di MARCELLO SORGI, dalla stampa
Lo sblocco della manovra da parte del governo, con l'emendamento varato ieri sera in Consiglio dei ministri e subito presentato al Parlamento, è arrivato giusto in tempo per frenare la tensione che aveva ormai raggiunto il livello di guardia.
Gli aggiustamenti proposti, anche se finanziati con un ulteriore giro di vite fiscale, cercano di venire incontro alle richieste avanzate dai partiti della maggioranza e dai sindacati, questi ultimi ben lontani dal dichiararsi soddisfatti, ma disposti a registrare lo sforzo del governo.
Ci sono le detrazioni dall' Ici sulla prima casa sollecitate dal Pdl, e in particolare quelle familiari chieste dall' Udc. Ci sono (sia pure per un anno) gli ammorbidimenti nella perequazione delle pensioni più basse, invocati dal Pd, e quelli per le classi di nascita più colpite auspicati dai sindacati. Un pacchetto da due miliardi di redistribuzione dei carichi che consentirà alla manovra di ripartire in Parlamento, dopo una settimana di stop and go e di fronte a una scadenza - quella di Natale - ormai sempre più vicina. Camera e Senato, se non ci saranno altri intoppi, dovranno fare i salti mortali per arrivare in tempo all'approvazione. E la presentazione dell'emendamento da parte del governo lascia intuire che in chiusura arriverà anche la richiesta della fiducia.
Restano tuttavia altri fronti aperti: da quello, assai contrastato, delle liberalizzazioni, che ha visto l'alzata di scudi dei farmacisti, a quello, emblematico sul piano dell'equità proclamata come criterio fondante delle misure, dei tagli ai privilegi e agli emolumenti dei parlamentari.
La prudenza di Monti su quest'ultimo terreno è certamente legata alle difficoltà crescenti di rapporti tra esecutivo tecnico e Parlamento. Sotterranee, ma via via sempre più evidenti, le riserve di deputati e senatori sono legate all'atteggiamento altalenante dei partiti della maggioranza sulle prospettive del governo. Berlusconi, Casini e Bersani, ciascuno con i propri collaboratori, non fanno mistero di non essere troppo convinti che Monti possa o debba arrivare necessariamente alla scadenza del 2013. Specie in assenza di miglioramenti significativi della crisi economica.
Il detonatore di questa situazione incerta resta la decisione della Corte costituzionale sui referendum a gennaio: piuttosto che aprire le urne del sistema elettorale, i partiti sarebbero pronti a provocare lo scioglimento anticipato delle Camere, per portare gli elettori al voto prima che siano chiamati a pagare la prima rata della nuova Ici o la seconda bolletta del riscaldamento rincarato dagli aumenti dei carburanti.
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