sabato 30 giugno 2012

L'interpretazione vera e lo scippo dei diritti.


Riporto uno stralcio del regolamento comunale sui chioschi, pubblicato su un altro blog locale,a firma di "Giuseppe", il quale mi dà l'occasione per chiarire un concetto semplice , sul quale si è fondato la determina che ha portato allo "scippo" dell'area sulla quale, vantiamo diritti riconosciuti dalle leggi dello Stato e dai regolamenti comunali.



ESTRATTO DAL REGOLAMENTO COMUNALE DEI CHIOSCHI
COMUNE DI NOVA SIRI
“Salvo il caso di assenza per malattia, gravidanza o servizio militare, comporta la decadenza dalla concessione del posteggio il mancato utilizzo del posteggio stesso da parte del concessionario.
Per un periodo di mesi 3 (tre) anche non consecutivi in ciascuna stagione turistica (1° Aprile – 30
Settembre di ogni anno) per quanto attiene ai chioschi del Lungomare, stabilendosi per gli stessi
l’apertura nel periodo 1° Aprile – 30 Settembre di ogni anno.Accertato il mancato utilizzo del posteggio nei termini sopra indicati, la decadenza è automatica e va immediatamente comunicata all’interessato.”


Apprezzo il tentativo di Giuseppe di contribuire a fare chiarezza. Facciamola. Il termine di cui si parla, di utilizzo del posteggio, è da applicarsi , dal momento in cui, si è titolare della licenza di somministrazione e si dà avvio all’attività. Non è da applicarsi, invece, nei confronti, di chi,non ha ultimato l’investimento, e non gli è scaduto il termine dei tre anni previsti nella concessione edilizia rilasciata dall’ufficio tecnico del comune di Nova Siri. Una volta ultimati i lavori, acquisiti i permessi ,rilasciata la licenza , inizia l’applicazione dei termini di cui parla Giuseppe. Come vedi, la determina si basa, su questo punto, e su una formale mancata comunicazione di inizio lavori. Avendo presentato , nelle controdeduzioni, copia della stessa con relativo numero di protocollo,il problema sembrava risolto( anche perchè il dirigente , verbalmente ha riconosciuto l’errore, preannunciandoci, il ritiro dell’atto. A disposizione per qualsiasi altro chiarimento.

venerdì 29 giugno 2012

L'Innominato e l'Innominabile!


Si faccia un serio esame di coscienza ,prima di dispensare perdoni,che nessuno Le ha chiesto,e con molta umiltà riconosca i suoi errori amministrativi: che sono tanti e che  hanno  prodotto e producono nella vita reale dei cittadini i danni che Le ho già ricordato,e  a cui La rimando. Del suo perdono personale , mi perdoni il gioco di parole, il cittadino non sa  che farmene! Sulla sua  pelle restano le conseguenze dei suoi atti , fondati sul  falso e sull’abuso di potere .Il cittadino, si  rivolge all’amministratore( alla figura istituzionale) non alla persona privata, ed in quanto tale,esige  da Lei , il rispetto della Legge, il rispetto dei  diritti, il rispetto dei  legittimi interessi ,di cittadini ed  operatori economici. Esige da Lei, in quanto amministratore ,  che si astenga , per  un fatto di correttezza, di onestà , di trasparenza,dall’esercitare la sua funzione  pubblica, quando entra , così come è entrato, a gamba tesa,in evidente conflitto di interesse, per il ruolo che svolge , rispetto alla partita che si gioca sulla assegnazione delle aree sull’arenile ed a monte a ridosso della Pineta. Quando si scippa , come è stato fatto, violando la legge, per favorire altri: lavoro, diritti,futuro, opportunità di ricominciare a soggetti che su questo territorio hanno subito le peggiori discriminazioni, in un momento di grave crisi economica come questo ( dove il dipendente  si suicida per la perdita di un posto di lavoro,e l’ imprenditore si uccide perché non riesce a pagare i suoi debiti, Lei  si scandalizza, se, Le si fa notare che ha eseguito  una  gambizzazione, un omicidio economico, lasciando una società senza lavoro, senza diritti, senza futuro e con i debiti , per contratti  stipulati ai fini della realizzazione dell’opera, verso terzi?
Lei è stato un irresponsabile! E chi si è piegato alla sua volontà è stato ancora più irresponsabile di Lei!.
Lei avrebbe dovuto(se veramente avesse voluto essere la “Grande Anima “ che non è , ma che vorrebbe   apparire) riconoscere l’errore, e con vera umiltà , lavorare per rimediare all’errore.. Non l’ha fatto. Non ha risposto alle nostre contestazioni!  Ci ha lasciato privi di interlocutori con cui confrontarci. Ha rivendicato , nei confronti dei suoi colleghi, un potere che non è potere ma abuso di potere. Lei ha gestito la cosa pubblica come se fosse cosa privata. Lei si è comportato, da  dipendente privato, nelle vesti,però ,di amministratore. Ancora adesso , non sente il bisogno( cosa che farebbe qualsiasi persona  normale) istituzionale di  ascoltare , capire, farsi interprete di questi bisogni , di questi diritti traditi, calpestati, umiliati ,davanti all’altare del grande potere delle lobby. Ma Lei non lo può fare! l’orgoglio  della maschera che indossa glielo impedisce. Ipocritamente, si sventola ai quattro venti , la bandiera del perdono verso altri, quando in realtà ,si cerca quel perdono che non arriva dalla propria coscienza.
di Nicola Vassallo

Auguri Piero

L’immagine più bella  di Piero di Siena  che io conservo nella mia mente  e nel mio cuore è legata ad un episodio  successo tanti anni fa , sul palco, durante un comizio, nella piazza del centro storico di Nova Siri. Io , ventenne, segretario del PCI locale, Piero segretario regionale. Quella sera, l’illuminazione pubblica della piazza  non funzionava, C’era solo  un po’ di luce proveniente dai bar e la solita lampadina di una volta del palco che il vento di quella sera dondolava. Nella piazza gremita di gente, c’era un compagno, un contadino di nome Matteo, il quale non aveva il dono della parola:  quando parlava, balbettava, faceva fatica a farsi comprendere, ma  in compenso aveva un cuore d’oro ,grande, immenso. Matteo, ogni qualvolta  che  veniva un dirigente regionale, un oratore da fuori, usava lanciare nei suoi confronti, come si usava allora ed anche oggi ai matrimoni, i confetti bianchi: metà di un tipo mandorlato, l’altra metà di confetti zuccherati, ma talmente pesanti,  che se ti arrivano in un occhio te lo facevano nero. Anche  nei  tuoi confronti, il compagno Matteo, non mancò di manifestare la sua gioia e nel silenzio della piazza, a metà comizio,lanciò  confetti ed urla  indecifrabili. I confetti colpirono te, e colpirono la lampadina del palco, lasciando la piazza nel panico, illuminata solo da quel fascio di luce proveniente dai due bar. I quattro carabinieri, responsabili dell’ordine pubblico, si avventarono subito sul povero Matteo, colpendolo con calci e pugni,avendolo scambiato per un disturbatore che aveva attentato alla tua vita. Fu , veramente questione di attimi. Saltai dal palco, urlando :“E’ dei nostri..è dei nostri…lasciatelo stare”!Mi feci largo tra la folla e  mi buttai tra i carabinieri, prendendo qualche colpo, ma salvai il povero Matteo ”. L’indomani, in Paese non si parlava d’altro. Mio nonno , che  frequentava la piazza, che portava lo stesso nome e lo stesso cognome mio, che io pensavo non si interessasse di politica, ascoltò tutto , e commosso, con le lacrime agli occhi, andò da mia e raccontò tutto. Raccontò cose che io, non pensavo che mio nonno, pensasse di me. Mi commossi, quando mia madre me lo riferì.  Raccontò la sua vita, le sue scelte politiche a favore del partito socialista, i ricatti fascisti…e la scelta subita di abbandonare il partito per dare da mangiare alla  famiglia. Fu allora che io conobbi veramente mio nonno. Conobbi la sua storia , la sua vita. In seguito ebbi modo di conoscerlo ancora meglio, di apprezzarne le qualità ed anche i difetti (che ho ereditato tutti).Senza  Piero Di Siena, senza quel comizio, senza Matteo, forse non avrei conosciuto il mio vero nonno, le mie radici!   Un caro saluto,e tanti ma tanti auguri!
Nicola Vassallo

giovedì 28 giugno 2012

Lettera aperta al consigliere comunale Giuseppe D'Armento

Caro Giuseppe, c’è stato un momento in cui questo blog, questo spazio di libertà stava per essere chiuso. Il “Potere” aveva paura dei contenuti che si formavano, delle idee che circolavano, della presa di coscienza che si acquisiva, della voglia di partecipazione che veniva fuori. La pressione è stata tanta , Giannicola ha resistito e noi con lui. Antonietta, una “Pasionaria” del blog ( che nulla ha a che vedere con quest’ultima) paragonò il blog alla foresta, i cittadini che vi scrivono  agli animali,ed i cacciatori veri della foresta naturale che si camuffano, a quelli virtuali, che  “travestendosi” sotto altre pelli e maschere vogliono sembrare animali , per poterli meglio avvicinare,  catturarli, intimorirli, ricattarli. Ci sono cacciatori ( esponenti del potere: politico, economico, imprenditoriale di Nova Siri)che camuffati da semplice bestie, tentano in tutti i modi di inquinare qualsiasi fonte limpida dalle quale ci si possa dissetare, alimentare,rinfrescarsi.  Il loro unico scopo è intimorire. Non permettere agli animali della foresta di poter partecipare alla vita sociale, secondo le libere leggi della foresta,di inquinare tutte le fonti di  approviggionamento di nuove notizie con qualsiasi veleno , di impedire che da quelle idee possano nascere gruppi di condivisione che vi si riconoscano. Prendi atto, che tu, in questo momento, sei al centro di attacchi da parte di cacciatori veri, di cecchini professionisti, il cui compito è distruggerti. Sono pagati per questo. Tu sei l’uomo che loro non saranno mai. Tu hai avuto il coraggio che loro non hanno mai avuto. Tu hai la cultura, la saggezza, la visione politica, il legame , la passione dello stare tra la tua gente che loro non hanno e non avranno mai. Tu hai il cuore che loro non hanno. Non perdere tempo dietro queste maschere( maschere nella vita, maschere sul blog per far male) e sfidali, pubblicamente nel luogo dove c’è la nostra gente , nella piazza vera. I tempi sono maturi! La gente è stanca di tutta questa porcheria! Nella foresta vera, quando un animale viene ucciso da parte di un altro, tutti partecipano al banchetto( dal leone, fino all’ultimo spazzino; l’avvoltoio).A Nova Siri, al banchetto delle opportunità date dalla ricchezza pubblica, partecipano sempre gli stessi, ma al contrario di quello che avviene in natura, mangiano tutto, persino le briciole ( ossa comprese).
di Nicola Vassallo

ACCADE A NOVA SIRI ( 2) : Chi fa il giocatore, fa anche l’arbitro!

         Quel rozzo, volgare , offensivo “post” pubblicato sulla pagina dell’assessore, offensivo della dignità delle donne,  dei loro diritti , è stato tolto. E questo, di per se, dice molto di più delle masturbazioni mentali di chi, non avendo il coraggio di sostenere le proprie idee,nel suo “abito istituzionale”, ricorre a più nik( sul blog di Nova Siri info)  per convincersi di avere ragione. Poverino, mi ricorda il Trota !

