domenica 1 settembre 2013

I nuovi quattro comuni della Basilicata

È ormai palese che vi siano in Basilicata quattro enclavi del capitalismo internazionale: l’Itrec – Trisaia, il Centro Oli di Viggiano, il cantiere di Tempa Rossa e Tecnoparco. Questi comuni vivono al di fuori della legge, non perché non la rispettino, ma semplicemente perché ne hanno una propria, sovranazionale, sulla quale la nostra magistratura appare intorpidita. L’Itrec – Trisaia è ormai un sito permanente per lo stoccaggio di materiale  nucleare, al centro di diverse spy-stories, mi ricorda ogni volta l’immutabile accidia dei lucani, che hanno mangiato in tanti nel piatto ENEA e per questo accettano di convivere con l’incubo nucleare.

Il CNEN arrivò grazie alla bulimia accentratrice democristiana, nutrita d’affarismo ed opportunismo, oggi sopravvive grazie alla stessa filiera con cui è nato, per ricordarci che i periodi di decadimento delle radiazioni saranno sempre uguali o inferiori agli effetti della Prima Repubblica. Comunque sia tutti temono ed additano l’ENEA, nessuno reagisce seriamente ed il tavolo della trasparenza è in realtà la tavolata dell’indifferenza.



Poi abbiamo il distretto dell’oro nero, che ha tolto il doppio dei posti di lavoro che ha creato. A parte le famiglie Iula, Garramone e Criscuolo, che con i loro camion stanno consumando l’asfalto dalla Val d’Agri a Tecnoparco neanche fosse un pellegrinaggio, nessun'altra famiglia lucana ha avuto benefici diretti dal petrolio. In una terra assistenziale e clientelare, le compagnie petrolifere hanno ben studiato il contesto lucano, capendo semplicemente che in una terra povera di senso civico ed a bassa densità demografica, basta rilanciare poste più alte nel piatto per comprarti la gente, e così è. Le persone vedono i lori cari morire di tumore od ammalarsi eppure entrano nel centro oli a lavorare con la testa bassa, quasi fossero in un girone dantesco rassegnati a ricevere la loro pena. Di ciò che succede nel sottosuolo lucano non sappiamo niente, usano la nostra acqua, la nostra aria ed i nostri suoli e poi comprano il consenso locale adottando la tattica del “divide et impera” comprano il bisogno di 35 comuni lucani per separarli dagli altri 96, creando nuovi confini interni. Anche qui il gregge lucano continua a seguire il pastore sbagliato, ossia il denaro. Tempa Rossa prosegue ad un ritmo elvetico, infatti se la Salerno-Reggio Calabria fosse stata costruita così noi avremmo avuto già da 30 anni la strada migliore di tutto il sud-Italia. Hanno esautorato le istituzioni, la politica, i sindacati e la magistratura che sulle questione ambientali si gira dall’altra parte o stranamente arriva sempre in ritardo. Stiamo sotto lo schiaffo di ciò che era nato per far crescere l’Italia, l’ENI di Mattei, ed oggi la quota dei fondi d’investimento privati è al 30,98% del capitale sociale contro il 30,10% in mano allo Stato Italiano. Di fatto chi estrae in Basilicata non fa neanche gli interessi dell’Italia, ma di azionisti anglo-americani.

Dulcis in fundo il Comune di Tecnoparco. Amministrazione autonoma da quando staccatasi dalla frazione di Pisticci Scalo, ha ben pensato di svilupparsi fagocitando le vite dei lucani che vivono lì. Avete mai fatto un giro a Pisticci Scalo? Sembra un luogo fantasma alla periferia di Chelyabinsk, il decoro urbano abolito, case abbandonate e verde trascurato. Però c’è un qualcosa che sembra vivo, pulsante, mascherato dalla vegetazione e dal degrado, che cerca di nascondersi agli occhi esterni: è Tecnoparco, apparato digestivo dell’affaire petrolio lucano, ove ogni giorno, notte e festività incluse, giungono con una costanza funerea centinaia di cisterne che scaricano gli scarti dell’oro nero. Logica vorrebbe che lo scarto dell’oro sia prezioso a sua volta, ciò non vale per il petrolio, perché il suo scarto è inquinante, maleodorante e cancerogeno. Il Sindaco Di Trani ha recentemente affermato nel 2007 che su 150 decessi a Pisticci Scalo, almeno 50 sono stati tumorali, affermazione che in una regione normale, quindi non in Basilicata, avrebbe causato una reazione popolare forte. Tecnoparco è partecipata al 40% dal Consorzio Industriale – ASI, quindi dal pubblico, ma nonostante ciò nessuno sa esattamente numeri e caratteristiche dell’attività svolta all’interno di Tecnoparco, neanche fosse l’Area 51. Lascia allibiti come mentre a Pisticci paese si sogni attorno all’industria cinematografica, giù allo scalo vada in onda già un horror di successo, come dire: lontano dagli occhi, lontano dal cuore!

In Basilicata si sta attuando un disegno ben preciso, inciso sulla pelle del territorio: lo sfruttamento pieno di suolo e sottosuolo accompagnato dallo svuotamento demografico. La gente emigra, la densità abitativa diminuisce, il territorio da uso agricolo sta passando in massa all’uso industriale od energetico. Abbiamo un ingiustificabile assalto dell’eolico, il rinascere delle biomasse e degli inceneritori guarda caso in punti soggetti a forte spopolamento come recentemente accaduto per la centrale di Stigliano, e tutto questo per cosa? A chi serve tutta questa energia se la regione si spopolerà pesantemente anche quest’anno? Quali nuove iniziative industriali necessitano di forniture energetiche se l’unica iniziativa in  essere è solo quella estrattiva? L’energia lucana serve a Puglia e Campania, o anche a qualcun altro?. Rifiuti ed estrazioni/stoccaggio saranno il futuro ideale per una terra spopolata e povera di senso civico. Alcuni sindaci lucani, come quello di Anzi, hanno meritoriamente deliberato contro le attività estrattive nel loro comune dopo però chiedono posti di lavoro a Tempa Rossa per i loro cittadini; oppure altri hanno seri problemi sanitari dovuti alle attività industriali e non chiedono priorità per ambiente e salute ma compensazioni o royalties per curare il cadavere non il malato. Se non viviamo da fratelli moriremo da soli, come stolti, per questo in Basilicata tanti si lamentano ma nessuno reagisce, e cerca di svilupparsi a spese del vicino, perché il popolo lucano non esiste e la Basilicata è (era) solo un bella espressione geografica. Sta anche alle nuove generazioni reagire, a tutti quei giovani che qui non hanno prospettive perché il paese è stato prosciugato da ogni possibilità, e sono loro a non avere nulla da perdere, perché il clientelismo ha sempre meno da distribuire, e la crisi economica aumentando il bisogno del singolo aumenterà anche la consapevolezza delle fortissime discriminazioni sociali interne alla Basilicata. C’è bisogno di dignità perché la Basilicata è minacciata nelle sue fondamenta.

di Giorgio Santoriello

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