"Ragazzi, me ne vado"
Il tecnico aveva deciso già ieri sera di chiudere la sua avventura al Barcellona ma prima dell'annuncio voleva parlare con i suoi giocatori. "Lascio perchè sono stanco, ma sono orgoglioso di quanto fatto". Nominato già il nuovo tecnico: è l'attuale secondo, Tito Vilanova
di ANDREA SORRENTINO, da Repubblica
BARCELLONA - E' arrivata la notizia che la Catalogna non avrebbe mai voluto ascoltare, ma che era nell'aria da giorni: "Pep se va". Pep Guardiola lascia la panchina del Barcellona dopo quattro anni indimenticabili, che hanno segnato la storia del calcio mondiale. Guardiola, 41 anni, ha comunicato la sua decisione alla squadra intorno alle 11, nello spogliatoio, poco prima di iniziare l'allenamento. Poco prima aveva ufficializzato la sua decisione anche al presidente Sandro Rosell, dopo un incontro iniziato alle 9 del mattino nella cittadella sportiva del Barcellona. Guardiola si era insediato sulla panchina blaugrana il 17 giugno 2008, quando l'allora presidente Juan Laporta aveva annunciato l'ingaggio del Pep come successore di Frank Rijkaard. Si racconta che nei giorni precedenti, quando Laporta era indeciso sul da farsi, Guardiola avesse forzato la mano del dirigente con una provocazione: "In panchina deve andarci io, ma forse tu non hai le palle per consegnarmela". Guardiola del resto non aveva mai allenato una squadra professionistica, fino a quel momento aveva solo diretto la squadra B del Barça e non aveva esperienza ad altissimi livelli, ma alla fine convinse Laporta, anche aiutato dal suo principale sponsor che è sempre stato Johann Cruyff. Pep Guardiola ha guidato il Barça più spettacolare e vincente di sempre, 13 trofei in quattro stagioni cui bisogna aggiungere i tre Palloni d'oro consecutivi vinti da Lionel Messi: Guardiola e il Barcellona insieme hanno vinto tre campionati spagnoli, due Champions League, due Mondiali per club, due Supercoppe d'Europa, tre Supercoppe di Spagna e una Copa del Rey.
Le dimissioni di Guardiola sono state annunciate in conferenza stampa dal presidente Rosell, seduto al fianco del tecnico e del direttore sportivo Zubizarreta, mentre in platea sedevano molti giocatori (ma non Messi). Poco dopo le 13.30, l'annuncio di Rosell: "Guardiola non sarà più il nostro allenatore. Lo ringraziamo per aver migliorato il nostro club, onorando i valori e la bandiera del Barça. La nostra gratitudine va al miglior allenatore della nostra storia". Dopo un bacio col presidente, Guardiola ha spiegato (sempre rigorosamente in catalano, non certo in castigliano): "Non è una situazione semplice per me. Mi dispiace per l'incertezza che si è creata, e se qualcuno ha messo in dubbio il mio impegno e la mia serietà negli ultimi mesi. Ma io sono stato anche un giocatore del Barcellona, questa è sempre stata casa mia e la decisione è stata difficilissima. Ma quattro anni sono un'eternità per un allenatore del Barcellona. A ottobre e a dicembre avevo già comunicato al presidente le mie intenzioni, ma non volevo dirlo ai giocatori e alla stampa, non potevo farlo, c'erano tante competizioni importanti ancora da giocare. Ma rimanere qui vuol dire essere presente ogni giorno, con grande energia per contagiare la squadra e l'ambiente, con grande concentrazione ed enorme passione. Per i giocatori ho una stima infinita, sono stato un privilegiato a poterli allenare, ho cercato di farlo con passione e impegno. Nessuno può immaginare cosa abbia rappresentato per me raggiungere certi risultati e vedere la qualità del gioco che abbiamo espresso. Ma ora devo fermarmi. Il responsabile unico della mia decisione è il tempo. La stanchezza e la fatica, ecco: quattro anni a questi livelli sono un'eternità e adesso sono stanco. La forze e la vitalità di questo club le conoscono tutti e so che continueranno alla grande. me ne vado sapendo di aver dato il massimo, ho una sensazione di pienezza. Ma a un certo punto ho capito che il mio ciclo era finito". Quanto al suo futuro, a domanda precisa Guardiola risponde: "Cosa farò? Non lo so. Non credo di aver voglia di ricominciare subito ad allenare. Non è un obiettivo andare ad allenare all'estero. Non c'è prova più grande di allenare il Barcellona. Arriverà un giorno in cui diro 'cazzo, voglio tornare ad allenare'. E, se sarà possibile, allenerò. Ma nella mia vita non c'è solo il calcio. Ed è quello che dico sempre ai miei giocatori. La vita è anche altro. Il calcio prima o poi finisce".