Tolto il “post” resta  , grande quanto  un megavillaggio ,il conflitto di interessi  sul quale si sorvola; sul quale non si ha il coraggio di dire la verità.  Sul quale non si interviene  politicamente, per evidente “debolezza politica”, a seguito dell’abbandona della maggioranza di Laddomata e di D’Armento, che ha reso determinanti , indispensabili i voti di tutti, aumentando di fatto il potere contrattuale e di ricatto di alcuni di essi ( che sono  espressione diretta   di gruppi di potere ,che mirano ad accrescere il potere che hanno nei settori strategici dell’economia del posto, giocando partite truccate, dove indossano contemporaneamente la divisa  da calciatore, da arbitro e quella da “scommettitore”).
  Ma come può  un assessore , essere visto come  “superpartes”, difensore  dei soli diritti e interessi pubblici, se lavora , come figura dirigenziale, al servizio di una società privata, la quale  è portatrice di interessi particolari  che  si scontrano sia con gli interessi legittimi di altri operatori ,che con quelli pubblici? Come può un imprenditore , un cittadino,  credere alla favola ,secondo la quale , nel momento in cui agisce nella veste di assessore, sta lavorando per il bene del Paese, e non sta lavorando,invece,  per favorire la sua società, e danneggiando altri? Noi vorremmo credere alle favole ma la realtà è ben diversa ed è fatta di vere e proprie esecuzioni, di gambizzazioni economiche nei confronti di alcuni soggetti imprenditoriali, al fine di favorirne altri: il tutto, in violazione di regole e leggi di uno Stato di diritto. In altre parti d’Italia questi metodi si chiamano mafiosi, sono frutti di una cultura mafiosa, a Nova Siri si chiamano politici e sono figli legittimi di questa politica. Cambia il nome ma la sostanza  è, e  rimane quella!
 Non nascondiamoci dietro un dito : Nova Siri rappresenta dal punto di vista turistico il 30% delle presenze dell’intera Basilicata!Ci sono   interessi forti sul lungomare di Nova Siri e sull’intero territorio comunale. Ci sono vecchie e nuove aree da assegnare sull’arenile e nuove aree a monte a ridosso della pineta. Ci sono appetiti da soddisfare.
La partita  che si giocherà  è questa! Ma  deve essere giocata, correttamente: chi fa il giocatore, non può fare l’arbitro, non può essere contemporaneamente  calciatore in più squadre. La partita si giocherà, secondo le nuove regole impartite dell’Unione europea e dal piano dei lidi (che Pittella ha detto sarà approvato prima della fine di Agosto).
Poiché queste  nuove  norme , alla stato attuale , sembrano voler mettere tutti nella condizioni di poter competere,chiedendo  però, a chi avrà  l’area sull’arenile anche l’investimento a monte. Diventa evidente, a questo punto  che, chi ha già l’investimento a monte ,è avvantaggiato nella gara di assegnazione dell’area sull’arenile rispetto a chi deve fare due investimenti: uno sull’arenile, l’altro a   monte. E non tutti ,i nuovi imprenditori , riterranno vantaggioso, investire a monte, circa mezzo milione di euro, per accedere sull’arenile.
 Ma , se l’imprenditore, ha  sul lungomare ,la sua struttura  in legno, di modeste dimensioni ( quelle preferite delle nuove norme…),il cui costo è notevolmente inferiore ,rispetto al mezzo milione di euro, può tranquillamente competere per l’area sull’arenile, con tutto quello che ne consegue a livello di incremento di reddito , di nuovi posti di lavoro,ecc..
Ecco spiegate le ragioni  della gambizzazione , dell’omicidio economico. Ecco spiegato perché tanta fretta di “Uccidere” prima dell’approvazione del nuovo piano dei lidi. Si parte già con un risparmio di circa mezzo milione di euro, nel momento in cui si diventa titolare dell’area sulla quale, si realizza la struttura in legno, a cui si aggiunge l’incremento di valore derivante dall’attività sull’arenile. Vi pare poco? E’ così importante sapere il nome di chi si metterà, dalla sera alla mattina , mezzo milione di euro in tasca ,più il resto?Oppure è sufficiente sapere che questo è ciò che accadrà?
di Nicola Vassallo

mercoledì 27 giugno 2012

Accade a Nova Siri (1)


Dalla pagina Facebook di Cosimo Pancaro
MI SERVE UNA RAGAZZA DI BELLA PRESENZA PER IL BAZAR AL VILLAGGIO,PRECEDENZA NOVA SIRI.
VELOCE.......SCRIVETEMI QUI,NON RISPONDO A TELEFONATE.
GRAZIE.


Si è toccato veramente il fondo. Mai avrei pensato di leggere un avviso di questo "tenore" da chi ricopre un incarico pubblico di assessore al Comune di Nova Siri. La ragazza non verrà scelta perchè capace, meritevole, perchè ha professionalità...perchè ha studiato, ha fatto sacrifici, investito nella sua formazione....ma perchè è di  " bella presenza". Ricorda tanto quegli annunci , su giornali, dove più che offrire lavoro si offre altro....!Ricorda tanto Emilio Fede, Lele Mora che cercavano ragazze di bella presenza per  i loro bazar l Adesso è chiaro a tutti, la figura dell'assessore: da un lato figura dirigenziale di un  megavillaggio, portatore di interessi privati,dall'altro assessore del Comune , chiamato a tutelare diritti ed  interessi pubblici. Come poteva , il Comune di Nova Siri, pensare di far applicare la tassa di soggiorno, se alcuni suoi assessori , determinanti ai fini della tenuta di questa maggioranza,sono in palese conflitto di interessi, essendo o dipendenti ,o  azionisti  i di società proprietarie di questi villaggi?E' questo il motivo del ripensamento e del ritiro del provvedimento?! Gli interessi privati , di cui sono portatori questi i uomini, determinanti all'interno della Giunta e del Consiglio,prevalgono o no , su quelli pubblici? Nova Siri perde circa mezzo  milione di euro (tanto avrebbe guadagnato applicando la cifra simbolica di un euro al giorno a persona nei confronti degli ospiti dei megavillaggi). Siamo sicuri che quella che stiamo percorrendo è la strada giusta ? Oppure ci sono ancora altri conflitti di interesse all'orizzonte? Per il momento ,una cosa, è sicura : i soldi che non sono arrivati dalla tassa di soggiorno,li verseranno i cittadini di Nova Siri, con nuove tasse. Intanto, all'assessore, serve, una ragazza di bella presenza per il bazar al villaggio....non facciamolo aspettare.....per le tasse e il pareggio di bilancio, a dopo!!!!!!
Commento pubblicato sulla pagina Facebook di Nicola Vassallo

Globalisti sì ma non troppo


LA DIFESA DELL'EUROPA
Globalisti sì ma non troppo
Non ieri ma diciannove anni fa (nel 1993) scrivevo che la globalizzazione economica - non quella finanziaria, che è cosa diversa - mi pareva un errore per questa semplice ragione (in condensatissima sintesi): che a parità di tecnologia i Paesi a basso costo di lavoro avrebbero messo in disoccupazione i Paesi benestanti, perché la manifattura si sarebbe dovuta trasferire nei Paesi poveri e così, ripeto, i lavoratori dei Paesi benestanti sarebbero restati senza lavoro.

Ho fatto questo rilievo in parecchie altre occasioni, ma sempre parlando a dei sordi. Eppure l'argomento era semplice e ovvio. Oggi la abnorme disoccupazione dell'Occidente e il trasferimento della manodopera nei Paesi nei quali costa anche dieci volte meno è sotto gli occhi di tutti. Ma gli economisti non l'avevano previsto e ora fanno finta di nulla. La loro ricetta per l'Occidente è di diventare sempre più inventivo e all'avanguardia. Ma è un alibi che non tiene. Anche loro, come tutti, sanno che da gran tempo il Giappone e successivamente anche Cina e India sono tecnologicamente bravi quanto noi. Resta il fatto che ormai la frittata è fatta.

In questa frittata gli italiani sono tra i peggio messi. Noi siamo chiaramente in recessione. Per uscirne e risalire la china la parola d'ordine è: investire-crescere, investire-crescere. Tante grazie; ma i soldi dove sono? Lo Stato è stracarico di debiti e non ha in cassa nemmeno i soldi per pagare i suoi fornitori in tempi ragionevoli. Se si prescinde dalla caccia agli evasori fiscali (sacrosanta ma che acchiappa soprattutto pesci piccoli, perché i grandi evasori sono tranquillamente parcheggiati nei paradisi fiscali) il presidente Monti deve anche lui ricorrere a nuove tasse, più salate che mai. Ma oramai stiamo spremendo sangue da una rapa. Ammettiamo che la rapa sopravviva. Anche così il circolo è perverso: riattiviamo produzioni che per sopravvivere si dovranno, quantomeno in parte, delocalizzare. Così torniamo al punto di prima con sempre più giovani senza lavoro.

Tornare alla lira, tornare alla dracma? Sarebbe, temo, una ulteriore follia. Mentre nessuno ha pensato a una unione doganale dell'eurozona. Nessun dazio, nessuna dogana, all'interno di eurolandia. Ma, occorrendo, dazi e protezioni per salvare, in Europa, quel che non ci possiamo permettere di perdere.

Vale ricordare che il primo Paese industriale è stato l'Inghilterra. E tutti gli altri hanno protetto la creazione del proprio sistema industriale. Allora nessuno disse che questa protezione era una cosa orrenda. Era necessaria e fu benefica. Mi chiedo: come mai nessuno (o quasi) propone una unione doganale europea? Sarà sicuramente una costruzione complicata. Ma come non averla quando Stati Uniti e Inghilterra sono a oggi liberissimi di proteggere se stessi, occorrendo, alzando barriere protettive, o anche svalutando, senza chiedere permessi a nessuno, la propria moneta? È così per tutto il mondo che conta (economicamente). Deve essere proibito solo a noi europei? Perché?

Ho già concesso che la nostra protezione doganale sarà una costruzione difficile. Ma cominciamo almeno a pensarci.

di Giovanni Sartori, dal Corriere
26 giugno 2012 |

Il peggiore degli incubi


di MARIA CORBI, dalla Stampa

Non esiste la parola per definire un genitore che perde un figlio. Si può essere orfani, vedove, vedovi, ma non quell’altra cosa.

Quello stato che definisce il peggiore degli incubi, sopravvivere a chi abbiamo creato, cresciuto, amato e a un certo punto lasciato andare nel mondo. Franco ieri a Prato se ne è andato per sempre mentre scalava la montagna e la sua vita. Quella gita non è stata, come doveva, una tappa della sua estate e verso l’età adulta, ma la stazione finale. Non sappiamo se ci siano colpe, se quel ragazzino un po’ tondo e con gli occhiali che ci sorride da una foto sia morto per cause naturali o sfinito da una lunga marcia sotto il sole. Sappiamo però che stava in un posto dove tutti noi genitori lo avremmo lasciato, il campo estivo della parrocchia di Paperino, il nome del paese che oggi non suona più nemmeno buffo. Avremmo mandato i nostri ragazzi non solo perché questa maledetta estate è troppo lunga senza il porto sicuro della scuola. A un certo punto, come gli animali, anche noi dobbiamo allontanare i cuccioli, spingerli un poco alla volta nel mondo a sfidare le loro paure, ad affrontare i pericoli, gli altri compagni, la loro crescita. Anche se forse in questa lista obiettivamente non può essere ricompresa l’opzione: marcia sotto il sole a quaranta gradi.

Franco non voleva andare. Voleva rimanere a casa a giocare alla playstation, quella maledetta scatola che rapisce i nostri figli tutti i giorni. E noi lì a predicare di smetterla, di uscire all’aria aperta, di farsi degli amici. Normale oggi rimpiangere quel telecomando, il computer, Facebook, il mondo virtuale. Chi ha un figlio può vivere la disperazione dei genitori di Franco, le loro domande, il tentativo di scalare lo specchio della speranza certi di precipitare nella realtà. Terribile. Immutabile.

