di PAOLO BAFFARI, da www.democraziakmzeo.org
Il Messico rappresenta un paradigma delle conseguenze devastanti delle politiche del nuovo capitalismo coloniale del FMI, della Banca Mondiale e del WTO. Le strategie delle privatizzazioni, liberalizzazioni e degli accordi internazionali mercantili hanno consentito ai poteri finanziari ed economici, in particolare statunitensi e canadesi, di depredare le risorse, le materie prime e i beni comuni del Messico: dapprima sradicando le comunità locali dalle loro terre, privandole delle loro antiche economie di sussistenza, delle antiche tradizioni, dei rapporti e delle garanzie sociali comunitarie; quindi concentrando milioni di persone in megalopoli disumane come Città del Messico, e trasformando le terre liberate in monocolture industriali, in aree di prelievo di risorse e materie prime, in enormi discariche di rifiuti. Le politiche di crescita economica e di sviluppo imposte dai “nuovi padroni globali” hanno ridotto il Messico a un’immensa discarica di rifiuti, a un’area tra le più inquinate e degradate del mondo, a uno spazio con conflitti sociali esplosivi e con un livello di miseria, disoccupazione e sottoccupazione allarmanti, ma perfettamente funzionali a chi utilizza questa terra come riserva di materie prime, di risorse economiche, di mano d’opera a bassissimo costo (e senza diritti).
Questa è la cornice di civiltà, di progresso e di benessere che la società della crescita e del Pil sta prospettando, osannando a uno sviluppo economico menzognero, che tace sulle esternalità negative che produce: malattie, inquinamento, degrado e disaggregazione sociali, impoverimento delle terre, depredazione dei beni comuni, sottrazione dell’autonomia delle comunità locali, dipendenza dalle banche e dalle multinazionali, perdita della sovranità dei governi e dei popoli, morte della democrazia). Uno sviluppo che è reso possibile solo depredando e distruggendo i beni forniti gratuitamente dagli ecosistemi e dalla madre Terra; usurpando, privatizzando e depredando.
Questa è la cornice rispetto alla quale si sta tentando di sperimentare in Basilicata ciò che, a scala più vasta, è stato già realizzato in Messico, su una terra povera (secondo i parametri economici classici), poco popolata e sottoposta a una storica dominazione, dai Romani ai democristiani, attraverso Borboni, Piemontesi, poteri clerico-massonici, fascisti: sono cambiati i nomi, i volti, i modi, la sostanza è rimasta la stessa.
Da quando negli anni cinquanta il senatore a vita Emilio Colombo favorì l’industrializzazione della Val Basento, con l’arrivo della Liquichimica di Pisticci e dello sfruttamento del gas naturale (il libro di Leonardo Sacco “Il cemento del potere” è illuminante a tal proposito) fino agli anni novanta, quando l’AGIP (ora ENI) cominciò le sue prospezioni geotecniche a tappeto per verificare la presenza e la consistenza di idrocarburi nel terreno, la Basilicata è diventata sempre più vicina al Messico, e alla Nigeria, e a tutte le terre di conquista dei nuovi predoni del XX e XXI secolo.
Oggi questa terra antica è praticamente nelle mani delle multinazionali del petrolio (le principali, ENI e TOTAL), della grande industria (Fiat in primis), delle multinazionali dell’acqua (la peggiore: Coca Cola), delle multinazionali dei rifiuti e degli inceneritori/centrali a biomasse (tra cui Veolia), delle multinazionali dell’eolico e del fotovoltaico. Anche l’agrobusiness sta facendo il suo ingresso, con la nascita di un fenomeno preoccupante, l’abbandono delle terre da parte degli agricoltori e l’acquisto di vasti appezzamenti da parte delle multinazionali: le strenue lotte dei nostri padri per l’abbattimento del latifondismo e per la ridistribuzione delle terre si sta vanificando di fronte a un nuovo latifondismo, più potente e pericoloso. La Basilicata si sta trasformando in un “laboratorio Messico”: in una riserva di materie prime e risorse energetiche – soprattutto con il memorandum petrolio e con l’ultimo Decreto Monti che praticamente estendono le perforazioni petrolifere a tutto il territorio regionale – in un deposito di rifiuti (leciti e illeciti), in un probabile deposito unico di scorie nucleari, in un’area di produzione di energia da nuove fonti (biomasse+cdr, eolico e fotovoltaico selvaggi), in future zone di monocolture industriali (se resterà terra a sufficienza).
Intanto il laboratorio Fiat-Marchionne sta già attuando la repressione dei diritti e la discriminazione dei lavoratori. Il tutto nella più assoluta libertà di manovra e di azione da parte delle multinazionali, che si sono ormai stabilmente insediate in queste terre.
Se una differenza con il Messico sussiste, riguarda l’impossibilità di creare qui una megalopoli, solo perché la densità di popolazione è sempre più rada, ma il massacro urbanistico di Potenza (casualmente iniziato anch’esso all’epoca del dominio di Colombo) e quello che si sta attuando anche a Matera, nella sostanza seguono la medesima logica di massificazione, di costruzione di degrado e disintegrazione sociale, di centralizzazione e concentrazione, di dequalificazione della qualità della vita, a favore di interessi privati (cemento e automobili soprattutto).
Questa terra non ha bisogno di lavoro miserevole, precario e degradante della grande industria, non ha bisogno di inutili e dannose royalties, non ha bisogno di predoni, non ha bisogno di un governo e di una classe dirigente feudali.
Questa terra ha bisogno di legittimare i diritti di natura (la sacralità e l’inviolabilità dei beni, dei patrimoni comuni e dei sistemi viventi che non ci appartengono: acqua, terra, montagne, boschi, colline, paesaggi, coste), di nuove forme di governo costruite sulla democrazia partecipata e sulla responsabilità comune, di reinventare lavoro libero ed economie locali, di autonomia energetica prodotta in maniera pulita e decentrata, di riscoprire la cultura antica della condivisione e dello scambio (di prodotti, di conoscenze, di saperi), di forme sociali di assicurazione collettiva e di auto-organizzazione.
Qualcosa si sta muovendo: è tutto il fervore di attività, azioni e iniziative dei movimenti, delle associazioni, dei comitati e dei gruppi spontanei che sono nati e si moltiplicano in Basilicata e che si mobilitano a difesa della democrazia, dei diritti al lavoro e alla salute, contro le aggressioni di ogni tipo al territorio, per sperimentare forme di partecipazione, di condivisione e di organizzazione di altre forme di politica, di relazioni, di economia, antagoniste a questo sistema politico tecnocratico, che nasconde ideologie reazionarie e repressive sotto inconfutabili scelte tecniche, e a questo sistema di mercato capitalistico che vuole trasformare tutto in merce (anche la vita) da manipolare, depredare e trasformare in rifiuto: laboratorio Messico o laboratorio di un mondo altro!
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