mercoledì 16 novembre 2011

Rapporto Einaudi sull'economia


di Fornara, dal "Sole 24 Ore"
«Ormai tutti i miei sortilegi non valgono più e posso contare solo sulle mie forze». Si apre con una citazione dalla «Tempesta» di Shakespeare il capitolo finale del Rapporto 2011 del Centro Einaudi sull'economia globale e l'Italia, presentato a Milano dal curatore Mario Deaglio, e realizzato in collaborazione con Ubi Banca. Il volume, edito da Guerini e Associati (pagg. 199, euro 21,00), ha per titolo «La crisi che non passa» e si avvale anche dei contributi di Giorgio Arfaras, Anna Caffarena, Giorgio S. Frankel, Gabriele Guggiola, Pier Giuseppe Monateri e Giuseppe Russo.

Il professor Deaglio ha illustrato alla stampa il Rapporto con il pensiero rivolto al presidente del Consiglio incaricato Mario Monti, affermando che il compito che attende il nuovo Governo sarà tutt'altro che facile e soprattutto che non basterà tagliare, ma bisognerà dare all'economia «anche un po' di ricostituente». Le risorse andranno trovate stando attenti a non colpire né i consumi, né gli investimenti: «Per esempio ci sono prodotti finanziari che non hanno contenuti italiani, come gli hedge fund», ha detto Deaglio, secondo cui «La strada per la ripresa dovrebbe passare anche attraverso il prelievo sui patrimoni».

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Rapporto centro Einaudi 2011


Il nostro Paese non è la causa ma si trova «in questi giorni» al centro della crisi «per il convergere di questioni politiche», ha spiegato ancora Deaglio rilevando che l'Italia soffre, in particolare «la debolezza sul commercio estero, la caduta non recuperata su costruzioni e investimenti» e l'eccesso di magazzino: «Un classico di ripresa mancata». L'economista ha poi sottolineato che «non possiamo più permetterci la malattia del debito sul Pil».

Altra nota dolente è la disoccupazione «con 3 milioni di disoccupati ufficiali e altrettanti quasi disoccupati». Invece, secondo il docente di Economia all'università di Torino ed editorialista della "Stampa", ha ragione Tremonti a dire che i fondamentali dell'Italia sono sani, perché «il deficit primario è vicino allo zero, le famiglie hanno un fortissimo risparmio netto e il 40% del debito è in mani italiane».

In questo scenario l'Europa si è data forti vincoli, come quello alla Bce di intervenire sopra un'inflazione al 2% o le regole di Basilea-3 «che impongono alle banche di capitalizzarsi così tanto che non rimangono soldi da prestare alle imprese». In Italia poi «negli ultimi anni abbiamo lasciato settori a tecnologia avanzata a favore di settori a media tecnologia e con minore crescita di produttività».

Pochi settori hanno recuperato i picchi di valore aggiunto del 2000. Comunque, ha aggiunto Deaglio, «l'Italia è come un paziente malato, ma stabile, mentre nei prossimi mesi a finire al centro della crisi che sta scuotendo l'Eurozona potrebbe essere la Francia, un paese che non ha fatto al riforma delle pensioni, il cui debito è salito dal 60 all'85% del Pil e che ha delle ombre sulla finanza pubblica».

Più in generale, la crisi in cui l'Occidente era cominciato a scivolare nell'estate 2007 e nella quale è definitivamente precipitato nel settembre 2008 non solo non si è ancora risolta, ma si è estesa dall'economia alla società, alla politica, ai grandi equilibri politico-strategici internazionali. Ecco perché, tornando alla citazione shakespeariana, «un dramma scritto quasi quattro secoli fa rappresenta l'occasione per una metafora diversa, il rischio di una "tempesta perfetta" della finanza». Sarebbe questo lo scenario peggiore per i prossimi anni, che si può sintetizzare così: scarsità di investimenti, bassa crescita produttiva; continua emissione di moneta; inflazione elevata e fuori controllo; frantumazione del mercato globale; uso esteso del baratto nel commercio internazionale; accentuata instabilità politico-sociale.

La speranza che potessero bastare poche misure tecniche di stabilizzazione dei mercati ha ormai ceduto il passo al convincimento che la crisi sia complessa e multidimensionale. E non si potrà tornare a uno sviluppo stabile, in un contesto mondiale assestato, senza rimedi innovativi e regole nuove.

«Governatori di banche centrali e ministri dell'economia - scrive il Rapporto 2011 del Centro Einaudi - sono costretti ad ammettere l'indebolimento di una ripresa che è stata intessuta più di buone intenzioni che di fatti concreti (…) e di essere ridotti a constatare come il Prospero di Shakespeare, che le loro "magie" non sono in grado di portare fuori dalle secche le navicelle sconquassate della flotta economica mondiale».

In questi ultimi mesi i maggiori segnali di debolezza provengono proprio dai Paesi della Ue. Fino a non molto tempo fa, forse con troppa sicurezza, in Europa si pensava di avere molto da insegnare e poco da apprendere, molte risorse finanziarie da investire, mentre pochi sarebbero stati gli investimenti dei Paesi emergenti nel Vecchio continente. «L'acquisizione indiana di gran parte dell'acciaio europeo e quella indiana e cinese di centinaia di piccole e medie imprese nei settori più vari mostrano quanto errate fossero queste previsioni di una superiorità riconfermata».

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