mercoledì 28 dicembre 2011

La matematica si studia coltivando i pomodori e il basilico, a leggere e scrivere ci si mette alla prova tutti insieme e la musica si apprende sotto gli alberi.


La matematica si studia coltivando i pomodori e il basilico, a leggere e scrivere ci si mette alla prova tutti insieme e la musica si apprende sotto gli alberi. Succede alla Rinnovata Pizzigoni, una scuola elementare di Milano, pubblica, vicino al Ponte della Ghisolfa, nella zona frequentata e descritta da Giovanni Testori e filmata da Luchino Visconti in Rocco e i suoi fratelli. Una scuola orto e fattoria, a pochi minuti dal centro della città, con una tradizione centenaria di generazioni che l’hanno frequentata e ancora oggi la portano nel cuore. A Milano, la Pizzigoni si inserisce nel movimento delle esperienze pedagogiche innovative legate alla manipolazione, ponendosi in prima linea nell’operare cambiamenti organizzativi e di metodo. Combattere il verbalismo e superare l’impianto dogmatico utilizzato per trasmettere il sapere, la Pizzigoni, facendo leva sul ruolo dell’esperienza diretta ed interattiva nel processo d’apprendimento, sostiene con forza l’idea di una scuola aperta al mondo ed all’esperienza che ne può scaturire. La storia di questa scuola, le sue ore di lezione sui banchi e nella terra, sono descritte nel documentario La mia scuola-Un anno alla Rinnovata Pizzigoni. La regista Renata Tardani, produttrice di alcuni film di Marina Spada e da qualche settimana nel consiglio d’amministrazione delle Scuole Civiche Milanesi, ha passato parecchi mesi a riprendere con la telecamera la quotidianità di una classe quinta, intrecciandola alle attività dei bambini più piccoli. “Mi ha spinto la curiosità e il desiderio di far conoscere questo luogo unico. La Rinnovata Pizzigoni è stata fondata cento anni fa da una donna speciale. Erano gli inizi del novecento e Giuseppina Pizzigoni, con la forza della sua personalità e della convinzione nell’idea di educare in un modo diverso e all’avanguardia sia in Italia che in Europa, è riuscita a coinvolgere intellettuali, industriali e banchieri per farsi finanziare la costruzione di questa scuola fondata su questo suo metodo di insegnamento.” La scuola è tutta costruita su un piano a livello della terra, all’interno di un parco che profuma di glicine, con campo di calcio e di basket, oltre ai famosi orti e serre, in cui i bambini imparano non ascoltando, ma facendo. “La prima sensazione che ho provato entrando alla Pizzigoni è stata quella di scoprire la scuola della gioia –ricorda la regista. I bambini si spostano da una parte all’altra e imparano cose sugli animali e sulla natura, che noi non sappiamo. Per esempio, pesando le patate che hanno coltivato e poi raccolto, imparano il peso netto, il peso lordo, il guadagno”. Guardando il documentario, commovente, di Renata Tardani si avverte che un altro mondo è possibile; sorprende il fatto che esista un luogo che possieda realmente le caratteristiche di cui un bambino ha bisogno per la sua crescita e per il suo apprendimento: la manualità, il contatto continuo con il verde, la scoperta degli orti e della terra. Commuove vedere questi bambini, che escono dalle classi e si recano con grembiuli, stivaloni e attrezzi da giardino a coltivare, innaffiare, potare. E che poi questo accada in una città come Milano, che più di altre ha assorbito le politiche rampanti, individualiste e malsane del berlusconismo, sorprende ancora di più. Allora perché non ce ne sono altre di scuole come la Rinnovata Pizzigoni? “Bella e brutta domanda –risponde Lucia Sacco, insegnante di musica che compare nel film. Lo scopo di Giuseppina Pizzigoni infatti, era quello di diffondere questo tipo di scuola in tutta Italia e nel 1911 l’Italia era nel pieno di una riforma scolastica. Giuseppe Lombardo Radice e Giovanni Gentile avevano studiato i metodi della Pizzigoni riproponendone alcuni aspetti. Il problema però sono i costi per poter includere nell’organico un insegnante di agraria, un altro per l’insegnamento del nuoto, uno per la musica. Inizialmente era previsto anche l’insegnamento della lingua francese e negli anni ’60 è stato introdotto l’inglese. Se era difficile allora, oggi con tutti i cambiamenti suggeriti dalla Gelmini e con i tagli all’ordine del giorno, questo metodo non è più esportabile”. Negli anni ’70 a Milano ce n’erano di più di scuole sperimentali, come le medie Roberto Franceschi e Rinascita, o le elementari della Casa del Sole all’interno del Parco Trotter, che negli anni hanno un po’ omologato il loro metodo particolare, tranne la Pizzigoni che ha mantenuto la sua identità originaria. I bambini che escono da questa scuola hanno evidentemente una marcia in più, ma fanno più fatica ad acquisire un metodo di studio e di socializzazione più convenzionale. “Il primo anno fuori, la prima media, per questi bambini rappresenta sempre uno scoglio –conferma Lucia Sacco, ma dopo qualche mese superano le difficoltà ritrovando il loro sapere e la curiosità per il conoscere, che si è radicato in loro. Gli allievi escono dalla Pizzigoni con meno nozioni rispetto agli altri, ma come diceva Quintiliano: i bambini non sono anfore da riempire, ma fiaccole da accendere e il vero pregio di questa scuola è proprio quello di accendere la conoscenza”.

di Barbara Sorrentini, da micromega

(28 dicembre 2011)

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