IL FINANZIAMENTO DEI PARTITI
I costi occulti della politica
Con l'esplosione dell' affaire che ruota intorno all'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, la questione del finanziamento della politica, da tempo nascosta sotto il tappeto, è tornata al centro dell'agenda pubblica. Il mondo politico è costretto ad occuparsene. Ma, per le stesse ragioni per cui non siamo mai riusciti in passato a trovare una soluzione soddisfacente, c'è da dubitare che la troveremo ora.
Il rapporto fra il denaro e la politica è il più complicato, e il più importante, fra quelli che riguardano il funzionamento della democrazia. Le soluzioni adottate nei Paesi occidentali sono differenti ma, grosso modo, si ispirano all'una o all'altra di due «filosofie», quella che punta sul ruolo dei privati, dei contributi volontari, e quella che punta sul ruolo dello Stato. Nella pratica, si danno per lo più situazioni miste, che combinano, in proporzioni variabili, finanziamenti privati e contributi pubblici.
Sia la soluzione «liberale» (enfasi sul ruolo dei privati) sia la soluzione «statalista» (enfasi sul finanziamento pubblico) hanno vantaggi e svantaggi. Il vantaggio della soluzione liberale è che lascia ai cittadini la libertà di finanziare le forze politiche che preferiscono. Lo svantaggio è che, se non intervengono correttivi (tetti per i contributi dei privati e/o per le spese elettorali), la soluzione liberale può accrescere di molto l'influenza politica degli abbienti rispetto a quella dei non abbienti.
Il vantaggio della soluzione «statalista» è che riduce, teoricamente, il peso delle disuguaglianze di reddito. I suoi svantaggi sono però numerosi: statalizza i partiti; obbliga ciascun contribuente a finanziare con le sue tasse anche i partiti che detesta; scoraggia la propensione dei cittadini a sostenere con il proprio denaro le proposte politiche (scoraggia, cioè, una forma importante di partecipazione civica e politica); e infine, (cosa che ci riguarda da vicino) crea, all'interno dei partiti, forti e invisibili centri di potere che, controllando le risorse, se ne servono non solo nella lotta «fra» i partiti ma anche in quella «dentro» i partiti.
Negli Stati Uniti, patria, insieme alla Gran Bretagna (che però pone vincoli rigidi alle spese elettorali), della soluzione liberale, esiste, come è noto, un serio problema di squilibrio nella capacità di influenza politica, a sua volta dovuto al divario nella capacità di finanziamento, fra b ig business e cittadini comuni. Una sentenza della Corte suprema del 2010 ha aggravato il problema eliminando i tetti ai contributi. Il che contribuisce oggi a spiegare il grande afflusso di danaro per la campagna del repubblicano Mitt Romney. Si ricordi però che in varie occasioni, nella storia elettorale americana, i candidati con più risorse finanziarie sono andati incontro a sonore sconfitte. E si ricordi anche la campagna di Obama che, col suo carisma, riuscì a mobilitare un numero altissimo di piccoli finanziatori, cittadini comuni appunto.
di Angelo Panebianco,dal corriere
5 febbraio 2012 |
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