La mamma, il papà lo avranno spinto, Franco, a fare quella gita. Come avremmo fatto noi. A sfidare il caldo, la fatica, la pigrizia. Come avremmo fatto noi, immaginando di affidarli in mani responsabili. «Vai». Una parola che all’estero ci rimproverano di dire troppo poco ai nostri figli bamboccioni. «Vai». E quando poi non tornano non esiste balsamo, non esiste parola che possa confortare la perdita.

Franco era stanco quando è rimasto indietro, accaldato. Qualcuno all’inizio gli avrà ripetuto: vai. Pensando di aiutarlo a crescere. O ignorandolo. Questo lo sapremo.

«Vai». E Franco è andato, insieme a tutti i nostri figli che in questi giorni sono ai campi estivi, in colonia, in parrocchia. A studiare lingue, a fare sport, a scoprire la natura, o anche solo parcheggiati. Qualcuno piange vinto dalla nostalgia, lontano dalle camerette accoglienti, dalle braccia che consolano, da Facebook e dalla play. E allora ci dicono che dobbiamo insistere, ignorare quelle lacrime. Altri si adattano, molti di divertono, felici di sperimentare l’autonomia di provare a se stessi e a mamma e papà che ce la possono fare anche da soli. E il nostro compito, anche se è dura per noi e per loro, è di dire: vai.


domenica 24 giugno 2012

Contro Lusi e contro tutti


Lusi è colpevole, ma come gli altri. Né di
più, né di meno. Lo è, insieme ai partiti,
di appropriazione indebita di quasi tre
miliardi di euro. A Rebibbia dovrebbero
finirci tutti o nessuno. Il finanziamento
pubblico è stato bocciato dai cittadini con
un referendum. I partiti se ne sono
fregati. Anzi, hanno alzato la posta,
l’hanno persino raddoppiata. In caso di
elezioni anticipate, infatti, il
finanziamento vale due volte, la quota
residua e la quota intera successiva. E i
soldi li prendono per tutta una legislatura
anche gli zombi: i partiti non rieletti in
caso di scioglimento delle Camere.
Insomma, uno schifo completamente
illegale. Chiamato con una foglia di fico
lessicale, con un furto di parole:
“rimborso elettorale”. Chi lo ha
permesso? Dove erano le Istituzioni in
questi anni? Dove i giornalai foraggiati e
mantenuti dai cittadini anch’essi con
denaro pubblico? Un mese fa i partiti
proclamavano di rinunciare all’ultima
tranche del cosiddetto rimborso. Un
mese fa si discuteva dell’abolizione del
finanziamento pubblico. Nulla è
successo. Impossibile che possa
succedere. I finanziamenti sono per i
partiti come la merda per le mosche.
Irresistibile e necessaria

Di Beppe Grillo, 
Fonte : dal suo blog 

L'irrilevanza dei cattolici


IL VUOTO TRA SOCIETÀ E POLITICA
L'irrilevanza dei cattolici
Non si avverte davvero bisogno di qualche nuovo partito cattolico (a proposito: ma l'Udc lo è o no? E se sì, come si spiega la sua latitanza dalla discussione che dura da circa un anno? Possibile che essa non si senta in qualche modo chiamata in causa?). Tanto meno, dunque, sembra aver senso stare a interrogarsi sul o sugli eventuali possibili leader del suddetto partito.

Ma se il sistema politico non ha bisogno di un partito cattolico, viceversa di una voce cristiana, e dunque anche cattolica, di un'iniziativa politica alta che rechi il segno di quell'ispirazione, l'Italia ha sicuramente bisogno. Oggi, infatti, davanti alla Repubblica sta una difficile via modellata su un abito nuovo di serietà e di sobrietà: una via fatta anche di rinunce a traguardi che sembravano ormai acquisiti per sempre, di spirito di sacrificio. Lo è già ora, ma ancor più nei tempi che si annunciano sarà questo il vero patriottismo. E sarebbe davvero singolare che l ' ethos cristiano - ma vorrei dire religioso in genere - che a dispetto di ogni secolarizzazione permea ancora di sé vaste masse di italiani, restasse estraneo proprio rispetto a questa sfida. Che alla fine è una sfida innanzi tutto culturale e ideale.

Non si tratta di politica, ma di altro. Si tratta di contribuire alla costruzione di una cultura civica, di rafforzare un insieme di valori pubblici, di costruire disposizioni d'animo collettivo orientate al bene comune. Ma insieme di ricercare le possibili vie d'uscita dalle strettoie in cui si trova immobilizzata da anni la società italiana. Ricordo solo quelle che mi sembrano le più gravi: un sistema d'istruzione dispersivo e programmaticamente indulgente, vittima di ridicoli conati aziendalistici; un'università che non conosce il merito e nella quale l'internazionalizzazione sta decretando la brutale retrocessione di tutto il sapere d'impianto umanistico; lo sperpero immane di risorse (con relativa corruzione dilagante) da parte di tutte le strutture pubbliche: per cui tutto, in Italia, costa tre o quattro volte più del dovuto, e per essere fatto ci mette tre o quattro volte il tempo realmente necessario, e dove lavorano inutilmente migliaia di persone; infine un'organizzazione della giustizia (dai codici alla deontologia dei magistrati, allo scandalo permanente delle carceri) che troppo spesso è organizzazione di vera ingiustizia. E come se già tutto questo non bastasse si tratta poi di capire come ricostruire su nuove basi la cittadinanza sociale e il sistema della rappresentanza parlamentare, rimettendo in riga le corporazioni e l'alta burocrazia «gabinettista» ormai governante in proprio.

Certo, alla fine tutto è politica. Ma prima c'è un grande spazio - vitalmente necessario, di mobilitazione, di ricerca, di analisi, di proposte - che è fuori della politica. Ed è qui proprio che però il silenzio cattolico è più alto. Non quello di singoli credenti, naturalmente, ma il silenzio di quella che si chiama la presenza cattolica nel Paese, del cattolicesimo organizzato (dalle Acli all'Azione Cattolica, ai tanti movimenti; e ci metterei pure la Cisl e l'Udc, sempre che essi accettino di avere qualche cosa a che fare con il cattolicesimo organizzato e sempre che si prescinda dalla loro quotidiana routine istituzionale).

È in questo ambito che si misura davvero in pieno l'irrilevanza dei cattolici nella vita pubblica. Non è un'irrilevanza politico-partitica, è un'irrilevanza prima di tutto d'opinione, di idee. Cioè assenza - sulle questioni che richiamavo prima, e su mille altre riguardanti la svolta profonda di cui ha bisogno il Paese - di approfondimenti significativi, di punti di vista forti, di effettive volontà di mobilitazione. È come se ormai da anni il combinato disposto della riduzione a ideologia di massa dei principi del Vaticano II da un lato, e della fine traumatica della Democrazia cristiana dall'altro, avessero spinto il cattolicesimo italiano non solo a disinteressarsi della «grande» politica (che è poi la sola, vera politica) ma anche a disinteressarsi dell'Italia. Dell'Italia come problema storico; come luogo di un passato che forse merita un futuro; come patria di una comunità che s'interroga sul proprio destino (se mai gliene aspetti uno...). La sola voce cattolica che oggi si fa sentire nello spazio pubblico sembra essere quella che si concentra sul tema (significativo, chi ne dubita?, ma certo non proprio generale) della «difesa della vita». Per il resto l'impressione è che nel campo cattolico tutto tenda a ridursi tra i fedeli a un certo astratto moralismo, e al vacuo, sempre prevedibile, precettismo delle relazioncine somministrate mensilmente nelle riunioni della Cei. La conclusione non può che essere una: con la fine della Dc il cattolicesimo italiano sembra aver cessato di essere matrice di una possibile cultura politica.

Quale mai novità dovrebbe o potrebbe dunque rappresentare in queste condizioni un partito di cattolici? E perché un tal partito dovrebbe essere capace di dire al Paese qualcosa di più e di diverso da quello che riescono - o meglio non riescono - a dirgli i non pochi cattolici che si trovano nel Pdl, nell'Udc o nel Pd? Come del resto - è fin troppo ovvio rilevarlo - non ci riesce neppure nessuna voce «laica». E proprio in questo consiste il dramma dell'Italia: per tornare a muoverci avremmo bisogno di respirare aria nuova, di ascoltare idee coraggiose, di scorgere nuovi orizzonti. E invece tutto appare immobilizzato in qualcosa che assomiglia sempre più al resto di niente. Mentre da lontano, ma già distintamente, echeggia il grido barbarico delle turbe di Grillo.

di Ernesto Galli della Loggia, dal Corriere

Lettera aperta al Dalai Lama per la sua visita in Basilicata


Lettera aperta al Dalai Lama per la sua visita in Basilicata

Lei Dalai Lama, Oceano di saggezza, Maestro spirituale, sarà qui in Basilicata il 24 e il 25 giugno. Spero di non sbagliarmi sulle date. Lei ha la mia più ampia stima per ciò che rappresenta e per la sua saggezza. La prego Maestro, la prego di portare cesti di luce a chi vive nel buio profondo della povertà. La prego di pronunciare parole di speranza per la gente, ma anche parole di condanna per chi, in questa lontana regione del mondo esercita il potere senza alcun senno. Deve sapere, Maestro, che qui in Basilicata è difficile affermare quel suo bellissimo insegnamento che dice: “Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere.” Qui i ragazzi non vogliono restare. La ali sono spezzate, le radici sono frantumate e non c’è alcuna ragione per rimanere. Stia in guardia Maestro, la retorica occidentale e l’ipocrisia della politica dei nostri leader possono ingannare la sua semplicità. Lei sa che l’apparenza, in occidente, è più importante dell’anima.

Si interroghi Maestro, prima di baciare con gli occhi i volti della gente che le offrirà i sorrisi. Lei deve sapere che in questa landa del pianeta, c’è gente che non riceve giustizia, c’è gente che viene sottoposta al carcere del silenzio. Lei dice, Maestro, che “non abbiamo altro in nostro potere che giustizia, verità, sincerità.” Ebbene, questo potere qui nessuno di noi può esercitarlo. Perché la verità è martoriata dagli uomini di comando, la giustizia vive lontano dai tribunali, accovacciata suo malgrado sui cartoniabbandonati intorno ai cassonetti dell’immondizia. La sincerità ha lasciato il posto al cinismo e al nichilismo.

Qui, Maestro, chi governa conosce meglio di tutti le regole, in modo da infrangerle nella maniera più ingiusta. Lei camminerà su una terra seviziata dall’ingordigia delle multinazionali del petrolio. Lei calpesterà l’erba trucidata dall’inquinamento, bagnerà i suoi piedi in un fiume che piange lacrime di disperazione. La prego, Dalai Lama, la prego di evitare qui, in Basilicata, di dire che “dormire è la migliore meditazione”. Non lo dica, per favore, perché in questa terra molta gente dorme, senza meditare, ma semplicemente per dimenticare o per fuggire nel sonno. Dorme per paura. O dorme per interesse.

Mi piace, Maestro, quando lei dice che “Non dobbiamo ingannare gli altri o mentire. Dobbiamo essere uomini e donne onesti, uomini e donne sinceri”. Però, mio Dalai Lama, qui le donne e gli uomini onesti, tutti coloro che cercano la verità e la giustizia rischiano la dura vendetta del Potere. Lei, Maestro, incontrerà la politica. Le ricordi quel suo pensiero:  “Quello che mi sorprende degli uomini è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute…” Loro sanno, Dalai Lama, che qui c’è gente che perde la salute semplicemente per portare il pane a casa, e poi non ha i soldi per curarsi. Benvenuto Maestro, benvenuto in questa terra paradossale. Dove si inaugura la “Città della pace” e nello stesso tempo si inaugura, per l’ennesima volta, la stagione dell’indecenza riservata agli immigrati che cercano lavoro nei campi.