Rosell ha poi preso la parola per annunciare che "al 99%" il nuovo allenatore del Barcellona sarà Tito Vilanova, cioè colui che è stato il vice di Guardiola in questi anni, e che all'inizio di questa stagione era stato colpito da una grave malattia (un tumore alla parotide) da cui sembra essersi prontamente ripreso dopo un'operazione lo scorso 22 novembre: "Come ogni scelta anche questa comporta dei rischi - ha spiegato il ds Zubizarreta - ma crediamo che Tito sia l'uomo giusto".
La decisione di Guardiola era nell'aria da molti mesi. Già un anno fa, dopo la Champions trionfalmente vinta a Wembley contro il Manchester United, Guardiola aveva pensato a lungo se rimanere o no, poi aveva prolungato il contratto di un altro anno. Ma di recente era emersa la sua stanchezza, e pare che anche i rapporti con una parte dello spogliatoio non fossero più idilliaci come un tempo: normale, dopo quattro anni e tanti successi vissuti insieme, che certe dinamiche interne non fossero più quelle di una volta. Così si è arrivati al passo d'addio, dopo un'avventura che comunque rimarrà ineguagliabile per qualità e spettacolarità del gioco, e che segnerà per sempre la storia del calcio moderno: il modello Barcellona sarà un punto di riferimento negli anni e nei decenni a venire, e come ogni modello perfetto sarà inarrivabile, e vanterà decine o centinaia di imitatori che arrancheranno nel tentativo impossibile di replicare la perfezione.
Ora per Guardiola si apre un'altra parentesi di vita, umana e professionale. E' fin troppo chiaro che mezza Europa lo stia tirando per la giacchetta, reclamandone i servigi. Al momento l'ipotesi più concreta, confermata oggi da lui stesso, è quella di un Guardiola che dovrebbe prendersi un anno "sabbatico", di riposo e di completa lontananza dal calcio, magari dedicandosi alla sua passione più divorante: il golf, di cui vorrebbe diventare giocatore professionista. Poi ci sono le suggestioni che arrivano dall'Inghilterra: gli sceicchi del Manchester City lo hanno contattato da tempo, e lui li sta facendo aspettare in attesa di un sì o di un no; di recente sarebbe arrivata anche una chiamata dalla federazione inglese che cerca un ct per la Nazionale dopo gli Europei, e anche lì tutti sono in attesa di una risposta. Ci sono poi le piste italiane, Inter e Milan ma pare anche la Roma, solo che i nostri club molto difficilmente potrebbero sostenere i costi per l'ingaggio del Pep, cioè una cifra vicina ai 10 milioni a stagione. Senza contare che un interrogativo rimane comunque: riuscirà Pep Guardiola a replicare il suo stesso tipo di calcio, ad applicare perfettamente le sue idee anche in contesti diversi da quello del Barcellona, che rappresenta un modello unico al mondo quanto a organizzazione e senso di appartenenza che riesce a instillare nei suoi giocatori? Il Guardiola catalano e barcelonista, allenatore della squadra in cui ha giocato fin da bambino e con giocatori che nella maggior parte dei casi avevano le sue stesse origini, è esportabile anche fuori dall'amata greppia? Sono questi interrogativi che peseranno sul suo futuro da allenatore, ammesso che ce ne sia uno. Quanto al passato, il calcio mondiale in un giorno come oggi non può che inchinarsi e rendere omaggio a Pep Guardiola, al suo Barcellona e al suo magnifico gioco: per quattro anni ci hanno regalato brividi, emozioni, sussulti, ammirazione, gioia completa, appagamento totale. Il calcio era una cosa bellissima, ai tempi del Barcellona di Pep. (27 aprile 2012)
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