giovedì 21 aprile 2011


In fumo l'intesa Edf-Enel, 
cruciale la partita per Edison
L. FORNOVO, G. PAOLUCCI
La tensione è alta sui fili dell’alleanza italo-francese sull’energia nucleare. Dopo lo stop del governo italiano, i francesi di Edf, partner dell’Enel, vedono andare in fumo il mega-progetto sul nucleare che avrebbe portato alla costruzione di 4 centrali Epr, di ultima generazione, per 6.500 megawatt, con investimenti tra i 16 e 18 miliardi di euro, di qui al 2030. Ma per ora Sviluppo nucleare Italia, la joint venture tra Enel e Edf, presieduta da Bruno D’Onghia, responsabile delle attività italiane del colosso transalpino, resta in piedi anche se è pressoché congelata, in attesa di tempi migliori. Gli investimenti, già effettuati per decine di milioni di euro per portare avanti progetti e studi di fattibilità, ora saranno fatti col contagocce.

La rinuncia di Palazzo Chigi al nucleare non è stata però una doccia fredda per i francesi. Tra Roma e Parigi erano in corso contatti già da un mese e Palazzo Chigi aveva avvertito i francesi che sul nucleare era in corso una riflessione, dopo la crisi scoppiata nella centrale giapponese di Fukushima. Il punto sul nucleare verrà fatto comunque martedì nel corso del vertice Italia-Francia che si terrà a Roma, alla Farnesina. La «riflessione» aperta sul nucleare dopo Fukushima non riguarda solo l’Italia: Edf teme che uno stop arrivi anche in altri paesi dove il gruppo francese ha avviato programmi nucleari. Come la Cina, il Sudafrica e gli Stati Uniti. Ma Edf non può permettersi di perdere terreno nella sua espansione all’estero, sia perché proprio all’estero trova una parte consistente di ricavi e utili che invece stentano in Francia per il regime di tariffe controllate. Sia perché le centrali francesi, dall’età media elevata, necessitano di un pesante e costoso adeguamento indipendente dall’audit sulla sicurezza nucleare voluto dal governo dopo Fukushima. Sarà per questo che appena due giorni fa Nicolas Sarkozy ha stabilito un adeguamento delle tariffe per l’energia venduta dai produttori alle società distributrici. Dopo un lungo braccio di ferro con Suez-Gdf (che vendeva sul mercato a 36 Kw/ora) l’ha spuntata proprio Edf, che voleva 42 Kw/ora ovvero proprio il prezzo deciso da Sarkò a partire dal primo gennaio 2012. D’altronde, si osserva in ambienti diplomatici, la vicinanza tra il presidente dell’Eliseo e Henry Proglio, numero uno di Edf, è nota. E noto è anche il ruolo «sociale» di Edf, che in Francia dà lavoro a circa 300 mila persone e la cui «Cassa centrale di attività sociali», finanziata con l’1% delle vendite di gas e energia, malgrado i rilievi reiterati della Corte francese dei conti ha un budget di 470 milioni all’anno per finanziare centri sportivi, vacanze e altre attività del tempo libero dei dipendenti. E riesce a chiudere i bilanci in deficit: 70 milioni nel 2009. Il no al nucleare viene visto con amarezza anche ai piani alti di Enel. Con Edf c’è una partnership già consolidata in Francia, dove italiani e francesi sono al lavoro per costruire entro il 2014 l’impianto Epr a Flammanville. Dove Enel ha una quota del 12,5% e ha investito circa 400 milioni, malgrado il rallentamento e i maggiori costi del progetto. Senza contare, poi,che lo stop al nucleare impone un cambio alle strategie del gruppo, guidato dall’ad Fulvio Conti, che dovrà puntare di più su carbone pulito e fonti rinnovabili.

Sulle strategie future di Enel giocherà poi un ruolo importante Paolo Andrea Colombo, che il 29 aprile verrà eletto presidente dall’assemblea dei soci. Colombo, considerato vicino al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che è stato abbastanza tiepido sul nucleare, non ha nessuna delega su Enel, ma avrà potere di indirizzo strategico e non sarà un semplice “presidente di garanzia”. E in questa triangolazione tra Edf, Enel e Tesoro si gioca anche l’altra partita energetica franco-italiana, quella per il controllo di Edison. Il 26 aprile c’è l’assemblea di Foro Buonaparte che approverà i conti e nominerà il nuovo cda con Bruno Lescour amministratore delegato e Giuliano Zuccoli presidente. Le pressioni del Tesoroazionista su Enel e Eni per entrare nella partita a fianco di A2A sono note, ma è tutto rimandato di qualche mese. A settembre, se non ci sarà un accordo, si arriverà a un’asta privata a colpi di rilanci tra Edf e gli italiani. E qui potrebbero entrare in gioco Enel e Eni, fornendo le risorse finanziarie per l’operazione per poi dividersi gli asset di Edison con il gas a Enel e l’elettricità a Eni, onde evitare problemi di antitrust. «Un pasticcio», dice un manager del settore a conoscenza del dossier, che tutti sperano di poter evitare. A cominciare da Eni e Enel.
Fonte : La stampa

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