Uno studente di origine asiatica , iscritto al terzo anno in un liceo italiano, apprende dal proprio insegnante di Italiano che per il giorno successivo è previsto il compito in classe . La prova è singola. Riguarda solo lui. Il tempo a disposizione è di tre ore. Il giorno dopo, l’insegnante assegna la traccia. Lo studente, la legge , chiude gli occhi, guarda dentro se stesso, si immerge in una profonda meditazione, ma non scrive niente .Sono passate due ore , ed il foglio è sempre bianco. Manca solo un’ora . L’insegnante,persona anziana, saggia , che ha dedicato la sua vita all’insegnamento , osserva, vorrebbe intervenire, chiedere se ha difficoltà ,ma qualcosa lo frena,non vuole disturbare il suo allievo, non vuole interferire ; non vuole interrompere quello scorrere fluido, calmo ,ordinato, dei pensieri che intravede nella mente di quel ragazzo, simile all’acqua limpida di una fonte ,che tranquilla scorre dal fiume verso il mare. Trascorre un’altra mezz’ora ed il foglio è ancora bianco. l‘insegnante, è sempre tranquillo, l’allievo pure. A questo punto,il ragazzo apre gli occhi, e come d’incanto,con movimenti lenti ma precisi inizia in maniera ordinata a scrivere. Un minuto prima della scadenza delle tre ore , della pagina bianca non rimane che il ricordo. L’alunno consegna il compito, ringrazia il professore per la pazienza dimostrata, per il rispetto che ha avuto per il suo lavoro e per la sua persona, per avergli permesso di esprimersi , in assoluta tranquillità, ricercando nella profondità del suo essere quelle soluzioni che chiedevano di uscire fuori : quelle soluzioni che tutti noi abbiamo, ma che per convenienza, per fretta, per mille banali motivi, lasciamo dove sono, per usare quelle solite,superficiali, che piacciono ai più, ma che non portano nessun vantaggio nel medio e lungo termine, ne’ a noi né agli altri.
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