Io investo etico
Resistono alla crisi e possono rendere più di quelli tradizionali: i fondi "responsabili"
La finanza li abbrevia in tre lettere, Sri, che sta per “socially responsible investments”, ovvero investimenti socialmente responsabili. I fondi comuni di investimento europei che adottano criteri etici per la selezione dei titoli sono circa 700, di cui una ventina domiciliati in Italia. Se ne parla in questi giorni nel seminario “Gli investimenti mobiliari socialmente responsabili”, organizzato a Parma dalla società di ricerca Merian Research (www.merian-research.it) e Sf Studio Associato (http://sfstudioassociato.blogspot.com). Il presupposto è che oggi, in Italia, i maggiori gestori di fondi offrono la possibilità di investire in Sri: la prima banca a proporli è stata Sanpaolo, che nel 1996 ha lanciato sul mercato un pacchetto composto da tre fondi, un azionario internazionale e due obbligazionari. Successivamente, dopo la crisi del 2000-2001, tutti i grandi gruppi italiani hanno iniziato a proporre fondi etici: nel 2001 Unicredit, Montepaschi e Banca Sella; nel 2002 Aletti Gestielle e nel 2003 Intesa. Fino a quando, nel febbraio 2003, ha iniziato a operare Etica Sgr, una società di gestione del risparmio, controllata da Banca Popolare Etica e dalle popolari di Milano e di Sondrio, che promuove esclusivamente fondi etici. Resistono alla crisi. Seppure in Italia rappresentino ancora una nicchia, l’importanza dei fondi Sri sta gradualmente crescendo, forse anche per aver dimostrato di saper reagire in modo “anticiclico” rispetto alle fasi di crisi. “Questo è avvenuto per due motivi – spiega Mauro Meggiolaro, consulente del Gruppo Banca Etica e fondatore di Merian Research – In un periodo di incertezza economica, molti risparmiatori vanno alla ricerca di porti sicuri sulla base del cosiddetto ‘flight to quality’, ovvero la fuga verso la qualità quando tutto intorno sembra crollare”. Nel dubbio, molti si indirizzano verso i titoli di Stato tedeschi piuttosto che americani perché li percepiscono come sicuri. “In tal senso – riprende Meggiolaro – seppure non forniscano una garanzia di rendimento, perché investono come gli altri in titoli azionari e obbligazionari seguendo l’andamento dei mercati, i fondi etici danno garanzie in più sulla loro trasparenza, facendo capire dove investono e quali titoli escludono”. Quando sono responsabili. I fondi Sri rispondono all’esigenza di coniugare la pratica finanziaria con le proprie convinzioni personali. La responsabilità sociale viene valutata sulla base della politica ambientale adottata dall’impresa (gestione dei rischi d’inquinamento, consumo moderato delle risorse, produzione contenuta di rifiuti), della sua politica sociale (rispetto dei diritti dei lavoratori, delle loro condizioni di lavoro, delle retribuzioni, attenzione verso i clienti) e della sua posizione nei confronti dei Paesi in via di sviluppo (rispetto delle culture, delle comunità locali e dei diritti dei minori). Ad appurare il rispetto di questi principi provvedono le agenzie di segnalazione etica, che raccolgono informazioni sulle pratiche delle imprese – inviando questionari ai dirigenti, consultando documenti pubblici e confrontandosi con lavoratori e fornitori – e successivamente elaborano una griglia in cui assegnano un “voto” per ogni ambito rilevante.