Benvenuto sulla scena, Maestro, la scena che a lei non interessa, ma che in molti cercheranno di rubarle. Sa, le elezioni sono alle porte. Tanti politici qui vorrebbero essere come lei, reincarnazione di se stessi nei millenni. Al momento sono riusciti a reincarnarsi per alcuni decenni. Non li incoraggi, per favore. Con ammirazione e stima la saluto e mi inchino.

Tratto da Basilicata24, di Michele Finizio

sabato 23 giugno 2012

Il Narcisus Politicus finirà in via d’estinzione?


di Barbara Collevecchio, dal fattoquotidiano
Narciso, uno dei più bei ragazzi della mitologia greca,  era indifferente all’amore altrui al punto che una sua pretendente, la Ninfa Eco, si consumò così tanto nel dolore che divenne una voce sterile che poteva solo ripetere la parola altrui. In psicoanalisi si è scelto di dare il nome di questo personaggio a una caratteristica psichica di per sé sana ma che, a seconda della sua gradazione, può diventare patologica fino ad assumere i connotati di vera e propria sindrome.

Per spiegarla usiamo ciò che ci racconta la sorte della povera Eco. Perché chi ama un Narciso un po’ patologico può ridursi a ripetere la sua voce? Perché un narcisista patologico manca di empatia, necessita che l’altro diventi un gregario e che ripeta, come una eco, i suoi pareri. Un narcisista ha un’idea smisurata e idealizzata di se stesso, tende a manipolare gli altri per i suoi fini, non disdegna la menzogna e avendo un ideale dell’io smisurato, non sopporta la vergogna di avere torto, fino a negare davanti all’evidenza le sue colpe ma soprattutto ha bisogno di un pubblico da sedurre.

Quale professione migliore per un narcisista se non quella del politico? Un tot di narcisismo sano è normalissimo, anzi necessario alla sopravvivenza, un leader non può non avere tratti narcisistici ma talvolta è possibile che si vada oltre, creando partiti politici che si reggono solo sull’ego smisurato di quello che io chiamo Narcisus politicus.

Dai tratti estremi di narcisismo del cavallo di Caligola e del Mausoleo di Berlusconi, fino a toccare  i picchi di cattivo gusto delle camicie di Formigoni, in Italia non possiamo dire di essere privi di Narcisi.

Nel nostro paese abbiamo ancora un complesso materno, ci manca il padre come figura collettiva autorevole ed ecco arrivare i figli narcisi ed esibizionisti sulla scena politica. Dall’esuberante Cirino Pomicino della Prima Repubblica alle battute di Di Pietro, dal narcisismo di D’Alema, tutto declinato in uno snobismo elitario, al linguaggio autoreferenziale e di maniera di Vendola, il picco di narcisismo l’abbiamo vissuto di certo con  Berlusconi. Ma non ci facciamo ingannare, il peggio non è passato: noi Italiani abbiamo “fame di personaggi” maschili in cui identificarci, siamo ancora in cerca dell’uomo forte, risolutivo, del messia e dell’eroe. Pensiamo ad un bimbo che cresce senza la figura paterna, non cerca forse di identificarsi anche in un eroe dei fumetti? Non sostituisce il padre persino con immagini cinematografiche? Allo stesso modo, un popolo che manca di principi paterni, di regole, di serietà, di limiti e di una giustizia equa, un popolo che vive da anni nel lassismo e nei vizi di regime, come un figlio unico di madre vedova, cerca un padre e rischia di trovarlo facilmente nel Narcisus Politicus.

Ma in questo momento di austerity il Narcisus Politicus finirà in via d’estinzione? Come si concilierà il protagonismo maniacale dei nostri politici con la sobrietà castigante di un Mario Monti, con l’impatto con un femminile solido ed europeo di una Fornero o peggio ancora della Merkel?

giovedì 21 giugno 2012

Scusate se mi intrometto, non per fare i cazzi vostri, ma c’è un topone sulla caciotta che vuol sembrare una giovane marmotta!”


Scosse sismiche dentro il PDL

Spett.le Direttore del Quotidiano di Basilicata voglia cortesemente pubblicare codesta mia lettera, come risposta alle insinuazioni fatte dall’avvocato Ripoli nel suo duetto con il Sig. D’armento di Nova Siri, in merito al dibattito aperto sul futuro del PDL.

In un celebre film “Amore all’improvviso” Pieraccioni canticchiava una canzonetta che faceva pressappoco così ” Scusate se mi intrometto, non per fare i cazzi vostri, ma c’è un topone sulla caciotta che vuol  sembrare una giovane marmotta!”. Io capisco carissimo avvocato che, per arginare un Vostro difetto di crescita politica, cercate  di accaparrarvi le simpatie dei Nostri grandi senatori,grandi non per meriti, e di fare una carriera politica veloce, per cui lei parte a spada tratta contro tutti coloro che dissentono e criticano il modo di gestire  il PDL in questa Regione. C’è poco da difendere  se ci attestano alle prossime competizioni elettorali al 17%: è una vera e propria “Caporetto”.(Se non fosse per il contributo personale di Rosa e Venezia saremmo già ai minimi storici.)
Se mi è consentito, vorrei esprimere il mio punto di vista, anche perché chiamato in causa: voglio ricordare al carissimo avvocato che un partito non cresce se, al minimo dissenso, si prendono le persone e si mettono da parte con la scusante di un ipotetico rinnovamento del “vecchio”con giovani rampanti carichi di un asservimento disgustoso e senza che ciò avvenga  con le regole della Democrazia ma con il sistema del “frega compagno”. . Mi preme approfondire il termine: “vecchio”:può riguardare solo il politico locale? Il quale con enormi sacrifici personali e faticosamente  ha dato vita ed ha sostenuto  un’idea politica diversa, innovativa, in continua evoluzione e che ha raccolto nel tempo consensi elettorali di un certo peso fino a  trasferirli anche a livello Nazionale affinchè  qualcuno ci rappresentasse in Parlamento. Se ciò vuol dire vecchio ben venga! Lei, a quanto pare,  intende vecchi solo i politici locali mentre non lo sono  di certo, a suo avviso, i  parlamentari o i Consiglieri Regionali, oltretutto ben retribuiti, che sono presenti da 30 anni sulla scena politica. Il suo modo di vedere è al quanto opportunistico, fazioso e di parte e l’idea di   rinnovamento che propone è a dir poco  parziale, improvvisata e  faziosa. Forse lei è convinto, o quanto meno ha acquisito la consapevolezza che, senza di loro, non sarebbe nessuno politicamente.
Non sa  in cosa consiste il suo consenso elettorale su Scanzano (si candidi da Consigliere e dimostri prima di tutto a se stesso quanto vale in termini di voti ) e poi perché ha paura  dei “ Mangiafuochi”!!! Si sente Pinocchio? Allora il problema non sono gli altri!!!!!!!!
In un partito veramente democratico non si usa l’epurazione (metodo degno della vecchia nomenclatura sovietica) ma il confronto. Per quanto concerne il “nuovo” voglio rammentarle,  caro avvocato, che le regole che Lei ha adottato all’interno del Circolo di Scanzano vanno rispettate. Non mi risulta che lei, una volta eletto Consigliere Comunale, abbia dato le dimissione da Coordinatore Cittadino, (lei personalmente ha approvato e difeso tali regole giustificandosi che io ero “ un accentratore”!). Risulta altresì, che è stato nominato Componente del Coordinamento Provinciale; quindi sembra che ci sia un accentramento di cariche politiche e non sembra che ci sia tanto di “NUOVO”  in questo modo di fare! e ai giovani candidati del PDL Scanzanese quale futuro li  attende nel partito se si accaparra tutto lei? Come vede la visione che ha sugli  ipotetici mangiafuochi è molto distorta;  molte volte se esistono, si vogliono solo sostituire.
Lei, è vero, non usa compromessi a livello locale, ma dovrebbe dimostrare la sua presenza Consiliare non solo fisica. A tal proposito, suggerirei di fare un corso per capire cosa significa “Fare opposizione e come si fa”  e non si culli e non gioisca se la maggioranza si complimenta con lei: è una mera offesa al far opposizione seriamente. I loro complimenti attestano solo la sua incapacità ad ostacolare la loro “Allegra Gestione” pur essendo presente se in una pseudo opposizione o effettiva maggioranza…..problemi di interpretazione?
Ultimo suggerimento, onde evitare cattiva informazione: nella passata Legislatura 2006-2011 non c’era nessuna rappresentanza del PDL perché il Partito non ha mai presentato il simbolo ma venne rappresentato da una lista Civica denominata “Progetto Scanzano” con un numero di eletti di ben 12 Consiglieri, e lei con due canta vittoria….mi sembra più una vittoria di Pirro.
La lista Progetto Scanzano venne  ricusata nella fase di presentazione per vizi di forma, per cui in gara rimase  una sola lista; ma poi non capisco se il Vostro è un vuoto di memoria o altro  perché tutti sanno, compreso Lei, che uno degli avvocati che curava il ricorso al TAR e poi al Consiglio di Stato (DEFINITO INAMMISSIBILE, leggasi incompetente giuridicamente) per la lista Progetto Scanzano era proprio l’avvocato Ripoli quindi LEI!.
Più volte frettolosamente sono molto generoso nel riconoscere una persona intelligente, ma sono altrettanto consapevole di sbagliare.



di Sabatino casulli




Oggi a Catanzaro 2° Udienza per l'appello di Facciolla contro l'assoluzione dei protagonisti di Marinagri



Se l’inchiesta ‘Toghe lucane’ dell’allora pm De Magistris non ha retto al vaglio del pm che l’ha ereditata (Capomolla) né a quella del gip (Maria Rosaria Di Girolamo), resta però ancora in piedi, sempre a Catanzaro, un solo filone. Riguarda la costruzione del mega villaggio turistico ‘Marinagri’ tra Policoro e Scanzano (Matera).dove oggi presso la corte di appello di Catanzaro  si terrà la seconda Udienza

Resta, infatti, l’udienza in appello per Vincenzo Vitale e Marco Vitale (titolari del villaggio turistico), Nicolino Lopatriello, ex sindaco di Policoro, e Felice Viceconte, dirigente del settore 'Urbanistica' al Comune di Policoro. Concorso in truffa aggravata e violazioni edilizie nella realizzazione del villaggio Marinagri sono i reati loro contestati ,  . Restano dubbi, inoltre, anche su 29 ettari di terreno di sospetta proprietà, ma che furono decisivi per i Vitale. I quali, ottenendone il riconoscimento, hanno messo le mani su un grosso finanziamento pubblico. Cioè la linfa che ha nutrito il villaggio Marinagri.

