CASO FIAT
Dal Pd un ddl sulla rappresentanza sindacale
"Diritto anche per chi non firma il contratto"
"Diritto anche per chi non firma il contratto"
Una proposta di riforma delle relazioni industriali che prevede la prevalenza degli accordi aziendali su quello nazionale. Intanto all'interno dell'opposizione non si placano le polemiche su Mirafiori. Vendola: "Reagire al ricatto Marchionne". Di Pietro: "Lotteremo accanto alla Fiom"
ROMA - "Un sì chiaro e tondo all'accordo per Pomigliano e per Mirafiori", ma serve una legge sulla rappresentanza sindacale per evitare che siano discriminate le sigle e i lavoratori che non firmano gli accordi aziendali. La proposta viene da un gruppo di senatori, deputati, costituzionalisti e filosofi, tutti legati al Pd, che partendo dalla vicenda Fiat rilanciano la necessità di una urgente riforma generale nelle relazioni industriali, a partire dai diritti di rappresentanza e di sciopero.
Il documento. Il progetto di riforma ipotizzato dagli esponenti pd prevede, tra l'altro, la prevalenza degli accordi aziendali rispetto a quello nazionale che dovrebbe continuare "ad applicarsi a tutte le aziende del settore, ma soltanto se non vi sia un contratto aziendale stipulato da una coalizione sindacale che abbia la maggioranza dei consensi nell'impresa". Tra i firmatari della proposta ci sono Augusto Barbera, Antonello Cabras, Stefano Ceccanti, Sergio Chiamparino, Paolo Giaretta, Pietro Ichino, Claudia Mancina, Ignazio Marino, Enrico Morando, Alessia Mosca, Nicola Rossi, Francesco Tempestini, Giorgio Tonini, esponenti di diverse "anime" del Pd con un nucleo duro di veltroniani.
La premessa è che, a sessant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione, al sistema delle relazioni industriali manca ancora una "cornice compiuta di norme di fonte collettiva", mentre è tuttora troppo generica la disciplina di materie fondamentali quali "la misurazione della
Il documento. Il progetto di riforma ipotizzato dagli esponenti pd prevede, tra l'altro, la prevalenza degli accordi aziendali rispetto a quello nazionale che dovrebbe continuare "ad applicarsi a tutte le aziende del settore, ma soltanto se non vi sia un contratto aziendale stipulato da una coalizione sindacale che abbia la maggioranza dei consensi nell'impresa". Tra i firmatari della proposta ci sono Augusto Barbera, Antonello Cabras, Stefano Ceccanti, Sergio Chiamparino, Paolo Giaretta, Pietro Ichino, Claudia Mancina, Ignazio Marino, Enrico Morando, Alessia Mosca, Nicola Rossi, Francesco Tempestini, Giorgio Tonini, esponenti di diverse "anime" del Pd con un nucleo duro di veltroniani.
La premessa è che, a sessant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione, al sistema delle relazioni industriali manca ancora una "cornice compiuta di norme di fonte collettiva", mentre è tuttora troppo generica la disciplina di materie fondamentali quali "la misurazione della
rappresentatività di ciascun sindacato nei luoghi di lavoro, l'efficacia soggettiva dei contratti collettivi, i rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, l'esercizio del diritto di sciopero, l'efficacia della clausola di tregua sindacale"; tutte questioni che, in assenza di un riferimento legislativo preciso e univoco, sono spesso regolate da sentenze e orientamenti della magistratura.
Il progetto di riforma, scrivono gli esponenti pd, serve proprio a riempire questo vuoto. Nel dettaglio, fra l'altro, la riforma dovrebbe disciplinare la rappresentatività dei sindacati, togliendo il potere di veto alla minoranza sindacale, ma assicurandole il diritto alla rappresentanza in azienda, "anche quando non abbia firmato il contratto". E' questo, in sostanza, con la "cancellazione" della Fiom e dei suoi iscritti dalla realtà aziendale Fiat, il punto su cui il Pd ha espresso le maggiori perplessità sulle intese di Mirafiori e Pomigliano.
Come punto di partenza per la discussione, i firmatari del documento rilanciano il ddl presentato nel 2009 da 55 senatori Pd nell'autunno 2009, che punta a una disciplina "lineare della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro e consente di individuare il sindacato o coalizione sindacale titolare della maggioranza dei consensi, al livello aziendale e ai livelli superiori fino a quello nazionale".
La politica divisa. Sul caso Fiat, il dibattito resta acceso. Secondo Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd, la via d'uscita possibile è "un accordo interconfederale sulle regole per la rappresentanza, la validazione vincolante per tutti, il diritto alla rappresentanza sindacale per le minoranze in dissenso, la partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici alla vita delle imprese. Auspichiamo che all'inizio dell'anno le disponibilità manifestate nei giorni scorsi da tutti i sindacati e da Confindustria portino a passi avanti concreti".
