venerdì 27 gennaio 2012

Le spine e la spina


BOSSI, BERLUSCONI E MONTI
Le spine e la spina
Per Bossi, Berlusconi sarebbe «una mezza cartuccia» se non staccasse la spina al governo Monti. È vero il contrario. Bossi si sta dimezzando come leader politico, prigioniero dei suoi stessi ricatti e lazzi, insulti e gestacci. Invece Berlusconi, confermando il suo appoggio al governo sta dimostrando, pur nel momento peggiore di una parabola politica ventennale, di avere forza, carattere e senso della responsabilità. Di saper pagare prezzi elevatissimi per il suo (sofferto) sostegno al governo che è subentrato a quello da lui diretto e traumaticamente lasciato. Il Berlusconi «populista» e schiavo dei sondaggi si dimostra capace di scelte impopolari e dolorose, di saper sfidare le irrequietezze del suo mondo, di non accettare la prosa ricattatoria di un Bossi dalla leadership sempre più debole anche all’interno della Lega.

Il Pdl e il Pd hanno compiuto una scelta coraggiosa nel sostenere un governo tecnico mentre l’Italia rischiava (e rischia) il fallimento. Il Pdl anche un po’ di più. Dopo la riforma delle pensioni, la base sociale del Pd non è stata travolta dalla minacciata, ma non ancora attuata, riforma del mercato del lavoro. Nel frattempo il serbatoio elettorale del Pdl è stato duramente intaccato. Colpiti i tassisti e i farmacisti, i commercianti, le libere professioni, gli autotrasportatori, il ceto medio asfissiato dall’imposizione fiscale, i milioni di proprietari della prima casa che avevano visto nell’abolizione dell’Ici una boccata d’ossigeno. Molti elettori del Pdl sono in rivolta. I parlamentari del partito sono sempre più tentati dalle sirene del disimpegno e della fronda e invocano il loro leader perché la smetta di svenarsi a vantaggio di un governo votato ma non amato, sostenuto ma temuto. Persino molti maggiorenti del partito di Berlusconi lavorano per sganciare il Pdl da una politica di pesanti sacrifici a scapito di un elettorato deluso e preoccupato, in passato attratto da Berlusconi per il suo messaggio antitasse e oggi ferito da un’imposizione fiscale sempre più gravosa.

Se Berlusconi rompesse con Monti, ne potrebbe ricavare un vantaggio immediato. I sondaggi diramano bollettini disastrosi, e la tentazione della piazza e dell’opposizione potrebbe apparire come una facile via per la salvezza. Ma Berlusconi ha detto nuovamente di no a una scorciatoia che condurrebbe l’Italia verso esiti ignoti. Per la seconda volta il leader del Pdl ha imposto al suo partito una via diversa da quella delle elezioni immediate. Non è detto, ovviamente, che il rapporto con il governo Monti non possa precipitare nei prossimi mesi. Ma per adesso la spina non viene staccata. Non una scelta da «mezza cartuccia», ma da statista intero. Gli avversari di Berlusconi dovrebbero avere l’onestà intellettuale di riconoscerlo. Potrebbero seguire l’esempio dello stesso Monti: che infatti si rifiuta di liquidare sprezzantemente l’esperienza del governo che l’ha preceduto.

di Pierluigi Battista, dal Corriere
27 gennaio 2012 |

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