Il filone ancora in piedi

I 4 imputati, rinviati a giudizio su richiesta del pm di Catanzaro Capomolla a luglio del 2009, si sono avvalsi del rito abbreviato. Il giudice per l’udienza preliminare, Gabriella Reillo, li ha assolti il 12 novembre 2009 “perché il fatto non sussiste” dopo che il pm d’udienza (Cianfarini) ne aveva chiesto l’archiviazione. A tutt’oggi resta in piedi il ricorso in appello del sostituto procuratore della Corte di Appello di Catanzaro, Eugenio Facciolla. Che il 15 settembre del 2010, senza fare sconti al gup, nella richiesta di appello afferma che il giudice, assolvendo gli imputati “ha violato la legge penale”.
Il casus belli: "le particelle di terreno riconosciute illegittimente all'Ittica Val d'Agri"

Il pubblico ministero, impugnando la sentenza, si sofferma anche sulle “particelle di terreno erroneamente attribuite all’Ittica Valdagri”. Si tratta di 29 ettari che, come testimoniano alcune foto dell'Istituto militare, erano emersi dopo un’alluvione che aveva ridisegnato il letto del fiume Agri, tra gli anni ‘50 e il '72. E cioè prima che Vincenzo Vitale, con l’Ittica Valdagri, nel 1973, rilevasse dei terreni, per la precisione 150 ettari, nella stessa zona. Zona in cui a distanza di 30 anni avrebbe poi trovato le sue fortune il villaggio ‘Marinagri’. I 29 ettari, nodo del contendere, Vitale li accatasterà solo nel '76. Facendo ritenere che erano emersi dopo l'acquisto della proprietà. Se fosse stato così avrebbe potuto far leva sul principio dell’alveo abbandonato, sancito dall’art.46 del codice civile. Ma le foto dell'Istituto militare dicono che i 29 ettari prima del 1973, anno in cui con un decreto d’urgenza il Prefetto di Matera espropria i terreni all’Ente Irrigazione e li affida a Vitale. Da lì una contesa, ancora in corso, tra l’Alsia, che ha ereditato quei 29 ettari dall’ex Esab, prima Ente Irrigazione, e la stessa società Marinagri. A fine gennaio è previsto un tentativo di conciliazione. Ma la questione non riguarda solo la contesa civile. E' un punto centrale anche nell'inchiesta penale.

Perchè i 29 ettari sono centrali anche nell'inchiesta penale?

“Solo in forza del riconoscimento di proprietà di quegli ettari – specifica il pm Facciolla – il Gruppo Vitale ha potuto vantare la disponibilità dei terreni interessati dall’insediamento edilizio. Ed è riuscito ad ottenere così ingenti finanziamenti pubblici”. Ma proprio il modo in cui il Gruppo Marinagri ottiene il riconoscimento sulla proprietà di quegli ettari è un punto controverso.

I 29 ettari e la doppia versione dell'ingegner Pepe

In due precedenti occasioni, precisa il pm Facciolla, “l’ingegner Pepe dell’Ufficio del Territorio di Matera risulta aver espresso parere negativo a tale riconoscimento di proprietà con giudizi precisi e ineccepibili”. Pepe avrebbe riconosciuto che “quei terreni si erano formati prima che la proprietà venisse attribuita ai Vitale”. E cioè prima del 1973. “I terreni erano sempre stati considerati demaniali”, avrebbe sentenziato l’ingegner Pepe con due pareri, nel 1997 e 1999. Ma nel 2003, scrive ancora Facciolla, “Vincenzo Vitale chiedeva nuovamente il riconoscimento della proprietà sulle particelle in questione. E dopo appena 6 giorni, Pepe, mutando radicalmente orientamento, rendeva parere questa volta positivo”.

Puzza di bruciato

Ciò che più puzza di bruciato secondo il pubblico ministero è che “tutti i pareri negativi” precedentemente emessi dall’ingegner Pepe “non sono stati ritrovati nella pratica presso la Direzione Generale dell’Agenzia del Demanio di Roma”. Praticamente spariti. E non è tutto. Lo stesso Pepe ai carabinieri dichiarò in seguito “di non aver mai espresso pareri negativi in merito alla richiesta dei Vitale”. Mentre il suo collega Morelli, che lavorava nello stesso ufficio, riferisce che “proprio Pepe durante l’istruttoria della domanda dei Vitale lo aveva invitato a ‘lasciar perdere’ la vicenda autoassegnandosi il fascicolo poi licenziato con il parere favorevole”. Nello stesso periodo, sempre Morelli, “aveva constatato l’esistenza di stabili rapporti di frequentazione tra Pepe e i Vitale”.

"Partecipazione dolosa al progetto dei Vitale. I rapporti con l'Amministrazione di Policoro"

Tra il 17 e il 18 aprile 2001 la Marinagri s.p.a chiedeva e otteneva dal Comune di Policoro il cambio di destinazione d’uso di una parte dei terreni da edificare. Da turistico-residenziale a ricettivo-alberghiera. Ma in realtà, sostiene Facciolla, “la destinazione diversa serviva allo spostamento dell’ubicazione di uno degli alberghi previsti, e in corso di finanziamento del Cipe, dal comparto ricadente nel Comune di Scanzano a quello nel Comune di Policoro”. Perché questo cambiamento repentino? “Il sindaco di Scanzano Altieri – ricorda il pm – a differenza del compiacente sindaco di Policoro Lopatriello, si opponeva al progetto. E aveva bloccato l’iter di finanziamento pubblico. Occorreva rimuovere l’impasse”. Tempi di record per la risoluzione del problema. In un giorno, dal 17 al 18 aprile 2001, l’istanza di Marinagri, per cambiare la destinazione d’uso dei terreni, viene accolta dalla giunta di Policoro. La pratica, spiega il pm, “viene istruita dal tecnico Comunale Viceconte. E la Giunta, presieduta dal sindaco Lopatriello, si riunisce il giorno dopo accogliendo la richiesta”. Ma c’è anche dell’altro. Lopatriello e Felice Viceconte, sostiene Facciolla, “il 15 gennaio 2002 inviarono al Ministero delle Attività produttive e al Cipe una missiva con cui sostenevano la cantierabilità delle opere da finanziare a Marinagri, ben guardandosi dal segnalare che dal giorno prima, il 14 gennaio, era divenuto efficace il Pai (Piano di Assetto idrogeologico, ndr) che imponeva sull’intera area il vincolo di inedificabilità assoluta per l’alto rischio idrogeologico”. La stessa missiva, sottolinea Facciolla, “seppur proveniente da organi pubblici, risulta trasmessa a mezzo telefax dalla società Et&m Di Marco Vitale e dalla Ittica Valdagri, sempre dei Vitale, e cioè da quegli stessi privati interessati al finanziamento perorato dai due pubblici amministratori”. Una prova, questa, secondo Facciolla, di “partecipazione dolosa” di Lopatriello e Viceconte “al progetto criminoso dei Vitale”.

La variante concessa in 4 mesi da Bubbico

Il Piano di Assetto Idrogeologico è un atto di programmazione urbanistica che tutela il territorio di competenza dell’Autorità di Bacino della Basilicata da fenomeni calamitosi. Il Piano entra in vigore il 14 gennaio 2002. Da quella data in poi, anche sui terreni interessati dall’intervento di Marinagri, sussiste un vincolo di inedificabilità. “In modo sfacciato – sostiene il pm – Vincenzo Vitale presenta istanza per ottenere una Variante che elimini il vincolo sulle aree che riguardano il progetto” Marinagri, sostenendo la ‘benché minima possibilità di inondazione anche nell’ipotesi di eventi estremi’”. Il 16 gennaio (2002) l’Autorità di Bacino effettua un sopralluogo e due giorni dopo emette parere favorevole ad accogliere l’istanza chiesta da Vitale. “Il 3 maggio - chiarisce ancora il pm - la Commissione tecnica all’uopo nominata si esprimeva per l’ammissibilità della Variante con prescrizione di innalzamento degli argini, e imponendo al privato una relazione biennale sullo stato degli argini stessi, pena la revoca delle autorizzazioni”. Il 28 maggio 2002 “il Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino, presieduto dal Governatore Bubbico, delibera l’approvazione della Variante”. Ma nel 2007, e cioè 5 anni dopo, quando la Procura di Catanzaro manda i tecnici a fare i primi sopralluoghi “non erano stati realizzati innalzamenti di argini né erano state redatte relazioni sugli stati degli stessi, che avrebbero dovuto avere cadenza biennale”.

"Il privato non ha adempiuto alle prescrizioni"

“Se l’innalzamento degli argini doveva servire a rimuovere il vincolo di inedificabilità – aggiunge Facciolla - bisognava prima effettuare le opere da parte del privato, poi verificarne la consistenza da parte dell’autorità amministrativa e solo in caso di esito positivo procedere con le costruzioni”. Facciolla, quindi, nel suo ricorso alla Corte di Appello, punta su un principio: “Il privato non ha adempiuto alle prescrizioni imposte” e cioè all’innalzamento degli argini, come evidenziato da un controllo della Procura di Catanzaro del 2007. Ragion per cui “la Variante ha perso valore”. E così anche “l’intervento edificatorio”.

In attesa di appello

Abbiamo raccontato questi retroscena del processo che vede   coinvolti i quattro imputati lucani a Catanzaro non per sostituirci al giudizio penale dove oggi si terrà la seconda udienza e dove il Pm Facciolla nella precedente aveva chiesto la condanna delle persone coinvolte applicando le sanzioni minime previste dal codice , ma nella speranza che sia un giudizio di immocenza o colpevolezza , sia senza ombre in una vicenda che ha segnato e segnerà il futuro di questa città.
Dal blog di Ottavio Frammartino

UNA MORTE CHE IN ITALIA NON FA NOTIZIA


La morte del premio Nobel Elinor Ostrom non ha fatto notizia in Italia: il fatto non può sorprendere nel Paese più irrimediabilmente lontano dal liberalismo di tutto l’occidente. Ma la Ostrom ha condotto alle più coerenti conseguenze l’intuizione tocquevilliana dell’autogoverno della società civile, formulando una rigorosa teoria della gestione collettiva, ma non pubblica, del governo dei beni comuni.

di Giovanni Vetritto, da criticaliberale.it

Se ne è andata nella solita indifferenza della comunità scientifica e dei mezzi di comunicazione di massa.
Non è bastato essere stata la prima donna a vincere il premio Nobel per l’economia; aver dato un contributo fondamentale alla fondazione della scuola neoistituzionalista; aver smantellato l’ideologismo della “tragedy of the commons” con una delle opere metodologicamente e contenutisticamente più innovative delle scienze sociali del ‘900; aver dato una teoria empiricamente dedotta da decenni di ricognizioni a livello mondiale sulla gestione dei beni collettivi, indicando con ciò una alternativa praticabile alla ingenua dicotomia secca Stato/Mercato.

Per Elinor Ostrom l’attenzione è stata sempre inferiore ai meriti, soprattutto in Italia. E conseguentemente, la sua morte non ha fatto notizia, non è di fatto comparsa quasi per nulla sui media nazionali.
Il fatto non può sorprendere nel Paese più irrimediabilmente lontano dal liberalismo di tutto l’occidente.

Elinor Ostrom ha condotto alle più coerenti conseguenze l’intuizione tocquevilliana dell’autogoverno della società civile, formulando una rigorosa teoria della gestione collettiva, ma non pubblica, del governo dei beni comuni, iscrivendosi esplicitamente in un filone culturale di razionalismo critico ed empirico che ella stessa faceva risalire a Hume, Smith e allo stesso Tocqueville. Con ciò ponendosi come la più genuina epigona della tradizione della democrazia fondata sulla libera associazione degli individui, che il grande storico francese aveva individuato come lo specifico della “Democrazia in America” nella sua fondamentale opera del 1835.

Esaminando una ricca casistica di esperienze di gestione associata da parte dei fruitori di beni collettivi, per individuarne le ragioni di successo o vivisezionarne le ragioni di fallimento, nella sua principale opera “Governing the commons” del 1990 Ostrom ha messo in evidenza come non sia sempre necessario ricorrere al Leviatano burocratico per garantire socialità e vantaggio collettivo nella gestione di utilità comuni; allo stesso tempo, ha dimostrato come non sia solo e sempre la molla dell’egoismo individuale a consentire valore aggiunto per la collettività, come avrebbe voluto una rilettura unilaterale e semplicistica dello Smith della arcinota pagina del macellaio e del birraio de “La ricchezza delle nazioni”. Una rilettura, sia detto per inciso, che non rende giustizia alla complessità e alla ricchezza di quella che resta l’opera fondamentale di un liberalismo molto più aperto e perfino interventista di quanto si sia voluto contrabbandare nella recente età del “pensiero unico” del Washington consensus.

