
Vediamo i fatti. Dei tre referendum che saranno votati alla metà di giugno, il più significativo sembrava essere quello sul «legittimo impedimento»: un'occasione di mobilitazione per tutti gli anti-Berlusconi e un'opportunità per Di Pietro di ritrovare una parte da primo attore nella commedia italiana. Ma la tragedia del Giappone rimette al centro il tema dell'energia nucleare. E così il secondo referendum voluto dall'Italia dei Valori, formulato per respingere la costruzione di nuovi impianti sul territorio nazionale, diventa cruciale (il terzo quesito, sull'acqua pubblica, resta sullo sfondo).
Per il momento la questione mette in difficoltà il governo Berlusconi e tutti i «nuclearisti» italiani. Ieri il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, si è spinta a sostenere che «non cambierà nulla nel programma di rientro dell'Italia nel nucleare europeo». Ma è sembrata un'affermazione un po' troppo ottimista. Qualcosa cambierà: se non altro, nella migliore delle ipotesi, per quanto riguarda gli «standard» di sicurezza, i controlli tecnologici, la scelta dei siti.
Tuttavia gli esiti di questa svolta anti-nucleare nell'opinione pubblica peseranno soprattutto sul profilo del centrosinistra. Se mai i tre referendum dovessero toccare il «quorum» sulla spinta psicologica del Giappone, quel giorno potrebbe costituire un nuovo inizio per il Partito democratico.
Si capisce perché. Il quorum sul nucleare, e di conseguenza la vittoria dei referendari, porterebbe con sé, per effetto di trascinamento, il quorum e la vittoria sul «legittimo impedimento» (oltre che sull'acqua). Sarebbe una sorta di trionfo degli intransigenti, ben rappresentati dal duo Vendola e Di Pietro. L'estrema cautela che caratterizza Bersani e il gruppo dirigente del Pd dovrebbe fare i conti con la realtà. Non a caso un giovane come il lombardo Civati, membro della direzione e fino a qualche tempo fa stretto alleato di Matteo Renzi, ha già detto che il partito deve far sua a viso aperto la battaglia referendaria. Per non rischiare di regalare la svolta ai capi di due formazioni esterne al Pd, l'Italia dei Valori e Sinistra e Libertà.
Di sicuro un nuovo «no» degli italiani al nucleare, raddoppiato dall'abolizione del «legittimo impedimento», cambierebbe il volto del centrosinistra. Renderebbe impossibile allentare il legame anche elettorale con Di Pietro e Vendola. Fin da adesso, peraltro, ci sono deboli margini per qualsiasi dialogo sulla riforma della giustizia tra il Pd e la maggioranza di governo.
Stefano Folli
Fonte : il sole 24 ore
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