Lì per lì fai un salto sulla sedia. Ma come, ora che la legislatura sta per esalare l'ultimo respiro, mentre anche i partiti politici italiani hanno una flebo incollata all'avambraccio, il partito più ammalato se n'esce con un'idea potente come adrenalina? Il presidenzialismo, addirittura; e sia pure in salsa francese. Quando l'hanno concepita? E dove?
Ma la notizia è che non c'è notizia. Sulla conversione della nostra forma di governo parlamentare in una di stampo presidenziale esistono tonnellate di libri, articoli, convegni. Vi si espressero con accenti favorevoli alcuni fra i maggiori costituzionalisti italiani, in un dibattito pubblicato dalla rivista «Gli Stati» nei primi anni Settanta: Crisafulli, Galeotti, Jemolo, Sandulli. Perfino Mortati, fra i padri della Carta del 1947. E soprattutto l'idea presidenzialista ha un vissuto politico che dura ormai da mezzo secolo. Anche se i primi a suggerire l'elezione diretta del capo dello Stato furono i monarchici, nel 1957. E a seguire i missini, all'alba degli anni Sessanta. Incrociando tuttavia il consenso di alcuni eminenti intellettuali: Salvemini a sinistra, Pacciardi e Maranini a destra.
Insomma non è vero che la proposta di Berlusconi e Alfano sbuchi fuori come un coniglio dal cilindro del prestigiatore. Il coniglio razzola ormai da tempo nel nostro orticello pubblico. Nessuno può obiettare che manchi un'adeguata riflessione. Se è per questo, alla Camera c'è anche un progetto di legge, depositato dal Pdl il 16 dicembre 2011. Ma i testi sono tanti, come le iniziative fin qui regolarmente naufragate. Per esempio il documento presentato nel 1969 all'XI congresso della Democrazia cristiana, dalla corrente che aveva come capofila Zamberletti. Il congresso di Rimini del 1987, in cui i socialisti di Craxi sposarono il modello presidenziale. La Bicamerale di D'Alema, che nel giugno 1997 scelse la via semipresidenziale, con il voto decisivo della Lega.
Sicché il punto di domanda è un altro: c'è davvero una volontà politica dietro quest'ultima proposta? O non sarà soltanto un bluff per alzare la posta, mettendo in fuga gli altri giocatori? Se è così, non resta che vedere le carte. Laicamente, senza pregiudizi. Ma soprattutto in tempi rapidi, perché di tempo non ne abbiamo. In teoria, l'offerta del Pdl coniuga un tema da sempre caro alla destra (l'elezione popolare di chi ha le chiavi del governo) con la legge elettorale che predilige la sinistra (il doppio turno). Dunque uno scambio che potrebbe convincere i partiti, e magari pure gli italiani. In caso contrario, tuttavia, il disaccordo non può trasformarsi in alibi per lasciare le cose come stanno. A cominciare dal Porcellum, una legge che è diventata una vergogna.
Poi, certo, ci sarà da ragionare. Non è detto che l'abito francese calzi a puntino indosso agli italiani. Loro hanno fatto la Rivoluzione del 1789, noi la Controriforma. E negli anni Venti abbiamo consegnato il potere a un dittatore. Queste cose contano. Significa che in Italia c'è urgenza di governi forti ma anche di controlli, d'anticorpi per difendere la democrazia. Bisogna solo mettersi d'accordo sui dosaggi.
michele.ainis@uniroma3.it
di Michele Ainis, dal corriere
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