martedì 13 settembre 2011

Politica


13/09/2011 - MANOVRA- IL CASO
Le Province come la Fenice

Non ancora cancellate trovano il modo di risorgere

DI ALESSANDRO BARBERA, dalla "Stampa"



ROMA

Che la fenice more e poi rinasce/ quando al cinquecentesimo appressa erba né biada in sua vita non pasce/ ma sol d’incenso lacrima e d’amomo/ e nardo e mirra son l'ultime fasce .



Come nel mito dell’Araba fenice, le Province sono risorte dalle ceneri in tre giorni. Quando, venerdì, il governo ha approvato il disegno di legge costituzionale per la «soppressione degli enti intermedi» gli scettici non si contavano. C’era chi speculava sulla lunghezza del processo di approvazione di un simile provvedimento (doppia lettura alla Camera e al Senato), chi sulla reale determinazione della Lega a portare fino in fondo la riforma. Un pericoloso indizio era già nell’articolo due del provvedimento: «Spetta alla legge regionale istituire sull’intero territorio regionale forme associative fra i Comuni per l’esercizio delle funzioni di governo di area vasta». Se poi due indizi fanno una prova, da ieri c’è anche il secondo.



Alla Villa Reale di Monza, sede (illegittima ad opinione del Capo dello Stato) periferica di tre ministeri (Riforme, Semplificazione ed Economia) si sono palesati quindici presidenti di Provincia capeggiati dal coordinatore delle Province venete, il trevigiano Leonardo Muraro. Ad attenderli Umberto Bossi, Roberto Calderoli e Giulio Tremonti. O meglio, quest’ultimo nega ufficialmente la sua presenza, salvo essere confermata dallo stesso Muraro. «C’era ma non ha detto nulla». Difficile non credergli, visto l’argomento della conversazione: quale forma dare agli «enti di area vasta» citati all’articolo due.



Alla truppa dei presidenti l’idea di creare libere associazioni fra i Comuni sembrava troppo vaga. Fosse mai che qualche sindaco non ne sentisse il bisogno. Così, uscendo dal vertice, Muraro annuncia: c’è un secondo comma all’articolo due. «C’è stato un errore. La bozza circolata è sbagliata. Il ministro Calderoli ha ribadito che il testo approvato prevede invece l’elezione diretta del presidente di un ente intermedio tra Comune e Regione». Per pudore Muraro non usa la parola Provincia. «Queste entità dovranno avere almeno 300mila abitanti ed essere superiori ai tremila metri quadrati», giusto la dimensione necessaria a salvare quasi tutte quelle dell’area pedemontana del Nord. Per evitare dubbi sulla loro capacità di esercitare un qualche potere effettivo, Muraro precisa: «Nei nuovi enti si concentreranno organismi, agenzie regionali e consorzi». La lista delle competenze da sottrarre ai Comuni è ampia: ci sono le autorità di bacino, i consorzi per le acque, le società partecipate. Quelle che - per inciso - tutte le autorità europee ci chiedono di tagliare e del cui futuro il ministro dell’Economia ora voler discutere in un «seminario».



Inutile chiedere conto a Muraro di spesa pubblica, degli spread che schizzano all’insù, o delle perplessità dell’Unione europea sulla nostra capacità di portare fino in fondo tutte le misure della manovra da 54 miliardi. Ci si accontenti del fatto che per una volta, senza pregiudizio, al Nord hanno preso ad esempio la Sicilia.



Anno domini 1947: lo Statuto della Regione sancisce solennemente l’abolizione delle Province. Con un però: siccome l’Italia era nel pieno della ricostruzione, non si poteva chiudere istituzioni così importanti da un giorno all’altro. Si pensò allora di trasformarle di «amministrazioni provvisorie». In Italia non c’è nulla di più definitivo della provvisorietà, così il loro destino fu quello dell’Inno di Mameli. Il tempo delle decisioni arriva nel 1986: le amministrazioni provvisorie si trasformano in «liberi consorzi fra Comuni» regolati dalla Regione. Si chiamano «Province regionali». Inutile stupirsi, visto che il presidente della Provincia regionale di Catania, Giuseppe Castiglione, è il numero uno dell’Upi, l’unione delle Province italiane. In ossequio allo Statuto della Regione Sicilia, che all’articolo 15, comma uno, recita ancora solenne: «Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi».



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