di UMBERTO VERONESI, dalla Stampa
La longevità è un patrimonio insostituibile ed è una delle conquiste più importanti della nostra epoca. Nei ranking mondiali dell’aspettativa di vita il nostro Paese ha una posizione di tutto rispetto: non stupisce che sia italiana la famiglia più longeva del Pianeta.
Non si tratta di un caso isolato ed è questa la buona notizia, perché significa che l’Italia ha garantito uno sviluppo sociale e ambientale globalmente adeguato. Dal 1921 al 2004 i centenari in Italia sono passati da 49 a 7.700. Sono la fascia di popolazione in più rapida espansione. Certo, emergono differenze marcate da regione a regione. Perché esiste una geografia così diversificata della longevità? I fattori genetici hanno certamente un ruolo.
Abbiamo scoperto (all’Istituto europeo di oncologia, grazie al team di Pier Giuseppe Pelicci) che la durata della vita è regolata da un gene, il P66. Non si spiegherebbe, se non con il Dna, perché la durata media della vita di un uomo è di 80 anni, quella di un cane 15 e quella di un elefante 120. Ma i geni da soli non bastano a svelare il segreto: contano gli stili di vita e per dimostrarlo porto ad esempio il caso dell’isola giapponese di Okinawa.
Il Giappone è, con l’Italia, la nazione più longeva al mondo, con 20 centenari ogni centomila abitanti, ma l’isola è un record in sé: la durata media della vita è 81,2 anni e centenari sono il 20% della popolazione, con tassi di malattia - tumori, malattie cardiovascolari e perfino osteoporosi - inferiori rispetto al resto del mondo. La loro ricetta si basa su due pilastri: lo «Ishokudoghen», che significa il cibo è la tua medicina, e lo «Yuimaru» che indica il senso di appartenenza alla comunità. L’alimentazione degli isolani è basata su frutta, verdura, soia e i suoi derivati, pesce, il tutto integrato da curcuma e dall’alga konbu. Dunque seguono una dieta povera di calorie (circa 1100 al giorno) e ricca di aminoacidi, vitamine, sali minerali. La prima regola è quindi mangiare poco e vegetariano, per mantenere in forma il corpo. Ma altrettanto importante è mantenere in forma la mente, con la consapevolezza di essere necessari e importanti per la famiglia e la società.
A Okinawa gli anziani non conoscono la solitudine: gli ultranovantenni continuano ad avere un ruolo sociale e sono così rispettati da essere invogliati a sviluppare spiritualità e pensiero. Sono i saggi, amati e onorati. Molti studi dimostrano che mantenere interessi culturali, suggestioni intellettuali e artistiche aiuta la mente a rimanere vigile e attiva e, salvo casi di malattie neurodegenerative, salvaguardare la sua salute. Io sono convinto che proveremo scientificamente che parte della longevità è legata alla capacità di essere curiosi e mantenere le passioni intellettuali e le relazioni umane; oltre che all’alimentazione frugale.
Del resto i dati di Okinawa sono chiari: i benefici sulla longevità si perdono quando i suoi abitanti emigrano. Per vivere a lungo e bene, allora i geni hanno un’influenza limitata: occorrono condizioni di vita generali, comportamenti individuali e cultura. Lo ripeto: credo che la longevità sia un patrimonio, qualunque sia la nostra convinzione su ciò che accade dopo la sua fine. È un peccato sottovalutare il periodo che trascorriamo in questa vita.
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