Trappole da evitare
Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, aveva individuato in tassi all'8% per i titoli di Stato, il limite massimo oltre il quale la tenuta del nostro Paese sarebbe stata a rischio. Quel limite è stato superato ieri anche se solo per pochi istanti. Ancora una volta gli investitori sembrano dirci: non abbiamo più fiducia nell'Italia; per farvi credito vogliamo interessi sempre maggiori. Ma è questa la reale fotografia del nostro Paese?
I mercati hanno una indubbia capacità segnaletica, soprattutto delle situazioni di difficoltà. E che la nostra lo sia, è innegabile. Il presidente del Consiglio Mario Monti non ha nascosto lo sforzo e la fatica che dovremo fare per tentare di tornare su un sentiero virtuoso di rigore e crescita. Non si dimentichi mai però che sui mercati ci sono in azione investitori che hanno come obiettivo quello di guadagnare, di realizzare utili. E che sanno approfittare delle debolezze.
Questo è accaduto ieri all'asta dei Bot. La domanda è stata elevata (11,7 miliardi contro gli 8 offerti) eppure i tassi sono saliti, passando al 6,5% dal precedente 3,5%. Perché? In realtà il collocamento di titoli di Stato avviene attraverso un meccanismo di pre-consultazione degli investitori (il mercato primario non aperto ai privati). Questi si sono detti pronti a comprare grandi quantità di titoli purché a prezzi inferiori e cioè a tassi in rialzo.
È quindi il momento di vendere Bot e Btp? L'Italia non è alla bancarotta e può convivere per un po' di tempo con tassi sopra il 7%: a spiegarlo è stato ieri Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, non certo tenera con noi, il quale ha anche voluto ricordare come prima dell'euro il nostro Paese fosse in grado di pagare interessi ben maggiori. Non solo. Export, pochi debiti e ricchezza privata delle famiglie, industria manifatturiera ancora competitiva e reattiva, descrivono un'Italia che può ancora farcela. Non sarà facile.
Sotto attacco c'è l'intera area euro. Soffriamo il possibile arrivo di una recessione. In questa situazione sono più che comprensibili i timori. Ma non il panico. C'è un indice molto sofisticato che raramente viene mostrato ai risparmiatori: è lo spread (il differenziale) tra denaro (vale a dire il prezzo al quale si è disposti a comprare un titolo) e lettera (il prezzo di vendita). Ebbene quello spread è andato aumentando. Ciò indica che sul mercato secondario, quello aperto a privati e investitori, c'è poca liquidità. Pochi compratori. È lì che ieri i Btp biennali hanno superato quota 8%. Ed è lì che si muovono gli investitori più abili e più spregiudicati, capaci in una stessa giornata di disfarsi dei titoli sapendo di poter comprare, persino dopo pochi minuti, a prezzi più bassi.
Vendere in questi momenti è quindi poco saggio. C'è anche chi lancia iniziative contrarie (come il Btp-Day), per dimostrare concretamente la propria fiducia nell'Italia. Fiducia nel fatto che il nostro Paese avrà la forza e la volontà di superare le proprie debolezze: abbiamo un problema di liquidità, non di solvibilità. Ma per risolverlo i segnali da inviare ai mercati dovranno essere chiari, nelle scelte e nei comportamenti.
di Daniele Manca, dal corriere
26 novembre 2011
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