Ben altra è l'opinione di Nichi Vendola: "Bisogna reagire con forza al ricatto Marchionne - dice il leader di Sinistra e Libertà - . Non è una questione di relazioni industriali, ma di democrazia nel nostro Paese, cresciuta e consolidatasi anche nel corso delle lotte operaie che nel corso di 100 anni hanno strappato il diritto a potersi ammalare, a una pausa mensa, ad essere un essere umano e non un bullone". Vendola ha detto di considerare la questione "dirimente": "Per me avere un giudizio di neutralità o addirittura di consenso nei confronti del modello Marchionne significa esser subalterni a una trasformazione autoritaria del capitalismo mondiale e nazionale".
Sulla stessa linea il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro: "Trattative ed accordi sindacali possono mettere in discussione tutto, ma non la Costituzione repubblicana. Quello è un confine che non si può oltrepassare - scrive Di Pietro nel suo blog - . Oggi Maurizio Landini e la Fiom combattono contro l'instaurazione di un regime e noi dell'Idv combatteremo questa battaglia con loro".
Fiat industrial verso il debutto a Piazza Affari. Cresce intanto l'attesa per il debutto, lunedì 3 gennaio, delle azioni ordinarie, privilegiate e di risparmio di Fiat Industrial, società nata dallo spin off delle attività non auto Fiat. Fiat Spa a 7,6 euro e la nuova Fiat Industrial a 9,2 euro sono i target price medi stimati dagli analisti in vista della scissione del gruppo. L'avvio delle contrattazioni sui titoli della nuova Fiat Industrial sarà celebrato con una cerimonia nella sede di Borsa italiana alla quale è atteso anche l'ad Sergio Marchionne.
Il progetto di riforma, scrivono gli esponenti pd, serve proprio a riempire questo vuoto. Nel dettaglio, fra l'altro, la riforma dovrebbe disciplinare la rappresentatività dei sindacati, togliendo il potere di veto alla minoranza sindacale, ma assicurandole il diritto alla rappresentanza in azienda, "anche quando non abbia firmato il contratto". E' questo, in sostanza, con la "cancellazione" della Fiom e dei suoi iscritti dalla realtà aziendale Fiat, il punto su cui il Pd ha espresso le maggiori perplessità sulle intese di Mirafiori e Pomigliano.
Come punto di partenza per la discussione, i firmatari del documento rilanciano il ddl presentato nel 2009 da 55 senatori Pd nell'autunno 2009, che punta a una disciplina "lineare della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro e consente di individuare il sindacato o coalizione sindacale titolare della maggioranza dei consensi, al livello aziendale e ai livelli superiori fino a quello nazionale".
La politica divisa. Sul caso Fiat, il dibattito resta acceso. Secondo Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd, la via d'uscita possibile è "un accordo interconfederale sulle regole per la rappresentanza, la validazione vincolante per tutti, il diritto alla rappresentanza sindacale per le minoranze in dissenso, la partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici alla vita delle imprese. Auspichiamo che all'inizio dell'anno le disponibilità manifestate nei giorni scorsi da tutti i sindacati e da Confindustria portino a passi avanti concreti".
Ben altra è l'opinione di Nichi Vendola: "Bisogna reagire con forza al ricatto Marchionne - dice il leader di Sinistra e Libertà - . Non è una questione di relazioni industriali, ma di democrazia nel nostro Paese, cresciuta e consolidatasi anche nel corso delle lotte operaie che nel corso di 100 anni hanno strappato il diritto a potersi ammalare, a una pausa mensa, ad essere un essere umano e non un bullone". Vendola ha detto di considerare la questione "dirimente": "Per me avere un giudizio di neutralità o addirittura di consenso nei confronti del modello Marchionne significa esser subalterni a una trasformazione autoritaria del capitalismo mondiale e nazionale".
Sulla stessa linea il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro: "Trattative ed accordi sindacali possono mettere in discussione tutto, ma non la Costituzione repubblicana. Quello è un confine che non si può oltrepassare - scrive Di Pietro nel suo blog - . Oggi Maurizio Landini e la Fiom combattono contro l'instaurazione di un regime e noi dell'Idv combatteremo questa battaglia con loro".
Fiat industrial verso il debutto a Piazza Affari. Cresce intanto l'attesa per il debutto, lunedì 3 gennaio, delle azioni ordinarie, privilegiate e di risparmio di Fiat Industrial, società nata dallo spin off delle attività non auto Fiat. Fiat Spa a 7,6 euro e la nuova Fiat Industrial a 9,2 euro sono i target price medi stimati dagli analisti in vista della scissione del gruppo. L'avvio delle contrattazioni sui titoli della nuova Fiat Industrial sarà celebrato con una cerimonia nella sede di Borsa italiana alla quale è atteso anche l'ad Sergio Marchionne.
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