domenica 17 giugno 2012

Il compromesso sulla morale


di MASSIMO GIANNINI, da Repubblica

TRA minacce del Pdl e anatemi del Pd, sulla legge anti-corruzione si consuma un pessimo compromesso al ribasso. Fatto di ipocrisie politiche che nascondono le cattive conoscenze della destra e di anomalie giuridiche che riflettono le scarse conoscenze della sinistra. Non sappiamo se il testo di "mediazione" elaborato dal ministro Severino vedrà effettivamente la luce. Ma sappiamo per certo che quel provvedimento non risolve i problemi di un Paese incapace di voltare pagina sul terreno della legalità, di uscire dalle logiche da "Stato di eccezione" delle norme ad personam inventate negli anni del berlusconismo da combattimento, o dalle apparenti guerre di posizione che spesso servono solo a mascherare forme improprie di quietismo istituzionale.

L'Italia, il Paese di Tangentopoli, vive una nuova questione morale. Il malaffare prospera nella zona grigia che incrocia politica ed economia, e costa ogni anno 60 miliardi ai contribuenti, come ci ricorda la Corte dei conti. Secondo uno studio del Pew Research, citato dal professor Luigi Guiso, tutti i cittadini dei Paesi industrializzati sono convinti che il Paese meno corrotto d'Europa sia la Germania, e a eccezione dei cechi, dei polacchi e dei greci, tutti considerano che il Paese più corrotto sia l'Italia. È un dato oggettivo. Di fronte a questa evidenza, uno Stato serio avrebbe una strada molto semplice da percorrere: allungare i tempi della prescrizione dei processi scandalosamente abbattuti dalle leggi su misura volute
da Berlusconi (su tutte, la ex Cirielli), o in subordine inasprire le pene per il reati di corruzione e di concussione per induzione. Per ragioni evidentemente inesplicabili alle opinioni pubbliche, i partiti non possono o non vogliono procedere su questa via maestra, semplice e coerente con l'obiettivo di rafforzare i principi dello Stato di diritto. Preferiscono pasticciare e litigare su proposte contraddittorie, che celano le peggiori intenzioni. E il governo preferisce mediare con soluzioni macchinose, che autorizzano i peggiori sospetti.

È inutile negare l'innegabile. Se passasse la legge Severino (nella versione su cui è stata posta la fiducia alla Camera, che spacchetta i due principali reati contro la pubblica amministrazione nelle altrettante fattispecie della corruzione per costrizione e della indebita induzione) l'impatto sui processi in corso sarebbe sicuro. Nel processo Ruby che coinvolge Berlusconi, secondo una parte della Procura potrebbe non esserci "continuità giuridica" e il reato di concussione per la telefonata alla Questura di Milano potrebbe decadere. Certo, resterebbe il reato di prostituzione minorile, ma quello è molto più difficile da dimostrare in dibattimento.

Nel processo che vede coinvolto Filippo Penati per le tangenti nell'area Falck almeno due delle tre concussioni per le quali l'ex sindaco di Sesto è imputato risulterebbero già prescritte nel 2010, mentre la terza si prescriverebbe entro il prossimo anno. Certo resterebbero i reati di finanziamento illecito e corruzione, ma questi sono di ben minore gravità sul piano delle pene. Questo è lo stato dell'arte. E non c'è alcun parlamentare onesto né alcun opinionista preparato che possa smentirlo. La battaglia che stanno inscenando i partiti, quindi, è del tutto insensata e strumentale. Il Pd avrebbe dovuto capirlo per tempo, e far saltare subito un tavolo velenoso, dove non sono ammesse trattative, meno che mai sotto banco. Si sarebbe almeno risparmiato il danno e la beffa di vedersi ora esposto alla gogna mediatica, per aver sostenuto una norma "salva-Penati", proprio dal partito personale del Cavaliere che per lui ha costruito in quasi vent'anni ogni genere di salvacondotto. Lo stesso partito che adesso, nella relativa incertezza sull'efficacia delle nuove norme nel processo Ruby, porta la sua aberrante "filosofia" fino alle più estreme conseguenze, minacciando ritorsioni sulla legge per la responsabilità civile diretta delle toghe: una norma che salva solo Penati è insostenibile, dicono i dottor Stranamore del Pdl, ce ne vuole una che salva espressamente tutti, a partire dal Cavaliere.

La miserabile follia di questo "negoziato" è sotto gli occhi di tutti. Tanto più se la si accompagna con l'altra mostruosità di questa nuova legge anti-corruzione, che per sancire l'ovvio, cioè l'incandidabilità immediata del parlamentare che abbia subito una condanna definitiva, rimanda a un'erratica delega al governo, che visti i tempi stretti della legislatura rischia di non vedere mai più la fase attuativa. Sono nutrimenti preziosi, per la "bestia" dell'anti-politica, ma anche per la domanda di "altra politica" che pure si leva, sempre più forte, dalla pancia e dalla testa degli italiani. Di fronte a questo scempio del buon senso e del buon diritto, non resta che lanciare un appello ai due poli e al Guardasigilli, sulla scia di quanto ha già scritto su Repubblica Gianluigi Pellegrino. Concordino, tutti insieme, un disarmo bilaterale, e rinuncino a riscrivere il codice per salvare questo, quello o tutti quanti. Lascino com'è l'articolo 317 del codice penale, che disciplina la concussione per induzione (unica forma conosciuta e diffusa di reato contro la Pubblica amministrazione) e si limitino a integrarla con un codicillo di due righe, in cui si prevede l'eventuale punibilità del concusso, oltre che del concussore. Per fare questa scelta non servono settimane né mesi né anni. Basta una mezz'ora per scrivere la norma, e un paio di giorni per approvarla nei due rami del Parlamento. Governo e maggioranza abbiano un sussulto di dignità e di responsabilità, e lo facciano. Gli italiani onesti, che chiedono solo democrazia e legalità, gliene saranno finalmente grati.
m.giannini@repubblica.it
(16 giugno 2012)

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