martedì 6 dicembre 2011

INTERVISTA Il Nobel Edward Prescott: "La strada è quella giusta ora si punti alla crescita"


ECONOMIA
06/12/2011 - INTERVISTA
Il Nobel Edward Prescott:
"La strada è quella giusta
ora si punti alla crescita"

di PAOLO MASTROLILLI
INVIATO A NEW YORK
Comincio ad essere ottimista, almeno per l’Italia. Le misure contenute nella nuova manovra vanno nella direzione giusta e indicano che avete compreso la necessità di fare finalmente riforme serie».

Sono positivi i giudizi a caldo del premio Nobel per l’economia Edward Prescott, professore all’Arizona State University e consulente della Federal Reserve. Subito dopo, però, aggiunge un avvertimento: «Ora

è indispensabile cementare il consenso politico per realizzare i cambiamenti necessari, e poi concentrarsi sulla crescita. Dovete cominciare dalle iniziative per creare un ambiente più favorevole alle imprese, e liberare finalmente le energie e il grande talento dei vostri giovani».

Quali sono gli aspetti di questa manovra che lei trova più incoraggianti?
«L’intervento sulle pensioni. Tutto il mondo deve muoversi verso un sistema previdenziale in cui si lavora più a lungo e si riceve in base a quanto si dà. Non ci sono alternative a questa svolta. Poi sono utili la lotta all’evasione, i tagli ai costi della politica e quelli alle amministrazioni locali. Al di là degli importi, questi provvedimenti dimostrano che voi avete capito la direzione in cui bisogna andare. Da questo punto di vista state facendo molto meglio della Grecia, che invece non si è ancora rassegnata a fronteggiare la realtà».

La manovra contiene anche alcuni aumenti alle tasse: lei li condivide?
«Fosse per me, avrei usato solo la leva dei tagli, perché nelle condizioni in cui vi trovate c’è sempre il rischio che l’incremento della pressione fiscale freni ancora l’economia e favorisca la recessione. Però capisco che per far quadrare i conti fossero necessari anche interventi di questo tipo. In termini di volumi, la mia speranza è che quanto volete fare sulle pensioni sia sufficiente ad ammortizzare gli effetti negativi sulla crescita che deriva dagli aumenti delle tasse».

Cos’altro consiglierebbe all’Italia, per uscire definitivamente dalla crisi e costruire un’economia virtuosa sostenibile nel lungo periodo?
«Dovete puntare sulla crescita, sono quindici anni che in pratica siete immobili. Per ottenere risultati avreste bisogno di due cose: creare un ambiente più favorevole a chi vuole fare business, eliminando le troppe regole cattive che soffocano la vostra economia, e liberare finalmente il talento e le energie dei giovani. Da voi si continua a vivere con la famiglia fino a quarant’anni, non si trova lavoro, non ci sono le condizioni per avviare attività imprenditoriali. Tutto questo deve cambiare: difendere lo status quo non ha più senso, per nessuno. Servono meno regole, anche nel mercato del lavoro, agevolazioni fiscali che rendano conveniente per le imprese investire da voi, e aiuti per i giovani che vogliono avviare un business».

Eppure in Italia c’è chi storce già il naso per la manovra appena presentata.
«Nel breve termine qualcuno ci perderà, con queste riforme, ma nel lungo termine salverete il Paese. Chiunque abbia un figlio, o abbia a cuore il futuro dell’Italia, deve essere favorevole».

Avremo comunque bisogno di aiuti esterni, ad esempio dal Fondo Monetario Internazionale?
«Io sono contrario, perché questi aiuti diventano solo scuse per rimandare le riforme necessarie. L’Italia ha i mezzi e le forze per uscire da sola dalla crisi, e deve metterli in campo».

Questa è una settimana cruciale per l’euro. È cominciata con il vertice tra il presidente francese Sarkozy e la cancelliera tedesca Merkel, e si concluderà con il Consiglio europeo che dovrebbe produrre la «road map» per uscire dalla crisi. Si può ancora salvare la moneta unica e come?
«L’euro, nei termini attuali, è un esperimento fallito. Penso che sarà difficile evitare il default e l’uscita di alcuni Paesi più piccoli e deboli. La Grecia, ad esempio, avrebbe dovuto scegliere la via del fallimento controllato due anni fa. Chi invece resterà in piedi, se vorrà andare avanti, dovrà creare una vera unione fiscale».
Fonte : La Stampa

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