L'altra storia, l'altra Italia : quella dei vinti.
Dal movente politico filo-borbonico alla criminalità comune. Finì all’ergastolo e morì in cella
Il «generale dei briganti»
che tenne in scacco il Nord
Carmine Crocco instaurò a Melfi un governo provvisorio
Dal movente politico filo-borbonico alla criminalità comune. Finì all’ergastolo e morì in cella
Il «generale dei briganti»
che tenne in scacco il Nord
che tenne in scacco il Nord
Carmine Crocco instaurò a Melfi un governo provvisorio
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Un ritratto del «generale» |
Carmine Crocco Donatelli non era un ufficiale dell’ultimo re di Napoli, bensì un umilissimo pastore di Rionero in Vulture, che aveva disertato nel 1852 dall’esercito borbonico dandosi alla vita brigantesca. Perché l’avesse fatto, non è chiaro: con ogni probabilità, in seguito all’uccisione da parte sua d’un commilitone (o d’un superiore) per ragioni che ignoriamo. Nessun fondamento ha invece la storiella (da lui narrata nell’autobiografia e ancor oggi ripetuta da molti) del delitto d’onore, ch’egli avrebbe commesso per salvare la sorella Rosina, insidiata da un signorotto locale. Già nel 1903 Eugenio Massa, pubblicando le memorie del brigante, dimostrò che a Rionero non aveva avuto luogo nessun omicidio all’epoca e nelle circostanze indicate da Crocco.
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Un gruppo di briganti |
I fatti clamorosi della primavera 1861 mostrarono quanto fragili fossero, nel Mezzogiorno, le basi politiche dello Stato italiano appena sorto. Ma solo pochi mesi prima, alla vigilia dello sbarco di Garibaldi in Calabria, la Basilicata era stata teatro di ben altri avvenimenti, con la vittoriosa insurrezione contro i Borboni. Ancorché pochissimo nota, la rivoluzione lucana del 1860 fu una delle pagine più belle del Risorgimento. Il centro politico e l’anima del movimento risorgimentale in Basilicata, all’epoca della spedizione dei Mille, fu la cittadina di Corleto Perticara. Oggi questo nome non dice granché agli storici del Risorgimento. Eppure, in un articolo apparso il 21 settembre 1860 nella New-York Daily Tribune, Friedrich Engels seppe individuare proprio in «Carletto Perticara» (com’egli scriveva erroneamente) il centro del movimento insurrezionale in Lucania, basandosi sulle scarne notizie a sua disposizione.
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Briganti in una stampa d’epoca |
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L’avviso di taglia per Crocco (20 mila lire) |
La situazione generale era, nel frattempo, mutata. La mancata assegnazione delle terre demaniali ai nullatenenti e l’introduzione dell’invisa coscrizione obbligatoria disamorarono la povera gente dal nuovo governo; e la stolida e brutale reazione dei funzionari piemontesi al crescente malcontento popolare diede alimento alla propaganda borbonica. Anche il basso clero, che aveva simpatizzato per il moto risorgimentale, mutò atteggiamento in seguito alla improvvida legislazione antiecclesiastica del 17 febbraio 1861. Nella primavera 1861 i notabili filoborbonici trovarono il loro capitano di ventura in Crocco, vellicandone lo smisurato amor proprio e usandolo per i loro fini. Sulle prime, il pastore di Rionero, stregato dagli onori ricevuti e dalle mirabolanti promesse, credette davvero nel suo ruolo di «generale di Francesco II». Ma, ben presto, dopo la sconfitta della «reazione», egli prese ad agire per conto proprio, mirando soprattutto a salvare e consolidare il suo esercito brigantesco.
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Crocco eroe popolare nelle tavole dei cantastorie (Immagini del museo «La Tavern R Crocc») |
Condannato all’ergastolo nel 1872, Crocco morì nel 1905 nel bagno penale di Portoferraio. In carcere egli tenne una condotta irreprensibile, nella speranza di poter rivedere un giorno la sua Rionero. Non gli fu concesso. Lo Stato unitario, la cui insana politica era stata per molti versi responsabile della grande mattanza, mostrò con lui il suo volto più implacabile e ferrigno. Lo psichiatra Pasquale Penta, il quale visitò Crocco in carcere, scrisse di lui nel 1901 che non era un «folle morale» né un «delinquente nato»: era «capace di bene e di male, di generosità e di malvagità, di affetto e di collera cieca, che potevano mostrarsi o prevalere, a seconda le circostanze e gli uomini». Il professor Penta vide giusto: furono le circostanze storiche a fare di Crocco il più famoso e temuto masnadiero dell’Italia unita.
Autore del volume Carmine Crocco.
Un brigante nella grande storia
Ettore Cinnella
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