martedì 21 dicembre 2010

L’ultimo progetto di Bersani: “Chi ci sta bene. Gli altri amen”
Il segretario del Pd annuncia che sta lavorando a un programma democratico che va dalle liberalizzazioni fino alla legge elettorale. Dopo Natale lo sottoporrà a tutte le opposizioni, da Fli all'Idv. Con quelli che ci stanno "un minuto dopo" si inizia a costruire un percorso comune alternativo a B.
“Ho in mente un calendario per la coalizione e mi sono rotto le balle. A gennaio si parte, e chi c’è c’è”. Atterra a Roma da Milano all’ora di pranzo, Pier Luigi Bersani. Volto sorridente, disteso, soprabito in mano. Il primo giorno di una settimana di fuoco che si apre con la manifestazione degli studenti e prosegue con la riunione degli stati maggiori del Pd. Ancora non si sono sopite le polemiche sull’intervista di Bersani a Repubblica, quella in cui il segretario del Pd adombrava, senza troppe perifrasi, la possibilità di accantonare l’impegno per le primarie di coalizione per la scelta del leader in caso di un’alleanza con l’Udc. Una posizione resa più difficile dalla risposta di Casini, cortese e calorosa nei modi, glaciale nella sostanza: “Ci corteggiano tutti, ci vogliono tutti, noi restiamo coerenti sulle nostre posizioni, impegnati a costruire il terzo polo”. E da quelle di Rutelli (“Il terzo polo , se si votasse oggi, deve correre da solo”). Un bel problema. Provi a chiedere al segretario se il dibattito di questi giorni abbia sconvolto i suoi piani, lui aggrotta il sopracciglio e parte in una sorprendente (quanto esplicita) eruzione di bersanese: “Guarda, mi sono davvero rotto le balle!”.

“Mi sono stufato”. Come, come? Chiedi al segretario del Pd di spiegarsi, e lui aggiunge con altrettanta veemenza: “…basta, mi sono stufato. Qui c’è gente che si diverte a sparare nel mucchio. C’è chi si comporta da irresponsabile. C’è chi vuole giocare al massacro, chi ci attacca per sport su qualsiasi cosa facciamo, voi compresi. Ma lo volete capire – aggiunge Bersani – che io mi pongo il vero problema di questi giorni, che è come liberare questo benedetto Pa-e-seee!! (vocali aperte emiliane, ndr)… Come liberare questo Paese da ’sto governo qui, che è la vera catastrofe, la prima emergenza dell’Italia?”. Allora provi a fare un passo indietro: gli ricordi che sulla sue buone intenzioni non ci sono dubbi, ma anche che l’impegno delle primarie era stato lui a prenderlo, solennemente e in pubblico, durante una conferenza stampa improvvisata dopo un pranzo con Nichi Vendola a Roma.

Primarie o problema? Il leader del Pd prende un sospirone, come un professore che si prepara a ripetere la lezione a uno scolaro distratto. Poi però sorride. È grintoso il segretario: “Ohè, ma l’avete letto il nostro statuto voi? Al contrario di altri, noi le primarie le abbiamo messe persino lì!”. E allora? “Allora il problema è evitare che anziché la soluzione, oggi, in questa difficile crisi, le primarie diventino un problema. Cioè un luogo di protagonismi, una roba che sta prima della soluzione, e finisce per allontanarla”. Il riferimento – nemmeno tanto velato – è a Vendola, ma Bersani non lo cita esplicitamente: “Io mi incasso!”. Prego? Il cronista rimane stupito, ma la parola è inequivocabile. Il segretario si abbandona alla passione: “Sì, io mi incasso, perché voi fate finta di non capire. Quando ripeto la roba che io non voglio nessun nome nel simbolo, dico una cosa che segna la nostra distanza dal leaderismo di Berlusconi e da tutti i protagonismi. Il Pd, e la mia coalizione, qualunque essa sia, non sarà una proprietà privata, una roba di una persona sola. È chiaro questo?”. Obietti che le primarie non sono solo un impegno preso con il leader di Sinistra e libertà, ma con gli elettori del suo stesso partito.

Altro sospiro, più riflessivo: “Adagio, calma. Io – aggiunge Bersani mentre scende per le scale mobili – non me ne sto qui con le mani in mano, come ha provato a suggerire qualcuno, e nemmeno troppo innocentemente. Io sto lavorando per tutti, e ho un piano ben preciso nella mia testa, per rilanciare la coalizione”. Non è tardi? Bersani sembra stupito: “Ma se forse non si vota nemmeno a marzo! Come fa ad essere tardi?”. In ogni caso la domanda è superflua, perché il segretario è un fiume in piena: “Io adesso sto preparando quello che secondo me deve essere questo benedetto punto di intesa, chiamiamolo il programma democratico, chiamiamolo la piattaforma, chiamatelo come vi pare!”. Il segretario non si interrompe: “Io stendo la bozza – dentro ci sta tutto, dalla legge elettorale alle liberalizzazioni – ne discuto i punti più importanti con il mio partito…”. E poi? “Poi ho già un calendario molto semplice in testa. A gennaio, passate le feste, convochiamo la coalizione”. E cioè chi? “Oddiosanto! Tutti. Tut-ti, chiaro? Tutti quelli che sono all’opposizione di Berlusconi”. E come si decide chi ci sta e chi non ci sta?

Questa volta sul volto del segretario si allarga un sorriso radioso: “Oh bè! È molto semplice… Noi diamo pubblica lettura di questo testo, invitiamo tutti a discuterne con noi, e chiediamo chi è pronto ad aderire”. Pausa. Sguardo ammonitore al giornalista scettico: “Poi la cosa è più semplice, di quello che si pensi, e non impegna nemmeno tanto tempo: ci vogliono stare? Non ci vogliono stare? Bene, questo è l’ultimo tram: chi c’è, c’è. Chi non c’è, non c’è. Con quelli che ci stanno, anche un minuto dopo, ci si riunisce e si inizia un percorso comune per costruire la coalizione che sfiderà Berlusconi per il governo del Paese”. Non è stato perso troppo tempo? “Ma non vi va bene mai nulla! Altro che perdita di tempo. Io dico che a gennaio, dopo aver costruito questo percorso, si parte”. Quindi se aderisse anche Casini cosa cambia? “La coalizione si deve dare delle regole che stiano bene a tutti quelli che ne fanno parte. Quindi se non c’è Casini si possono fare anche le primarie, se non c’è, non si possono fare”.

L’ultimatum di Di Pietro. Mentre dice queste cose, nella prima mattina di ieri, Bersani non ha ancora letto cosa dicono Giuseppe Fioroni (“Bisogna partire da un’alleanza strutturale con il terzo polo”) e Antonio Di Pietro, di sera: “Io e Vendola abbiamo detto a Bersani di formalizzare la coalizione. Lui ha risposto: ‘Sì ma anche no’, ci rivediamo il 23. Non si può stare con il piede in due scarpe. Il terzo polo non ci starà, è tempo perso, un’offesa al programma. Se dopo il 23 – aggiunge – da Bersani ci sarà ancora una risposta attendista, io e Vendola – conclude Di Pietro – partiamo da soli per rappresentare gli elettori del centrosinistra”. Dopo Natale scopriremo se i tre poli di oggi rischiano di diventare quattro.
Fonte : Il fatto quotidiano

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