sabato 21 aprile 2012

Europa, il giorno del giudizio


di Adriana Cerretelli, da il Sole 24 Ore, 19 aprile 2012

In un'altra giornata negativa per Borse in calo e spread in aumento, crolla l'attività dell'edilizia nell'eurozona: in Italia retrocede del 9,9%, in Germania addirittura del 17,1%, ben più del doppio della media del 7,1%. Altro brutto segno per Berlino che già settimana scorsa aveva dovuto ingoiare il rospo di un'asta di bund decennali parzialmente disertata dai mercati per eccesso di ribasso dei tassi di rendimento. Ancora più brutto il segnale per l'Europa provata dalla recessione e senza prospettive di crescita a breve.

«La crisi dell'euro non è finita. Altro che il compiacimento che soltanto un mese fa ostentavano in quest'aula tutti insieme i presidenti del Consiglio Ue, dell'Eurogruppo e della Bce affermando il contrario» ha tuonato ieri a Strasburgo l'ex-premier belga Guy Verhofstadt, oggi capogruppo dei liberali nell'europarlamento.
La crisi c'è e rischia di aggravarsi. I rimedi cavalcati finora non bastano a fermarla: non il rigorismo fanatico e nemmeno il Fondo salva-Stati permanente dalle risorse inadeguate, non la ristrutturazione del debito greco, né l'iniezione di 1000 miliardi di liquidità nelle banche da parte della Bce e neppure l'acquisto di debiti sovrani per oltre 100 miliardi tra Portogallo, Spagna e Italia. La riprova? I tassi di interesse nell'area mediterranea sono tornati ai livelli di sei mesi fa, gli spread lievitano dovunque, ora anche in Francia e in Belgio.

Una strategia europea per la crescita insieme alla mutualizzazione, almeno parziale, del debito sono i due mantra sbandierati con sempre maggiore insistenza un po' dovunque, con la solita e macroscopica eccezione tedesca, sostenuta dai nordici. Come dire che, anche se ieri le hanno ribadite il presidente della Commissione Ue e l'europarlamento, entrambe le proposte sono destinate a girare a vuoto. O, che è poi la stessa cosa, a richiedere tempi biblici solo per cominciare a essere discusse. Anche se ieri il commissario Olli Rehn ha rilanciato il progetto dei project bond per l'estate.

Questa volta però il gioco dei dinieghi continuati rischia di farsi molto duro. Perché l'inerzia economico-finanziaria promette di incrociarsi con possibili nuove variabili politiche, creando una miscela esplosiva, molto propizia alla speculazione. Sarà il 7 maggio il grande giorno del giudizio sui mercati, anche se c'è chi giura che un primo assaggio ci potrebbe essere già lunedì, all'indomani del primo turno delle presidenziali francesi.

Tra poco più di due settimane, domenica 6 maggio, si concluderà la sfida per l'Eliseo in Francia, si terranno le legislative in Grecia, le amministrative in Italia e le regionali in due laender tedeschi. A saggiare gli umori popolari saranno le tre maggiori economie dell'euro insieme alla più problematica.

Un test cruciale per l'eurozona. Perché di fatto misurerà la sostenibilità socio-culturale oltre che politica delle terapie anti-crisi in salsa tedesca, sin qui applicate a economie senza crescita. Ma, soprattutto, perché potrebbe segnare la svolta in Francia con la vittoria del socialista François Hollande, nemico dichiarato del fiscal compact e paladino di una politica europea che coniughi lo sviluppo economico al rigore sui conti pubblici.

Nessuno si aspetta, in questo caso, una rivoluzione copernicana ma nemmeno un'operazione sostanzialmente cosmetica come quella di Lionel Jospin nel 1997: divenuto primo ministro, pretese e ottenne di rinegoziare il patto di stabilità per aggiungervi l'ingrediente della crescita.

Ammesso che vinca, la nuova Francia socialista sa che non potrà strafare se non altro perché, più che la Merkel, non glielo permetteranno i mercati. Però sa anche che potrà far leva su frustrazioni e scontento del fronte euro-sud per aumentare il suo peso specifico al tavolo negoziale con la Germania e il gruppo del nord.

Il che forse potrebbe alla fine convincere la Merkel a qualche concessione: nemmeno la Germania infatti ha interesse a sconfessare platealmente l'asse con Parigi. I mercati ormai conoscono bene tutte le debolezze dell'euro e dei loro Governi e sono pronti a lucrarci sopra. Sarebbe bello che per una volta l'eurozona riuscisse ad evitare una tempesta annunciata. L'esperienza però dice che è sperare troppo.

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