UNO SCENARIO PER IL GOVERNO MONTI
Le costituzioni ottocentesche erano più previdenti delle nostre. In genere prevedevano uno stato di necessità, di emergenza o di assedio (che in Italia il governo Facta chiese invano nel 1922 per fermare la marcia su Roma di Mussolini). Ma non è più così. Tantovero che il presidente Napolitano ha dovuto inventare, per fronteggiare un nostro collasso economico-finanziario, una sorta di «stato anfibio»: un governo tecnico, o di tecnici, che però deve ottenere per ogni suo disegno di legge l'approvazione delle Camere. Il risultato è che se il governo Monti non pone subito la fiducia i provvedimenti del governo rischiano di impantanarsi o di essere stravolti da troppe o anche contrastanti modifiche. Insomma, il «governo anfibio» funziona poco e male. Come rimediare?
Il governo Monti dovrebbe durare, dicono tutti (non so se in buona o mala fede) sino alla regolare fine della legislatura. Ma se così fosse lascerebbe, temo, molti, anzi troppi, problemi irrisolti. L'alternativa è di forzare la mano, di porre sempre, o quasi sempre, la fiducia, fino a quando non verrà negata (ed è facile pensare a una diecina di provvedimenti che Berlusconi proprio non vuole, costringendo così il suo partito a votare la sfiducia). E siccome la Lega si è data all'opposizione ad oltranza, se il Pdl vota contro il governo la sfiducia è sicura.
Tragedia? No. In tal caso Monti doverosamente presenta le dimissioni, il presidente Napolitano accerta che in questo Parlamento non ci sono, come non ci sono, credibili alternative di governo, e quindi dovrà indire nuove elezioni confermando Monti in carica «per il disbrigo degli affari ordinari». Ma in questo momento gli affari sono quasi tutti urgenti e straordinari; in questa situazione c'è poco di «ordinario». Pertanto Monti dovrà continuare ad avere, in effetti, pieni poteri di governo. E visto che i furbacchioni dei nostri partiti non hanno ancora cambiato la legge elettorale, il Porcellum, e con esso lo smisurato premio di maggioranza per il primo arrivato, è sicuro (oso spericolarmi a predire) che il primo arrivato sarà, da solo e senza bisogno di alleati, proprio Monti (che non dovrebbe avere difficoltà nell'improvvisare un partito elettorale di candidati degni e «puliti»).
Conosco l'obiezione: se non c'è Monti cade tutto, finiamo come la Grecia. Ma la realtà - nel mio scenario - è che Monti c'è sempre. Pertanto la prospettiva, per la comunità internazionale che ci sorveglia, sarà di un Monti più forte e più consolidato di quanto non lo sia oggi. Non dobbiamo aver paura di un interregno che poi è apparenza più che sostanza. Dobbiamo semmai aver paura di un Monti invischiato in Parlamento da questo Parlamento, o anche in uscita anzitempo. Semmai dobbiamo temere che nemmeno cinque anni possano bastare per rimediare al non-fatto e al malfatto degli ultimi venti-venticinque anni. La recessione, nelle sue cause, parte da lontano. E i rimedi, specie per i Paesi che, come il nostro, sono indebitati oltre ogni limite di decenza, sono difficili da trovare. Persino per i tecnici.
Giovanni Sartori
4 maggio 2012 |
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