Ma d’altra parte, è questa la sorte di alcune grandi teorizzazioni della storia del liberalismo: essere banalizzate e distorte, da chi non ha nemmeno voglia di applicarsi a leggerle, per farne alcunché di diverso, e in alcuni casi perfino di opposto.
È accaduto, negli ultimi mesi, anche a Ostrom; la cui autorità, dopo il conferimento del Nobel, è stata da tante parti evocata per giustificare una nuova fortuna dell’espressione “beni comuni”, nella stragrande maggioranza dei casi evocata però proprio a difesa di quello statalismo acritico che è quanto di più lontano dal portato della sua opera maggiore.

È invece la potenzialità delle dinamiche cooperative al centro dell’analisi di Ostrom, non certo la vecchia e ormai consunta teorica della gestione burocratica. Una potenzialità indagata in una logica non ingenua di composizione e coordinamento degli interessi degli individui, non certo in quella di una illusoria irenica cancellazione degli stessi in vista di non si bene quale paradiso dell’altruismo. L’individualismo e l’interesse particolare sono contemplati, ed anzi posti a base della sua teoria delle istituzioni; solo, attraverso lo studio analitico di una moltitudine di casi di democrazia regolativa e gestionale, Ostrom ha saputo dimostrare come una regolazione convenzionale e deliberativa possa renderli compatibili, ed anzi funzionali, alla conservazione e valorizzazione di beni scarsi e non riproducibili: bacini idrici e di pesca, sistemi di irrigazione, patrimoni boschivi. E ciò a distanze immense di tempo e di spazi, dalle “regole ampezzane” trecentesche alle deliberazioni partecipate sulla gestione dei bacini idrici negli Stati Uniti degli anni ’50 del ‘900, dalle Filippine al Giappone al Messico e alle Alpi svizzere.

In anni nei quali il criterio della “sostenibilità” e quello dell’equilibrio ambientale divengono, a volerli “prendere sul serio” nel senso indicato da Roland Dworkin, indirizzi fondamentali per le politiche pubbliche, tanto nelle raccomandazioni delle maggiori organizzazioni sovranazionali quanto nelle regole fondanti della res publica europea, la casistica ostromiana offre tesori tutti da esplorare per un vero e ambizioso riformismo ambientalista nel fine e liberale nel metodo.

Allo stesso tempo, nel momento in cui valorizza le potenzialità delle deliberazioni collettive e la virtù della regolazione flessibile, condotta attraverso il metodo consensuale, quella stessa casistica assume una rilevanza ancora maggiore come esempio di una modalità efficace di costruzione di assetti di regolazione e gestione sussidiaria e socialmente condivisa: proprio ciò che si dovrebbe intendere come il senso generale delle moderne politiche di governance, in quanto contrapposte al determinismo dirigistico delle vecchie e ormai superate politiche di government statalistico.

Una duplice valenza, nel merito della sostenibilità e nel metodo del deliberativismo, che fa di Ostrom una delle personalità del liberalismo recente più interessanti e innovative. Non a caso, Ostrom è stata, nell’ultima fase delle sua riflessione, anche al centro delle concettualizzazioni riguardo al nuovo atteggiarsi della conoscenza come valore condiviso e “bene comune” nell’età di internet e dei creative commons. Dimostrazione ulteriore, ove ce ne fosse bisogno, della modernità di una riflessione iniziata studiando scartafacci del duecento,e finita immaginando il futuro. Come spesso accade al miglior liberalismo.

(20 giugno 2012)

LO SCIPPO DELLA COSTITUZIONE


di Stefano Rodotà, da Repubblica, 20 giugno 2012

Stiamo vivendo una fase costituente senza averne adeguata consapevolezza, senza la necessaria discussione pubblica, senza la capacità di guardare oltre l’emergenza. È stato modificato l’articolo 81 della Costituzione, introducendo il pareggio di bilancio. Un decreto legge dell’agosto dell’anno scorso e uno del gennaio di quest’anno hanno messo tra parentesi l’articolo 41. E ora il Senato discute una revisione costituzionale che incide profondamente su Parlamento, governo, ruolo del Presidente della Repubblica. Non siamo di fronte alla buona “manutenzione” della Costituzione, ma a modifiche sostanziali della forma di Stato e di governo. Le poche voci critiche non sono ascoltate, vengono sopraffatte da richiami all’emergenza così perentori che ogni invito alla riflessione configura il delitto di lesa economia.

In tutto questo non è arbitrario cogliere un altro segno della incapacità delle forze politiche di intrattenere un giusto rapporto con i cittadini che, negli ultimi tempi, sono tornati a guardare con fiducia alla Costituzione e non possono essere messi di fronte a fatti compiuti. Proprio perché s’invocano condivisione e coesione, non si può poi procedere come se la revisione costituzionale fosse affare di pochi, da chiudere negli spazi ristretti d’una commissione del Senato, senza che i partiti presenti in Parlamento promuovano essi stessi quella indispensabile discussione pubblica che, finora, è mancata.
Con una battuta tutt’altro che banale si è detto che la riforma dell’articolo 81 ha dichiarato l’incostituzionalità di Keynes.

L’orrore del debito è stato tradotto in una disciplina che irrigidisce la Costituzione, riduce oltre ogni ragionevolezza i margini di manovra dei governi, impone politiche economiche restrittive, i cui rischi sono stati segnalati, tra gli altri da cinque premi Nobel in un documento inviato a Obama. Soprattutto, mette seriamente in dubbio la possibilità di politiche sociali, che pure trovano un riferimento obbligato nei principi costituzionali. La Costituzione contro se stessa? Per mettere qualche riparo ad una situazione tanto pregiudicata, uno studioso attento alle dinamiche costituzionali, Gianni Ferrara, non ha proposto rivolte di piazza, ma l’uso accorto degli strumenti della democrazia. Nel momento in cui votavano definitivamente la legge sul pareggio di bilancio, ai parlamentari era stato chiesto di non farlo con la maggioranza dei due terzi, lasciando così ai cittadini la possibilità di esprimere la loro opinione con un referendum.

Il saggio invito non è stato raccolto, anzi si è fatta una indecente strizzata d’occhio invitando a considerare le molte eccezioni che consentiranno di sfuggire al vincolo del pareggio, così mostrando in quale modo siano considerate oggi le norme costituzionali. Privati della possibilità di usare il referendum, i cittadini — questa è la proposta — dovrebbero raccogliere le firme per una legge d’iniziativa popolare che preveda l’obbligo di introdurre nei bilanci di previsione di Stato, regioni, province e comuni una norma che destini una quota significativa della spesa proprio alla garanzia dei diritti sociali, dal lavoro all’istruzione, alla salute, com’è già previsto da qualche altra costituzione. Non è una via facile ma, percorrendola, le lingue tagliate dei cittadini potrebbero almeno ritrovare la parola.

L’altro fatto compiuto riguarda la riforparlamentari, costituzionale strisciante dell’articolo 41. Nei due decreti citati, il principio costituzionale diviene solo quello dell’iniziativa economica privata, ricostruito unicamente intorno alla concorrenza, degradando a meri limiti quelli che, invece, sono principi davvero fondativi, che in quell’articolo si chiamano sicurezza, libertà, dignità umana. Un rovesciamento inammissibile, che sovverte la logica costituzionale, incide direttamente su principi e diritti fondamentali, sì che sorprende che in Parlamento nessuno si sia preoccupato di chiedere che dai decreti scomparissero norme così pericolose.

È con questi spiriti che si vuol giungere a un intervento assai drastico, come quello in discussione al Senato. Ne conosciamo i punti essenziali. Riduzione del numero dei modifiche riguardanti l’età per il voto e per l’elezione al Senato, correttivi al bicameralismo per quanto riguarda l’approvazione delle leggi, rafforzamento del Presidente del Consiglio, poteri del governo nel procedimento legislativo, introduzione della sfiducia costruttiva. Un “pacchetto” che desta molte preoccupazioni politiche e tecniche e che, proprio per questa ragione, esigerebbe discussione aperta e tempi adeguati. Su questo punto sono tornati a richiamare l’attenzione studiosi autorevoli come Valerio Onida, presidente dell’Associazione dei costituzionalisti, e Gaetano Azzariti, e un documento di Libertà e Giustizia, che hanno pure sollevato alcune ineludibili questioni generali.

Può un Parlamento non di eletti, ma di “nominati” in base a una legge di cui tutti a parole dicono di volersi liberare per la distorsione introdotta nel nostro sistema istituzionale, mettere le mani in modo così incisivo sulla Costituzione? Può l’obiettivo di arrivare alle elezioni con una prova di efficienza essere affidato a una operazione frettolosa e ambigua? Può essere riproposta la linea seguita per la modifica dell’articolo 81, arrivando a una votazione con la maggioranza dei due terzi che escluderebbe la possibilità di un intervento dei cittadini? Quest’ultima non è una pretesa abusiva o eccessiva. Non dimentichiamo che la Costituzione è stata salvata dal voto di sedici milioni di cittadini che, con il referendum del 2006, dissero “no” alla riforma berlusconiana.

A questi interrogativi non si può sfuggire, anche perché mettono in evidenza il rischio grandissimo di appiattire una modifica costituzionale, che sempre dovrebbe frequentare la dimensione del futuro, su esigenze e convenienze del brevissimo periodo. Le riforme costituzionali devono unire e non dividere, esigono legittimazione forte di chi le fa e consenso diffuso dei cittadini.

Considerando più da vicino il testo in discussione al Senato, si nota subito che esso muove da premesse assai contestabili, come la debolezza del Presidente del Consiglio. Elude la questione vera del bicameralismo, concentrandosi su farraginose procedure di distinzione e condivisione dei poteri delle Camere, invece di differenziare il ruolo del Senato. Propone un intreccio tra sfiducia costruttiva e potere del Presidente del Consiglio di chiedere lo scioglimento delle Camere che, da una parte, attribuisce a quest’ultimo un improprio strumento di pressione e, dall’altra, ridimensiona il ruolo del Presidente della Repubblica. Aumenta oltre il giusto il potere del governo nel procedimento legislativo, ignorando del tutto l’ormai ineludibile rafforzamento delle leggi d’iniziativa popolare. Trascura la questione capitale dell’equilibrio tra i poteri.

Tutte questioni di cui bisogna discutere, e che nei contributi degli studiosi prima ricordati trovano ulteriori approfondimenti. Ricordando, però, anche un altro problema. Si continua a dire che le riforme attuate o in corso non toccano la prima parte della Costituzione, quella dei principi. Non è vero. Con la modifica dell’articolo 81, con la “rilettura” dell’articolo 41, con l’indebolimento della garanzia della legge derivante dal ridimensionamento del ruolo del Parlamento, sono proprio quei principi ad essere abbandonati o messi in discussione.

(20 giugno 2012)

mercoledì 20 giugno 2012

Date informazioni : non costano niente!!!!!!!

Un intero Paese, in piena Estate  , senza acqua .  Qualcuno vuole avvisare la cittadinanza? Vuole dirci cosa è successo?Vuole dirci  fino a quando resteremo senz’acqua? E’ stato predisposto un servizio alternativo per i cittadini che non sono nelle condizioni di potersi procurare questo bene? Se non siete in grado di dare l’acqua ……date informazioni : non costano niente!!!!!!!

Un due di picche che si crede asso di cuori


D'Armento e il PDL
Il suo , sig. Ripoli, è un gioco davvero  scorretto e lei, che in politica , lo dicono i numeri,  è un due di picche che si crede asso di cuori, non meriterebbe nemmeno risposta, ma mi vedo , purtroppo, attaccato sul piano personale .

