mercoledì 25 gennaio 2012

Ma l'illegalità è intollerabile


QUANDO LA PROTESTA COLPISCE TUTTI
Ma l'illegalità è intollerabile
Fra le proteste siciliane e quelle degli autotrasportatori corrono molte differenze. Il movimento siciliano è il risultato di un malumore diffuso, alimentato forse anche da infiltrazioni mafiose, diretto principalmente (o almeno così dovrebbe essere) contro le autorità dell'Isola. La Sicilia ha uno statuto speciale e gode di un regime fiscale che consente ai suoi governanti di affrontare autonomamente almeno alcuni dei suoi problemi. Se questo non è accaduto, le ragioni della protesta sono anzitutto locali.

Quello degli autotrasportatori, invece, è un problema collegato in buona parte alla crisi del Paese ed è quindi interamente nazionale. Stiamo parlando di una categoria composta in gran parte da piccolissime aziende in cui il padrone è al tempo stesso un dipendente, investe il proprio denaro, contrae debiti con le banche, paga se stesso ogni mese con il frutto del proprio lavoro, ha un reddito che può essere drasticamente ridotto dal prezzo del gasolio e dei pedaggi.

In condizioni normali, tuttavia, le due proteste dovrebbero coinvolgere i partiti politici e le organizzazioni sindacali. Non è facile dare risposte politiche a un movimento difficilmente interpretabile come quello dei «forconi» e dare risposte sindacali alla protesta di una categoria composta da «padroncini». Ma questo dovrebbe essere, in una democrazia, il compito dei partiti e dei sindacati, soprattutto se vogliono continuare a essere nazionali. Gli uni e gli altri, invece, sembrano essere in queste due vicende sostanzialmente assenti. Il governo è composto da tecnici, ma è sostenuto da una maggioranza che ricorda per molti aspetti quella delle grandi coalizioni tedesche. I camionisti sono difficilmente sindacalizzabili, ma i sindacati amano considerarsi interlocutori totali del governo per tutte le questioni che abbiano ricadute economiche e sociali. Perché partiti e sindacati sembrano comportarsi come se le responsabilità fossero esclusivamente del governo?

Sbagliano per almeno due ragioni. In primo luogo le proteste, se affrontate distrattamente, potrebbero, soprattutto in questo particolare momento, contagiare altre categorie. Le liberalizzazioni hanno suscitato forti reazioni, ma i gruppi colpiti, con l'eccezione dei tassisti, sembrano comprendere che le misure adottate dal governo non spiacciono alla maggioranza degli italiani e che una reazione emotiva sarebbe inopportuna. In alcuni di questi gruppi, tuttavia, vi è un'ala che potrebbe cogliere l'occasione per alzare il livello della protesta.

In secondo luogo esiste un problema di legalità. Sappiamo che ogni categoria, per meglio farsi vedere e ascoltare, usa quando sciopera le armi, più o meno efficaci, del suo mestiere. Ma quando un gruppo si serve del proprio strumento di lavoro e della propria funzione per interrompere le comunicazioni sulle maggiori strade della penisola, il danno sofferto dall'economia nazionale è intollerabilmente superiore ai motivi della protesta. Nessuno ha il diritto di strangolare il proprio Paese per meglio risolvere i propri problemi. E nessun partito o organizzazione sindacale ha il diritto di considerare queste vicende come problemi del governo a cui è lecito voltare le spalle. Sui problemi di legalità, anche se spetta soprattutto all'esecutivo intervenire con fermezza, il silenzio dei partiti e dei sindacati sarebbe ingiustificabile.

Sergio Romano
25 gennaio 2012 |

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