19/12/2011
di PIERO BIANUCCI
È normale pensare al marxismo, alla socialdemocrazia, al liberalismo e alla sua versione estrema, il liberismo economico, come a sistemi di idee che possono ispirare e in effetti hanno ispirato modelli politici e di società. Non è normale, almeno in Italia, considerare il mondo della scienza – o meglio il suo metodo – come un sistema di idee che può ispirare l’organizzazione politica e sociale. Anzi: da noi le due cose non potrebbero essere più lontane. Da un mese abbiamo al governo i «professori»: scienziati dell’economia, della finanza, del diritto, della sociologia. Quanto siano estranei alla politica come la si è intesa in Italia negli ultimi anni l’abbiamo visto nell’espressione impietrita di Mario Monti davanti alla gazzarra dell’opposizione leghista al Senato (con replica alla Camera). Non dati, numeri, ragionamenti, senso di responsabilità ma sghignazzi e urla. E pazienza se uno spettacolo così costa punti di spread e miliardi al Paese.
L’esperimento a cui stiamo assistendo – scienziati al governo – per l’Italia è davvero peculiare. Con mille difficoltà, incertezze, approssimazioni e incomprensioni, il metodo scientifico prova ad ispirare la politica. Per noi è una novità. Ma lo è in generale e in assoluto? No: storici e filosofi hanno analizzato l’influsso della fisica di Newton sulla Dichiarazione di Indipendenza e sulla Costituzione degli Stati Uniti.
Per noi è un’emergenza. Ma può diventare normalità? E’ lecito parlarne, e forse auspicarlo. Infine la domanda cruciale: il sistema di idee che sta alla base della scienza – cioè il suo metodo - è in grado di dare risultati migliori di altri sistemi di idee?
Uno sguardo storico risponde all’ultima questione: l’esperienza dice che il marxismo ha fallito, socialismo e liberalismo hanno avuto alterne fortune, il liberismo economico puro e duro porta a disuguaglianze sociali destabilizzanti e a crisi finanziarie come quella che stiamo vivendo. Viceversa, il metodo scientifico ha permesso di raddoppiare la speranza di vita negli ultimi cento anni, sfamare sei miliardi di persone (il settimo miliardo è affamato non per colpa della scienza ma della politica: ci sono risorse per mettere a tavola 10 miliardi di persone), esplorare l’universo, decifrare i meccanismi biologici.
Se poi guardiamo alla comunità scientifica, è un modello interessante. Discute ma non litiga. Critica ma non insulta. Dubita perché sa che il dubbio è l’antidoto del dogmatismo e dell’ideologia totalitaria. Talvolta è di parte ma ascolta la controparte. Per sua natura è globale e tollerante, non provinciale, fondamentalista o razzista. Raggiunge punti di accordo duraturi.
Tutto ciò non è casuale. Dipende dallo statuto che la comunità scientifica da Galileo in poi ha spontaneamente sottoscritto. Si parte dall’osservazione dei fatti; i fatti vengono definiti e delimitati con misure; si avanzano ipotesi per interpretarli; l’interpretazione viene messa alla prova dell’esperimento – una domanda alla natura ripetibile in modo indipendente da qualsiasi altro scienziato. Se l’esperimento dà ragione all’ipotesi, segue una discussione fino a quando si crea un consenso sul risultato conseguito. Il risultato è provvisorio: l’esperimento non fornisce Verità ma verificabilità, e questa è sempre sottoposta a nuovi esami. Dunque niente scientismo. Ma, pur provvisorio, il risultato è condiviso e messo in pratica fino a quando non ce ne siano di migliori. La scienza procede per accumulo: non getta via niente, anche gli errori insegnano. Nel telefonino ci sono gli esperimenti sulle rane di Galvani come la pila di Volta.
Possiamo concluderne che il metodo scientifico è (anche) un sistema di idee e di democratica costruzione del consenso. E che finora, sulla base dell’esperienza, ha funzionato meglio del marxismo e del liberismo. Quanto a socialdemocrazia e liberalismo, ora consapevolmente ora no, hanno spesso incorporato parte del metodo scientifico. Da questo punto di vista, in quanto carta costituzionale della Ragione, il metodo scientifico è un meta-sistema di idee che può fondare altri sistemi più direttamente operativi a livello sociale e politico. Molti di questi argomenti –, non nuovi ma da riscoprire – Gilberto Corbellini (storico della Medicina, Università di Roma) li ha esposti in Scienza e democrazia (Einaudi, 160 pagine). Sono a disposizione di tutti, leghisti compresi, a 10 euro.
Fonte: la stampa
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