Da quest’ultimo suo intervento emerge con chiarezza  che a lei, incapace di sostenere dialetticamente un dibattito, cosa che per un avvocato dovrebbe essere  normalita’, non resta nulla di meglio che prodursi in attacchi alla persona colmi di inconsulto livore.

 Il suo secondo ,ancor più infelice, intervento sulla stampa, è oltraggioso e zeppo di menzogne;capisco chiaramente il perché della sua vita politica cosi “giovane” eppur cosi“piena di vuoto “ : la gente, soprattutto quella della sua comunità, evidentemente non fatica a cogliere la  perfidia che trasuda dalla maschera di buono che lei vuole ostentare.

Vede caro Ripoli, io mi guadagno la ”polpa” col mio lavoro e non ho bisogno, come tanti, di rosicchiare l’ “osso” degli incarichi e delle prebende ottenute disonestamente attraverso la politica (a proposito voglio chiederle:  lei ha mai ottenuto , in tempi non lontani, incarichi giuridici da pubbliche amministrazioni....?) .

Non le sfuggirà , da padre e marito premuroso quale certamente è, che è duro oggigiorno  portare avanti una famiglia per cui non capisco il perché lei si dolga della mia attività’ professionale.  Il fatto di essere un assessore che ha un lavoro è, anzi, una maggior garanzia di affidabilità per i cittadini, perché sono stato libero di agire per il bene comune, senza subire pressioni nè cedere a  compromessi, ma non mi stupisco che lei possa stentare ad afferrare questi concetti.

A Nova Siri il sottoscritto, uno dei più suffragati alle urne, (non siedo come lei in consiglio solo perché capolista perdente) ,  ha portato avanti con grande sacrificio la propria azione amministrativa , ottenendo documentabili risultati e ne è provauna comunicazione , che ancora conservo, redatta prima che emergessero divergenze, in cui il Sindaco di Nova Siri espresse vivo compiacimento per ilmio operato di governo. Per quanto riguarda la “colla” alla poltrona invece lei ignora che D’Armento , nel 2011 ,con spirito di corpo, per tenere coesa la maggioranza allorché si delineò un gruppo di opposizione interna,cedette spontaneamente la carica di assessore e la relativa indennità, pur conservando le deleghe, con il plauso spontaneo del deputato europeo del PDL Sergio Paolo Silvestris, venuto casualmente a conoscenza del fatto.

Questi , Ripoli, sono tutti fatti documentabili ma,  come vede,  lei ignora tante, troppe cose, eppure continua a propalare menzogne e ad inveire in modo scomposto.

Se le sue considerazioni suscitano solo ilari e fugaci  commenti da bar, mentre le mie  sono state persino pubblicate sul Sito Ufficiale del PDL Regionale (pdlbasilicata.it) un motivo ci sara':  sono ben argomentate e interpretano un malessere diffuso in gran parte del popolo di centrodestra, un malessere chesolo uno chi vive su Marte non percepisce; mi dica, lei che sta sul territorio,li legge i giornali ? Ha letto il recente intervento di Gianni Rosa in merito aViceconte?  Evidentemente no.

 Non ho disprezzato igiovani componenti della sua lista ma ho criticato solo lei: Il rinnovamento di“cuori” di cui parla è reale solo quando parte spontaneamente dalla base ma lei, caro Ripoli, proviene dalla base?

Non sembrerebbe ... la piazza di Scanzano vocifera che lei sia stato sempre calato dall’alto come un piombo dal Re Pescatore contro il volere popolare ; è noto che quando Casulli doveva legittimamente divenire il segretario della sezione PDL di Scanzano lei , su richiesta di Altieri, a cui dovrebbe esser grato, fu “calato”  nell'incarico dal solito  Deus ex machina  che, nell’occasione, andò ai ferri corti con il coordinatore di partito avv. Labriola. Sembra, ancora, che quando si dovette scegliere il capolista alle scorse elezioni  lei si impose di pugno in quanto segretario cittadino, creando una insanabile frattura con la lista “Progetto Scanzano”. E’di dominio pubblico la sua promessa che , dopo le elezioni, si sarebbe dimesso da segretario di sezione ma tuttora non l’ha fatto ( e poi sarei io incollato alla poltrona!?). Chi fa sia il capogruppo consiliare sia il segretario cittadino , accentrando tutto a se, evidentemente disprezza e considera incapaci gli altri uomini di partito di Scanzano. Ecco la spiegazione dei suoi disastri elettorali.

Tutto ciò  dipinge a chiare tinte l’immagine di un aspirante tirannello di borgata, in quanto tale abbandonato da tutti, perfino dai giovani che erano in lista con lei e di cui fa menzione (come biasimarli? pare che la sezione del PDL di Scanzano sia ormai frequentata solo da 3persone: lei, un suo consigliere e un suo fedelissimo che ambisce ad essere segretario di sezione).

Chi è causa dei propri mali pianga se stesso, invece lei, nella sua candida arroganza, si permette addirittura di “sferzare” chi non la sostenne alle elezioni? Questo la dice tutta sul suo coraggio da Don Abbondio: chi ha l’animo di un leader  non può  scaricare le proprie responsabilità  sui militanti :addossare ai sostenitori del partito la propria disfatta  è davvero  eticamente inqualificabile :se avesse un minimo di buon senso, caro Ripoli, farebbe bene a dimettersi  da Dirigente provinciale del PDL e farebbero bene gli altri Dirigenti di partito a prendere atto della sua disdicevole condotta.

Come può  lei ergersi a innovatore e condottiero  di un partito se il suo atteggiamento è quello del più pavido  soldatino  imboscato nelle retrovie?
Spero che questa penosa kermesse di comunicati stampa, che lei, Ripoli, ha voluto alimentare entrando di forza in questioni che non le competono, sia finalmente al termine e le auguro di trovare la giusta serenita' d'animo che possa farle coltivare al meglio la sua professionalita'.
Dr. Giuseppe D'Armento ,consigliere comunale indipendente di Nova Siri

martedì 19 giugno 2012

                              Aggiornamenti sul traffico
                                                                      TGR Jonico
                                             Ore 15,40
Aumenta  la  coda di macchine ma soprattutto  di tir, che  paralizza il traffico  lungo  il tratto di  strada di Nova Siri  sulla 106 jonica. Lei, la bella “onorevole” venuta dall’Est,di cui al momento non conosciamo l’identità, continua il suo lavoro,si  concede a  tutti… una parola, una pacca sulla spalla e  rinati, si  ritorna  alla vita quotidiana. Al momento la fila è lunga, ma ordinata. Non si segnalano incidenti: solo qualche svenimento  dovuto al caldo. Noi , pazienti, come gli altri , aspettiamo il nostro turno. Vogliamo l’intervista.  Vogliamo sapere chi è ? Da dove viene? Perché opera sulla 106? Vogliamo sapere tutto sulla sua vita ? Forse si farà tardi. Forse si  farà notte! Ma  l'intervista la faremo!  

               Immagini tratte dal film"la trattadiva della 106 di Nova Siri".Prossimamente al cinema
TGR Ionico
Notizie sul traffico.
Rallentamenti e code , si segnalano sulla 106 , nel tratto di Nova Siri, dove sembra, operi  indisturbata una stupenda  star del Parlamento di un Paese dell'est europeo . I camionisti hanno bloccato i tir, improvvisato "chioschi  gastronomici"  e , aspettano il proprio turno....

Stiamo tentando di avere una intervista con la bellissima parlamentare.....al  momento occupatissima.

Vi terremo aggiornati !!!

La politica senza leader


NOI, L'EUROPA E LA CRISI DEI PARTITI
La politica senza leader
Dalla fine del Novecento l'Europa dei partiti non sembra più capace di produrre autentici capi politici, leader degni del nome (ne sa qualcosa la Grecia, che in queste ore sta decidendo del suo destino; e non solo del suo). È ormai solo un ricordo, infatti, l'epoca dei Mitterrand, dei Kohl, dei Gonzalez: uomini dotati di chiarezza di visione e di fiducia in se stessi, di capacità di comando e di convinzione. E così, proprio quando l'equilibrio europeo e l'intera costruzione dell'Unione si trovano ad affrontare la loro maggiore crisi, essi si trovano a doverlo fare senza guida.

L'assenza di figure di capi politici è tra i sintomi più evidenti dell'affievolimento-crisi della sfera politica europea come effetto della perdita di sovranità da parte degli Stati. Quando, infatti, una parte sempre maggiore delle cose che più contano, e che prima erano nelle mani della politica e perciò degli elettori, vengono invece a essere determinate ora dalla globalizzazione o dai mercati finanziari, ovvero decise dalle burocrazie «unioniste» di Bruxelles, o comunque sottoposte al placet di istanze collettive («vertici» vari, G8, G20 o quello che siano) - e sempre più o meno supinamente accettate dai governi - allora è inevitabile che la politica nazionale perda insieme al senso di sé anche ogni capacità di affermarsi per ciò che da sempre essa è: vale a dire l'ambito elettivo del comando pubblico e di coloro che lo esercitano. E dove c'è ben poco da decidere, è difficile che vi sia qualcuno realmente capace di comandare.

La crisi dello strumento partito non appare altro, al dunque, che un effetto di questa crisi della politica come decisione e comando. E non meraviglia che specialmente in Italia i partiti appaiano alle corde e la politica screditata: proprio perché da noi come in pochi altri posti la politica e lo strumento partito hanno svolto un ruolo di comando altrettanto centrale e pervasivo. La portata della loro sfortuna attuale è pari solo alla loro fortuna precedente.

Ma i guai dell'Italia, sebbene in forma accentuata, sono i medesimi delle democrazie europee. Le quali come tutte le società di questo tipo, proprio a causa dell'articolata ampiezza e autonomia dei centri di decisione che è loro caratteristica, necessitano vitalmente un luogo ultimo di coordinamento, di impulso e di comando. Cioè di leader, di un leader: a dispetto delle chiacchiere deprecatorie sulla «personalizzazione» che, soprattutto in Italia, abbiamo tanto sentito ripetere negli ultimi tempi. Tempi nei quali la suddetta personalizzazione - che c'è sempre stata - è apparsa quanto mai deprecabile: ma solo perché riguardava leader che in realtà erano delle mezze cartucce. Mentre quando essa riguarda leader veri, allora, invece, nessuno quasi la nota e tanto meno la depreca: se è vero come è vero che a nessuno verrebbe e - che io sappia - è venuto mai in mente, per esempio, di deprecare il ruolo (a suo modo anch'esso personale e leaderistico) di un Roosevelt o di un De Gasperi (e neppure di un Berlinguer, sia detto tra parentesi).

di Ernesto Galli della Loggia, dal corriere
17 giugno 2012 |

lunedì 18 giugno 2012

Nova Siri
Lavori Statale 106
  Fermate  questo giro di prostituzione.
Il lavoro è un diritto!
                                              Se, proprio non riuscite a   fermarlo,
                               fategli pagare, almeno , le tasse !
                                               ( immagini tratte dal film "la tratta diva della 106  di Nova Siri", prossimamente al cinema) . 





