martedì 22 febbraio 2011

Sondaggio: Bersani batte
Berlusconi di sette punti

di Maria Zegarelli | tutti gli articoli dell'autore
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Disposto a tutto non pur di non andare al voto perché i sondaggi stavolta raccontano un’altra storia: Silvio Berlusconi perderebbe le elezioni inchiodato a percentuali che per la prima volta segnano il crollo dei consensi tra gli elettori. Questo dice l’indagine effettuata da Renato Mannheimer e illustrata ieri a Porta a Porta. Al centrosinistra guidato da Bersani andrebbe il 36% dei consensi, fermando Berlusconi al 29 se a guidare il terzo polo fosse Casini, che si attesterebbe al 15%, mentre il centrosinistra guidato da Bersani avrebbe il 39% e il centrodestra guidato da Berlusconi solo il 30% se a guidare i terzisti fosse Fini. «È la prima volta da mesi che il centrosinistra dimostra di avere delle possibilità», nota Mannheimer. Inoltre, Bersani candidato premier, convince un numero più alto di elettori rispetto alla presidente del partito, Rosy Bindi, che si assesterebbe al 34%, facendo salire il centrodestra al 29.

Conferme del cambio di vento arrivano anche da un sondaggio riservato, arrivato da pochi giorni nei cassetti del Nazareno, effettuato dalla Ipsos subito dopo la manifestazione del 13. Se si dovesse andare oggi al voto il 26,2% degli intervistati sceglierebbe il Pd, il 9,3% Sel e il 6,2 l’Idv, mentre il 28% voterebbe Pdl, l’11,4% Lega, il 6 l’Udc e il 5% Fli. Dati confortanti soprattutto dopo l’affossamento della santa alleanza da parte di Casini: Pd, Sel e Idv potrebbero farcela senza ulteriori allargamenti.

Ma le buone notizie che arrivano dai sondaggi - da prendere con le molle ad elezioni neanche annunciate - vengono stemperate dalla polemica interna al Pd sul ripristino dell’immunità parlamentare. I democratici sono «assolutamente contrari. Oggi in Italia chiunque venga accusato di prostituzione minorile va a processo e non si possono accettare leggi speciali per il premier. Noi siamo per ribaltare l’agenda e per dire che è ora di mettere all’ordine del giorno non l’immunità ma regole, onestà e sobrietà», dice Bersani mentre il Pdl dà mandato al comitato tecnico di ministri e esperti - che si incontrerà oggi per mettere a punto l’attacco finale a magistratura e istituzioni - di occuparsi anche dello scudo parlamentare.

Lo stesso capogruppo alla Camera, Dario Franceschini, l’altro giorno su l’Unità e ieri da Montecitorio ha ribadito la linea: «Siamo contrari senza alcuna ambiguità. Non esiste che per bloccare i processi a Berlusconi si dia l’immunità non solo a lui ma anche agli altri 994 parlamentari». Ma nel partito del Nazareno non tutti la pensano allo stesso modo.

Franca Chiaromonte, che ha presentato un Ddl nel 2009 (firmato anche da senatori del Pdl) per reintrodurla «per una profonda convinzione che porto avanti da anni e che si basa sulla preoccupazione che ebbero i padri costituenti quando scrissero l’articolo 68», non torna sui suoi passi. «Non ho nessuna intenzione di ritirarlo - dice -, si tratta di una iniziativa personale e trasversale. Poi se e quando dovesse andare in aula vedremo».

Più disponibile, invece, Silvio Sircana, cofirmatario del testo: «A me pareva di poter dare un contributo intelligente per dare un senso diverso ad un dibattito che si trascina ormai da troppo tempo, ma se il partito decide diversamente non ne faccio una malattia, io sono un parlamentare disciplinato». Al Nazareno tagliano corto: «Per noi il discorso è chiuso, quello dell'immunità è un istituto che esiste in altri Paesi, ma non è certo nelle priorità del Pd». Tace, per ora, Beppe Fioroni che deciderà insieme ai parlamentari di Modem durante l’incontro previsto per domani, mentre il parisiano Mario Barbi, in una lettera inviata a tutti i suoi colleghi in parlamento non condivide la linea adottata sul Ruby-gate e ritiene l’immunità «il male minore». «Se la condotta di Berlusconi è riprovevole - scrive - , l'azione della procura milanese è spaventosa e suscita più di un timore per l'ingerenza nella sfera politica, per la presuntuosa supplenza della società civile e per l'allarmante scivolamento di funzione dal “presidio di legalità” al “presidio di moralità”. Di tutto questo però nel Pd non si parla. Né vi si può nemmeno fare cenno. Perché l'imperativo è sempre e solo uno: liquidare Berlusconi, con ogni mezzo, non importa con quale mezzo». Secco no da Fli: «Non ci sono le condizioni non per approvare ma neanche per proporre ipotesi di immunità parlamentare», fa sapere Fabio Granata, mentre Antonio Di Pietro ironizza: «Ripristinare ora l'immunità sarebbe come consegnare le chiavi della cassaforte alla banda Bassotti». E no anche da Savino Pezzotta, dell'Udc, «sarebbe grave approvare l’immunità».
21 febbraio 2011
Dall'Unità

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