di MARCELLO SORGI, dalla stampa
Il nuovo rinvio a giudizio di Berlusconi, che porta a quattro (caso Mills, fondi neri Mediaset, caso Ruby e adesso anche intercettazioni contro Fassino) il numero dei processi aperti a Milano contemporaneamente contro di lui, avrà certamente conseguenze politiche, su due diversi piani.
Il primo è il confronto sulla giustizia dopo il voto a sorpresa dell'emendamento leghista alla legge comunitaria che ha introdotto una rafforzata responsabilità civile personale per i magistrati. La settimana scorsa, subito dopo l'incidente, il Pd aveva chiesto che si ponesse rimedio al più presto all'incidente con una decisione opposta del Senato. Ma la trattativa in materia s'è rivelata immediatamente più complicata del previsto per la contrarietà del centrodestra a cancellare del tutto il principio introdotto. È prevedibile che dopo quanto deciso ieri dal gup milanese la posizione di Berlusconi in merito si rafforzi, rendendo ancora più difficile la ricerca di un accordo all'interno della maggioranza tripartita che sostiene il governo. Il Cavaliere è in attesa della decisione della Corte d'Appello sulla sua richiesta di ricusazione dei giudici del processo Mills e della sentenza della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione sul caso Ruby, che potrebbe concludersi con uno spostamento del processo dal Tribunale di Milano a quello dei ministri. Anche questi due responsi condizioneranno la sua strategia per i prossimi mesi.
La seconda conseguenza di tutto ciò riguarda Monti. Il tentativo del presidente del consiglio di circoscrivere l'attività del governo all'emergenza economica per non farsi carico di tutto il contenzioso pregresso dei partiti si sta rivelando via via impossibile. Man mano che si avvicinano le elezioni amministrative la politica tende a riavere il sopravvento e i partiti non sembrano in grado di riprendere un filo di collaborazione tenendo il governo al riparo dalle loro tensioni.
L'intervista di Bersani a "Repubblica" dà prova di questo. Il leader del Pd non si spinge a mettere in discussione l'appoggio del suo partito a Monti, ma lo subordina alla soluzione di tutti i problemi aperti, dalla giustizia, appunto, alla Rai, e naturalmente al negoziato sul mercato del lavoro e sull'articolo 18. Ed anche se per la prima volta Bersani sembra sganciarsi dalla posizione della Cgil, che potrebbe alla fine non firmare l'accordo, è chiaro che l'atteggiamento del Pd dipenderà anche dal modo in cui il governo affronterà le altre due questioni, dimostrando di essere in grado di imporre al Pdl una soluzione.
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