sabato 3 settembre 2011

Credibilità cercasi





È assai poco berlusconiano l’emendamento col quale ieri, per la terza volta in due settimane, il governo ritiene di avere trovato un compromesso sulla manovra finanziaria. Delineare un orizzonte di giri di vite fiscali, manette per i «grandi evasori», pubblicazione dei redditi da parte dei Comuni, rappresenta un rovesciamento della filosofia di Silvio Berlusconi. Si tratta di misure che appena tre anni fa venivano rimproverate ad una sinistra accusata di vampirismo tributario. Oggi Lega e Pdl sono costretti a farle proprie: al punto che non ci si può non chiedere se siamo davvero di fronte alla versione definitiva.



La credibilità dell’Italia presso la Banca centrale europea si gioca molto sulla chiarezza e la certezza delle sue scelte: esattamente quello che non è stato fatto negli ultimi giorni. È il solo modo per arginare il declino di una maggioranza ammaccata dalle divisioni interne; logorata dalle incomprensioni fra il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, richiamato ieri a Roma per una mediazione in extremis; e inseguita dalle ombre giudiziarie che riguardano Berlusconi. Qualunque leader che si rispetti sa di dover proporre misure impopolari.



La sensazione è che il governo si sia rassegnato a scegliere l’«impopolarità minore»: anche perché non aveva alternative. Dopo i pastrocchi sulle pensioni, serviva un segnale. Rimane da capire se basterà ai mercati, scongiurando il rischio di nuove manovre. E se consentirà a Berlusconi di andare un po’ oltre la logica della pura sopravvivenza. Qualcuno comincia a pensare che esiste una maledizione dei vertici internazionali, per lui. Si cominciò con l’avviso di garanzia recapitatogli a quello di Napoli, nel 1994. Ieri, il presidente del Consiglio è arrivato a Parigi per il summit sul futuro della Libia, preceduto dalla notizia di nuove intercettazioni telefoniche e arresti.



Rispetto a diciassette anni fa, Berlusconi non è accusato di nulla, anzi: è vittima di un’estorsione. Ma un premier ricattato porta a domandarsi: perché? Non che l’Italia sia particolarmente sensibile a certi temi: spesso l’indignazione è una merce avariata dalla faziosità politica e dal moralismo. Il meno che si possa dire, però, è che mentre lievitava una crisi finanziaria sottovalutata fino alla sua esplosione, Berlusconi sembrava distratto da altro. Si tratta di una constatazione obbligata e amara.



Conferma e dilata le incognite della manovra economica. Un Berlusconi logorato non prelude ad una crisi di governo, ma alla perdita parallela di credibilità internazionale dell’Italia. L’arresto dell’imprenditore Gianpaolo Tarantini e della moglie, accusati di ricattare il premier, e l’ordine di cattura per Valter Lavitola, ritenuto un suo informatore sulle questioni giudiziarie, consegnano il capo del governo all’ennesima, imbarazzante sovraesposizione. Per ora il premier è condannato a rimanere a Palazzo Chigi; e l’Italia, e forse anche un pezzo d’Europa, a sperare che non si crei un vuoto di potere. Nonostante gli stereotipi deteriori che Berlusconi alimenta.



di Massimo Franco , dal Corriere

02 settembre 2011 10:38

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