della tua casa!

Deponi ogni fardello in queste mani
che tutto sanno sopportare,
non voltarti mai indietro a guardare
il passato, con rimpianto.

Il desiderio subito spegne
la fiamma d'ogni lampada che sfiora.
E' empio - non prendere doni
dalle sue mani impure.
Accetta soltanto
quello ch'è offerto dall'amore.








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