martedì 21 agosto 2012

A tavola con Salvador Dalì


A tavola con Salvador Dalì

di LORENZO CAIROLI*, dalla Stampa
Sulle coste catalane, aspre e frastagliate, infierisce un vento persin più perfido del meltemi greco, una tramontana che ti fa atramuntat, ossia andare fuori di testa. Il mare muggisce per giorni, il vento sibila come bestie mandate al macello, scuote le case, fa vacillare i passanti, dicono anche faccia venire idee di suicidio. Su queste coste, sulle rocce di Cap de Creus fino a quelle di Cadaques anche le vigne andavano fuori di testa. Attecchivano, non si sa bene come, su frammenti di terra a picco sul mare e davano sempre pochi sudati grappoli per un vino che sapeva di salso e che si vendemmiava quasi sempre sulle barche. Poi dalla Spagna, con le consuete cattive notizie arrivò anche la filossera e addio filari. I contadini si riciclarono nel contrabbando. Di quel vino maledetto oggi restano solo i muretti di pietra nuda eretti per proteggere le piante dalla tirannia della tramontana.

Quando il giovane Salvador Dalì vinceva un concorso di disegno, suo padre lo premiava accompagnandolo alle garotades di Cadaques, grandi abbuffate collettive di ricci di mare
Dalì amava mangiare i ricci togliendo la polpa con un cucchiaino e adagiandola sul pane tostato.Il pane fu una sua ossessione. Sulla nave che lo portava a New York, Dalì si fece fare una baguette lunga due metri e per alcune settimane la portò sottobraccio per Manhattan. " …per prima cosa occorreva fare un pane di 15 metri di lunghezza. Poi si doveva costruire un forno abbastanza grande per cuocerlo. Questo pane non doveva essere insolito sotto nessun aspetto, doveva essere esattamente uguale a qualsiasi altro pane francese, ad eccezione delle sue misure…". La sua teoria era che quel pane di dimensioni abnormi, abbandonato in un luogo pubblico, come una grande piazza, un parco o una strada, avrebbe dato luogo alle domande della gente, allo stupore, alla riflessione. E quando la gente si fosse chiesta il perché di quel pane, la Società Segreta del Pane ne avrebbe fatto preparare un altro ancora più lungo, di 20 metri, poi un altro di 30. E poi sarebbero apparsi pani lunghi di 40 metri in altri luoghi dell’Europa e poi dell’America. E tutti si sarebbero domandati il perchè e infine in tutto il mondo si sarebbe prodotto uno stato di panico, confusione, isteria collettiva.

Dalì preferiva i ricci di mare e le sardinas asadas agli impressionisti (Coco Chanel, nel suo memoir, rivela che Dalì puzzava spesso di sardine perchè le mangiava con le mani e poi si toccava i capelli senza essersele lavate) e gli era più cara la butifarra con le fave che non la compagnia dell’amico Buñuel. La persona a lui più cara a Cadaqués era Lidia, cuoca formidabile e moglie di un anziano pescatore che portava il pesce alla famiglia Dalì fin da quando Salvador era un bambino. Il suo risotto all’aragosta e il suo dentice alla marinara li trovava ‘piatti omerici’

" Per quest’ultimo piatto – annota Dalì nei suoi Diari – aveva trovato una formula culinaria degna di Aristofane : ‘Per fare un buon dentice alla marinara occorrono tre tipi di persone : un pazzo, un avaro e un prodigo. Il pazzo deve tener vivo il fuoco, l’avaro mettere l’acqua e il prodigo l’olio. In effetti , per il successo di questo piatto ci volevano un fuoco violento e molta quantità d’olio, mentre bisognava usare l’acqua con parsimonia’.

Un’altra locandiera gli suggerì di assaggiare il suo coniglio in salsa riscaldato, con cipolle e prosciutto. Dalì accettò e, più tardi, annotò nei suoi Diari: "Quanta ragione aveva! Con l’intelligenza sensuale che posseggo nel sacro tabernacolo del mio palato, riuscii a capire subito i misteri e i segreti del piatto ‘riscaldato’. La salsa aveva acquisito un punto di elasticità, peculiare del piatto riscaldato, che la faceva aderire delicatamente all’interno della bocca: sembrava che vi distribuisse il gusto uniformemente fino a obbligare la lingua a emettere un suono di piacere. E mi credano i lettori, questo suono prosaico, che tanto somiglia a quello orribile di un tappo che salta, è lo stesso suono di quel che raramente accade e che si chiama ‘soddisfazione’. Riassumendo, quel modesto coniglio mi aveva prodotto una enorme soddisfazione" .

La sua ossessione per il pane fu tale che nel suo bel museo di Figueras è esposto un quadro in cui è dipinta una pagnotta così perfetta, ma così perfetta, che pare una fotografia. Casomai al visitatore i dubbi rimanessero accanto al quadro c’è una lente.

*Scrittore, sceneggiatore, blogger giramondo, racconta il mondo di oggi e le sue contraddizioni

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