martedì 1 febbraio 2011

Cresce l'estrazione di greggio in Basilicata. Ma non tutti sono d'accordo!!!!

Sulle attività di estrazione del petrolio in Basilicata si è insediato un tavolo di lavoro Stato-Regione. Il governo ha riconosciuto la Regione Basilicata come “strategica” per l’Italia in quanto maggiore fornitrice di greggio. I due grandi giacimenti petroliferi della Basilicata, ubicati rispettivamente in Val d’Agri e nell’alta Valle del Sauro, rappresentano la massima parte delle estrazioni petrolifere nazionali, offrendo un importante contributo alla bilancia nazionale dei pagamenti per la “bolletta energetica”. In particolare il giacimento della Val d’Agri è il più grande dell’Europa continentale e garantisce all’Italia oltre l’80% della produzione nazionale di greggio coprendo circa il 6% del fabbisogno. L’entrata in esercizio di Tempa Rossa porterà un incremento del 40% della produzione petrolifera nazionale con un’ulteriore riduzione della dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento energetico. Su Tempa Rossa è stato aggiornato il cronoprogramma: entrerà in produzione nel 2015. Con queste credenziali, la piccola regione meridionale chiede a gran voce di potersi sedere al tavolo con il governo rivendicando un ruolo di polo di eccellenza dell’energia e uno reale sviluppo per le proprie aree interne per fare da contraltare alle spinte, sempre più pressanti, degli ambientalisti e dell’opinione pubblica che non vuole più trivelle. Secondo i dati dell’Ufficio minerario (Unmig) del Ministero dello Sviluppo economico, in Basilicata nel 2010 sono stati estratti 919.218.496 metri cubi standard (smc) di gas naturale e 2.843.935.610 kg di greggio, questi ultimi quasi del tutto estratti dall’Eni in Val d’Agri. Il picco dell’estrazione petrolifera si è avuto finora nel 2005 con 4.386.035.577 kg. La quota totale è destinata ad aumentare notevolmente quando entreranno in produzione gli impianti della Total (concessione “Gorgoglione”) a Tempa Rossa. Le attività di coltivazione di idrocarburi hanno fatto cadere sulla Basilicata una pioggia di royalties: solo nel 2010 sono stati 65 milioni di euro, in larga parte investiti nel comprensorio di Viggiano (Potenza), centro nevralgico dell’estrazione dell’Eni. Le royalties sono inoltre servite per finanziare 30 progetti per la realizzazione di infrastrutture del gas metano, 10 in provincia di Matera e 20 in provincia di Potenza. Al momento sono operativi 68 pozzi con le concessioni vigenti e 8 centri di raccolta e trattamento. Un numero destinato a crescere se andranno in porto le 18 istanze per permessi di ricerca in terraferma (non tutte perchè di alcune di esse l’iter si è fermato). Ci sono inoltre due istanze per la concessione di stoccaggio in terraferma. La più importante, che avanza verso il via libera, è della società russa Geogastock che vuole realizzare un mega-impianto a Ferrandina (Matera). Con questi numeri la Basilicata si candida come “polo dell’eccellenza energetica, con la localizzazione di aziende all’avanguardia nel settore e di centri di formazione di livello mondiale”. La richiesta del presidente Vito De Filippo è stata accolta dal sottosegretario allo sviluppo economico, Stefano Saglia, in occasione della prima riunione del Tavolo congiunto tra Regione e governo. Il governo acconsente a “creare in Basilicata, strategica nella produzione primaria di energia, una rete di imprese che migliorino l’occupazione e le infrastrutture e che sia centrale nell’ambito degli investimenti per il Piano per il Sud”. Una proposta operativa sarà pronta entro la fine di febbraio dopo ulteriori incontri in cui saranno elaborate le misure e gli investimenti per creare sviluppo e posti di lavoro. Una delle maggiori critiche che risuona in Basilicata sulla “svolta petrolifera” intrapresa da oltre 10 anni è proprio sulla mancata occupazione creata. L’estrazione del petrolio crea solo qualche decina di posti di lavoro ma, royalties a parte, provoca un ingente impatto ambientale per l’inquinamento, le lacerazioni al paesaggio ed al territorio, i flussi di mezzi pesanti. Non c’è giorno in cui le associazioni non gridino all’allarme per le emissioni o per il rischio di nuove trivellazioni. Un film già visto perchè si rivendica la vocazione ai parchi naturali, all’agricoltura di qualità ed al turismo paesaggistico per rilanciare la propria economia rispetto ad investimenti di grande impatto ambientale e scarsi risvolti occupazionali. Per questo ora la Regione alza la mira e chiede un adeguato ritorno economico rispetto alla compromissione di parti del suo territorio.
Fonte: glitaliani.it

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