lunedì 21 marzo 2011

Schiaffo pubblico all'etica dell'economia
Il comune di Modena ha recentemente aggiudicato un appalto per l'affidamento della manutenzione stradale indicando espressamente che i lavori sarebbero cominciati il prossimo giugno, ma i pagamenti all'impresa appaltatrice sarebbero avvenuti a lavori ultimati, nel 2014.
Un atto di trasparenza, se vogliamo, rispetto alla tecnica del rinvio senza certezze seguita da tanti enti locali. Al tempo stesso, però, il segno di una definitiva capitolazione al grande male del momento: le casse vuote degli enti locali per effetto del patto di stabilità (che dal 2008 si applica anche ai pagamenti in conto capitale) e il conseguente ritardo di pagamenti alle imprese che non di rado raggiunge punte superiori a un anno e mezzo.
L'appalto del comune di Modena mostra una sua intelligenza mefistofelica anche per un'altra ragione: il patto proposto alle imprese consente intanto di fare l'investimento e di non bloccare importanti servizi ai cittadini, scaricando però sull'impresa il conto del ritardo delle disponibilità di cassa.
Modena è la punta dell'iceberg di una situazione drammatica. I tagli alle casse degli enti locali si traducono in difficoltà enormi per numerose piccole imprese che rischiano non di rado la chiusura, pur avendo adempiuto con precisione agli obblighi contrattuali. Anzi, proprio per aver adempiuto a quegli obblighi contrattuali, che la controparte, la pubblica amministrazione, ignora e spesso dileggia, non senza punte di arroganza da stato-padrone a cittadini-sudditi.
Si sottovaluta la pericolosità per l'intera economia italiana di questo cancro che può provocare effetti diffusi e incontrollabili sul piano della struttura imprenditoriale del paese ma anche dell'etica economica: con il metodo del "tirare a campare" non si colpiscono le imprese che hanno truffato, quelle che hanno rinviato l'appalto con qualche trucco per far lievitare i costi, quelle che hanno i bilanci in dissesto, né quelle infiltrate dalla criminalità mafiosa.
Se proprio fosse necessario fare una selezione di mercato, sarebbe giusto partire da quelle imprese che hanno infranto qualche regola essenziale della convivenza civile o economica. Invece no. Si colpiscono imprese che nella gran parte dei casi sono sane e capaci, le si strangola costringendole a indebitarsi per coprire i costi dei lavori sostenuti, le si abbandona a se stesse in un girone infernale fatto di continui rinvii, di carte bollate infinite e strumentali, di dinieghi senza motivazione, di rimpalli da un ufficio all'altro. Ci sono ormai centinaia di storie di imprese e di imprenditori che raccontano questa sciagura.
Le inchieste e i numeri che presentiamo oggi parlano da sole. I pagamenti delle autonomie locali alle imprese si sono ridotte di quasi sette miliardi (3 miliardi dai comuni, 500 milioni dalle province, 3,3 miliardi dalle regioni). I dati del ministero dell'Economia confermano quel crollo degli investimenti che Il Sole 24 Ore denuncia da mesi: -31% per le province, -17% per i comuni.
C'è qualcuno che ha un'idea che consenta di uscire rapidamente da questa situazione?
Si è tentato già con alcune norme, ma si è avuta spesso l'idea che la soluzione fosse scelta più per complicare le cose anziché risolverle, come denunciò per esempio l'Ance (l'associazione dei costruttori), quando due anni fa si introdusse nella manovra economica una norma che avrebbe dovuto consentire la cessione alle banche dei crediti con la pubblica amministrazione. I vincoli inseriti nella certificazione del credito da parte dell'ente locale dimostravano che il problema non si voleva affrontare davvero e così è andata. Tanto che i vincoli hanno prodotto nuova burocrazia, nuovi inutili e faticosi tentativi senza sostanziali risultati.
Ora ci prova lo statuto delle imprese, approvato in prima lettura dalla Camera: all'articolo 9 vieta deroghe unilaterali nelle transazioni commerciali, rende nulla la rinuncia agli interessi di mora, propone un nuovo sistema di diffide, fa intervenire l'Antitrsut per comminare sanzioni a pubbliche amministrazioni e grandi imprese che non rispettino i termini di pagamento per appalti e subappalti.
Passi avanti importati. Ma passi avanti che sono ancora solo sulla carta e che ora dovranno essere verificati alla prova della realtà.
Se si avesse davvero la consapevolezza della gravità della situazione, si potrebbe semplicemente recepire la direttiva comunitaria, come ha fatto la Francia, con gli interessi di mora all'8% e sanzioni efficaci per chi non paga. Non risolverebbe i problemi di cassa degli enti locali, che hanno bisogno di un allentamento del patto di stabilità per le spese in conto capitale, ma reintrodurrebbe elementi di eticità negli affari della pubblica amministrazione e avvicinerebbe la programmazione alla realtà senza troppe fughe in avanti a danno dell'impresa.
Dal "Sole 24 ore

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