“Al momento dell’acquisto, bisogna essere curiosi – suggerisce Meggiolaro – richiedendo per prima cosa il prospetto informativo e successivamente andando a consultare il sito web per leggere la lista completa dei titoli compresi nel paniere”. Se molti fondi etici hanno migliorato nel corso degli anni il loro livello di trasparenza, pubblicando online informazioni dettagliate rispetto ai criteri utilizzati in fase di selezione, altri sono rimasti indietro e risulta ancora difficile sapere quanti e quali titoli sono compresi in portafoglio. “Per questo, bisogna essere critici e attivi – continua Meggiolaro – distinguendo anche tra fondi etici che investono effettivamente in imprese selezionate in base a determinati criteri sociali e ambientali e quelli che invece, autodefinendosi etici, devolvono solamente una parte delle commissioni verso iniziative di carattere solidale continuando a investire nei titoli tradizionali”. Quanto rendono. Come un qualunque investimento in borsa, anche quelli etici devono farci mettere in conto una possibile perdita di capitale. “I fondi Sri sono più attenti allo sviluppo delle imprese nel lungo periodo che non a quell’ottica speculativa nel breve periodo che ha portato alla crisi – specifica Meggiolaro – Detto questo, un fondo etico non dà garanzie di profitto e non rende necessariamente più dei fondi tradizionali”. Vero è che, nel lungo termine, le imprese sensibili ai temi etici potrebbero essere più redditizie rispetto a quelle tradizionali: l’adozione di pratiche di sviluppo sostenibile potrebbe contribuire a fidelizzare clienti e fornitori, così come un atteggiamento cooperativo nei confronti dei lavoratori potrebbe incentivare questi ultimi a investire nel loro capitale umano. “Da numerose ricerche è emerso che i fondi etici non comportano un sacrificio in termini di rendimento, che può essere talvolta inferiore talvolta superiore, ma in tutto e per tutto paragonabile a quello degli altri fondi – conclude Meggiolaro – In più, permette di investire in imprese che incorporano nella loro strategia generale di business rischi sociali e ambientali”. In altre parole, si tratta di imprese che si attrezzano prima delle altre e dunque avranno meno probabilità di incorrere in sanzioni per violazioni ambientali o in pericoli per la salute e la sicurezza sul lavoro. Tutto questo finisce per tradursi in vantaggi economici che, se da un lato non possono escludere i rischi di un investimento, per lo meno assicurano qualche possibilità in più rispetto al puro profitto. Fonte Vivere
“Al momento dell’acquisto, bisogna essere curiosi – suggerisce Meggiolaro – richiedendo per prima cosa il prospetto informativo e successivamente andando a consultare il sito web per leggere la lista completa dei titoli compresi nel paniere”. Se molti fondi etici hanno migliorato nel corso degli anni il loro livello di trasparenza, pubblicando online informazioni dettagliate rispetto ai criteri utilizzati in fase di selezione, altri sono rimasti indietro e risulta ancora difficile sapere quanti e quali titoli sono compresi in portafoglio. “Per questo, bisogna essere critici e attivi – continua Meggiolaro – distinguendo anche tra fondi etici che investono effettivamente in imprese selezionate in base a determinati criteri sociali e ambientali e quelli che invece, autodefinendosi etici, devolvono solamente una parte delle commissioni verso iniziative di carattere solidale continuando a investire nei titoli tradizionali”. Quanto rendono. Come un qualunque investimento in borsa, anche quelli etici devono farci mettere in conto una possibile perdita di capitale. “I fondi Sri sono più attenti allo sviluppo delle imprese nel lungo periodo che non a quell’ottica speculativa nel breve periodo che ha portato alla crisi – specifica Meggiolaro – Detto questo, un fondo etico non dà garanzie di profitto e non rende necessariamente più dei fondi tradizionali”. Vero è che, nel lungo termine, le imprese sensibili ai temi etici potrebbero essere più redditizie rispetto a quelle tradizionali: l’adozione di pratiche di sviluppo sostenibile potrebbe contribuire a fidelizzare clienti e fornitori, così come un atteggiamento cooperativo nei confronti dei lavoratori potrebbe incentivare questi ultimi a investire nel loro capitale umano. “Da numerose ricerche è emerso che i fondi etici non comportano un sacrificio in termini di rendimento, che può essere talvolta inferiore talvolta superiore, ma in tutto e per tutto paragonabile a quello degli altri fondi – conclude Meggiolaro – In più, permette di investire in imprese che incorporano nella loro strategia generale di business rischi sociali e ambientali”. In altre parole, si tratta di imprese che si attrezzano prima delle altre e dunque avranno meno probabilità di incorrere in sanzioni per violazioni ambientali o in pericoli per la salute e la sicurezza sul lavoro. Tutto questo finisce per tradursi in vantaggi economici che, se da un lato non possono escludere i rischi di un investimento, per lo meno assicurano qualche possibilità in più rispetto al puro profitto. Fonte Vivere
Paola Rinaldi
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