Il "Potere" può tutto: può corrompere, umiliare le persone,le Istituzioni ...esercitare violenza attraverso atti rivestiti di falsa legalità....mettere in ginocchio imprese, imprenditori, cittadini .....favorire gli amici, danneggiare le persone libere,favorire gli interessi privati dei poteri forti....colpire gli interessi i pubblici .... appagare la fame dei sei soliti "pescicani" .... spacciare diritti per favori personali...alimentare le sua insaziabile fame, calpestando regole, diritti, persone, imprenditori, economia....
Ma anche il "Potere" ha un punto debole ! E' impotente davanti alla satira. E' impotente quando lo solletica, lo graffia, lo colpisce,lo mette a terra, lo spoglia, lo umilia , mostrando nella nudità, tutte le sue miserie: umane, civili, democratiche, politiche! E' quello che faremo a Nova Siri!

domenica 17 giugno 2012

Il compromesso sulla morale


di MASSIMO GIANNINI, da Repubblica

TRA minacce del Pdl e anatemi del Pd, sulla legge anti-corruzione si consuma un pessimo compromesso al ribasso. Fatto di ipocrisie politiche che nascondono le cattive conoscenze della destra e di anomalie giuridiche che riflettono le scarse conoscenze della sinistra. Non sappiamo se il testo di "mediazione" elaborato dal ministro Severino vedrà effettivamente la luce. Ma sappiamo per certo che quel provvedimento non risolve i problemi di un Paese incapace di voltare pagina sul terreno della legalità, di uscire dalle logiche da "Stato di eccezione" delle norme ad personam inventate negli anni del berlusconismo da combattimento, o dalle apparenti guerre di posizione che spesso servono solo a mascherare forme improprie di quietismo istituzionale.

L'Italia, il Paese di Tangentopoli, vive una nuova questione morale. Il malaffare prospera nella zona grigia che incrocia politica ed economia, e costa ogni anno 60 miliardi ai contribuenti, come ci ricorda la Corte dei conti. Secondo uno studio del Pew Research, citato dal professor Luigi Guiso, tutti i cittadini dei Paesi industrializzati sono convinti che il Paese meno corrotto d'Europa sia la Germania, e a eccezione dei cechi, dei polacchi e dei greci, tutti considerano che il Paese più corrotto sia l'Italia. È un dato oggettivo. Di fronte a questa evidenza, uno Stato serio avrebbe una strada molto semplice da percorrere: allungare i tempi della prescrizione dei processi scandalosamente abbattuti dalle leggi su misura volute
da Berlusconi (su tutte, la ex Cirielli), o in subordine inasprire le pene per il reati di corruzione e di concussione per induzione. Per ragioni evidentemente inesplicabili alle opinioni pubbliche, i partiti non possono o non vogliono procedere su questa via maestra, semplice e coerente con l'obiettivo di rafforzare i principi dello Stato di diritto. Preferiscono pasticciare e litigare su proposte contraddittorie, che celano le peggiori intenzioni. E il governo preferisce mediare con soluzioni macchinose, che autorizzano i peggiori sospetti.

È inutile negare l'innegabile. Se passasse la legge Severino (nella versione su cui è stata posta la fiducia alla Camera, che spacchetta i due principali reati contro la pubblica amministrazione nelle altrettante fattispecie della corruzione per costrizione e della indebita induzione) l'impatto sui processi in corso sarebbe sicuro. Nel processo Ruby che coinvolge Berlusconi, secondo una parte della Procura potrebbe non esserci "continuità giuridica" e il reato di concussione per la telefonata alla Questura di Milano potrebbe decadere. Certo, resterebbe il reato di prostituzione minorile, ma quello è molto più difficile da dimostrare in dibattimento.

Nel processo che vede coinvolto Filippo Penati per le tangenti nell'area Falck almeno due delle tre concussioni per le quali l'ex sindaco di Sesto è imputato risulterebbero già prescritte nel 2010, mentre la terza si prescriverebbe entro il prossimo anno. Certo resterebbero i reati di finanziamento illecito e corruzione, ma questi sono di ben minore gravità sul piano delle pene. Questo è lo stato dell'arte. E non c'è alcun parlamentare onesto né alcun opinionista preparato che possa smentirlo. La battaglia che stanno inscenando i partiti, quindi, è del tutto insensata e strumentale. Il Pd avrebbe dovuto capirlo per tempo, e far saltare subito un tavolo velenoso, dove non sono ammesse trattative, meno che mai sotto banco. Si sarebbe almeno risparmiato il danno e la beffa di vedersi ora esposto alla gogna mediatica, per aver sostenuto una norma "salva-Penati", proprio dal partito personale del Cavaliere che per lui ha costruito in quasi vent'anni ogni genere di salvacondotto. Lo stesso partito che adesso, nella relativa incertezza sull'efficacia delle nuove norme nel processo Ruby, porta la sua aberrante "filosofia" fino alle più estreme conseguenze, minacciando ritorsioni sulla legge per la responsabilità civile diretta delle toghe: una norma che salva solo Penati è insostenibile, dicono i dottor Stranamore del Pdl, ce ne vuole una che salva espressamente tutti, a partire dal Cavaliere.

La miserabile follia di questo "negoziato" è sotto gli occhi di tutti. Tanto più se la si accompagna con l'altra mostruosità di questa nuova legge anti-corruzione, che per sancire l'ovvio, cioè l'incandidabilità immediata del parlamentare che abbia subito una condanna definitiva, rimanda a un'erratica delega al governo, che visti i tempi stretti della legislatura rischia di non vedere mai più la fase attuativa. Sono nutrimenti preziosi, per la "bestia" dell'anti-politica, ma anche per la domanda di "altra politica" che pure si leva, sempre più forte, dalla pancia e dalla testa degli italiani. Di fronte a questo scempio del buon senso e del buon diritto, non resta che lanciare un appello ai due poli e al Guardasigilli, sulla scia di quanto ha già scritto su Repubblica Gianluigi Pellegrino. Concordino, tutti insieme, un disarmo bilaterale, e rinuncino a riscrivere il codice per salvare questo, quello o tutti quanti. Lascino com'è l'articolo 317 del codice penale, che disciplina la concussione per induzione (unica forma conosciuta e diffusa di reato contro la Pubblica amministrazione) e si limitino a integrarla con un codicillo di due righe, in cui si prevede l'eventuale punibilità del concusso, oltre che del concussore. Per fare questa scelta non servono settimane né mesi né anni. Basta una mezz'ora per scrivere la norma, e un paio di giorni per approvarla nei due rami del Parlamento. Governo e maggioranza abbiano un sussulto di dignità e di responsabilità, e lo facciano. Gli italiani onesti, che chiedono solo democrazia e legalità, gliene saranno finalmente grati.
m.giannini@repubblica.it
(16 giugno 2012)

giovedì 14 giugno 2012

D'Armento e il PDL


Felice sia chi è  giovane e chi da giovane vive, recita un vecchio adagio, porgo quindi vivi complimenti al sig. Ripoli sedicente giovane , posizionato nel direttivo provinciale del PDL  in fiero riconoscimento alla sua recente performance elettorale che ha fatto ridere l’intero Metapontino. A 44 anni non si è giovani (probabilmente  per i domini del PDL materano nel loro modo elastico-consociativistico di concepire la politica lo è); giovane può definirsi Giorgio Santoriello che al recentecongresso ha posto i suoi legittimi quesiti ottenendo come risposta la più sorda indifferenza. Questo è un dato inconfutabile.

Sfugge al Ripoli che il sottoscritto ha una militanza nel PDL più lunga della sua (ho partecipato al Congresso Fondativo) e l’esperienza amministrativa (cosa che lui non può vantare) mi legittima nell’esprimere con chiarezza le mie opinioni. Ma di cosa parla Ripoli? Le risposte alle sue insinuanti illazioni  stanno nella stessa retorica ammuffita e scontata in cui sembra esaltarsi , nella sua dialettica polverosa  che non può convincere nessuno  così come non ha convinto nessuno quando alle elezioni comunali di Scanzano la sua lista ottenne un risultato a dir poco disastroso,qualificandosi terza su tre, bocciata e ridicolizzata. Ripoli dice di non conoscere né me né le motivazioni che mi hanno spinto alla critica,tuttavia alcuni passaggi del suo intervento denotano il contrario;  quindi le ipotesi sono due:

la prima è che in realtà conosca il mio profilo politico ed in questo caso sarebbe un vero bugiardo, un principe della “mendacio”; la seconda ipotesi è  che non conosca davvero il mio profilo politico e che qualcun altro (che non vuole esporsi) parli per bocca sua : in tale caso sarebbe l’ennesimo burattino manovrato dal solito Mangiafuoco… La mia storia politica, caro dirigente del PDL, parla chiaro e parla di coerenza: parla di un uomo che si e' sempre messo al servizio dei cittadini e ha sempre rispettato il partito, anzi, proprio la forza dell’ onestà che mi ha sempre distinto  mi ha portato al contrasto con chi onesto e sincero non è stato nei miei confronti.

Circa un anno fa io fui artefice di una dura reprimenda nei confronti dell’ASM (a causadi banali disservizi furono sospese le vaccinazioni dei bambini novasiresi) ; fu una denuncia talmente importante da indurre i consiglieri regionali del PDL Rosa,Venezia e Pici a chiedere per iscritto a De Filippo l’immediata rimozione dall’incarico dell'allora  Direttore Generale . La mia istanza fu paradossalmente avversata dal Sindaco (Dirigente ASM) , che io reputai in conflitto di interessi, e produsse la lacerazione che ha portato alla mia estromissione dall’ apparato amministrativo. Cosa altro non feci se non agire negli interessi della comunità che rappresento? Fu una mia colpa agire in sintonia alla linea di opposizione del PDL , attaccando un Ente governato dal PD? Ebbene si, fu una colpa agli occhi del PDL inciuciato e consociato delle “colombe” , a quel PDL che lei degnamente si premura di rappresentare.

Perché la mia opposizione, condivisa in pieno da ben tre consiglieri regionali del PDL, è stata cestinata degli esponenti del PDL a me più vicini, i quali, novelli Ponzio Pilato hanno assistito senza batter ciglio alla mia estromissione? Evidentemente,quindi, c’è un altro PDL molto diverso da quello di Rosa, Venezia e Pici. Meglio sostenere il Sindaco e affossare D’Armento. Questione di numeri. Questione di consensi e colla per la poltrona. Questione di feeling … una mente pensante con un’indole pugnace, non certo uno dei tanti spaventapasseri disposti a ogni compromesso pur di raccattare una briciola, può essere molto pericolosa perché non funzionale ai propri personali disegni. Con la revoca delle deleghe amministrative,invece, viene tolta a D’Armento la possibilità di usufruire dei permessi per incarico istituzionale che sfruttava per essere presente sul territorio… bene…il gioco è fatto! Via le deleghe , via il “rompiscatole” D’Armento in esilio forzato! Questi sono i fatti,  Ripoli, e lei avrebbe fatto meglio ad astenersi dall'elucubrare su questioni che non le competono. Non comprendo , inoltre,  il suo risentimento; cos’altro ho fatto se non rivendicare a livello locale ciò che Schifani ha detto a piena voce a livello nazionale: abbandoni il PDL le roccaforti delle lobbies e i privilegi dorati, torni tra la gente per risolvere i problemi della gente. Problemi che in Basilicata sono scottanti e deprimono la vita civile, come la mancanza di lavoro e la deficitaria dotazione infrastrutturale, problemi che non si risolvono , come giustamente ha opposto Gianni Rosa, con la riconferma del Bonus Idrocarburi.Fumo negli occhi. Mi dica, ha forse lei scritto anche una lettera di replica a Schifani? E’ un altro il centro-destra che la gente vuole , un partito dal sentimento popolare cheabbracci la propria gente come ha fatto Rocco Leone, il quale non mi risulta abbia issato, ai comizi, bandiere del PDL cosi come non mi risulta sia stato affiancato sui palchi , nella fase di ballottaggio, dai vertici pidiellini.

Se cosi avesse fatto , rispondendo alle strategie delle malebolge di partito, il risultato sarebbe stato lo stesso di Pisticci e della “sua” Scanzano : un fragoroso tonfo; ma così non è stato perché Leone ha capito come rigenerare davvero il centrodestra:  affidandosi ai giovani, quelli veri e gagliardi del gruppo “Trenta”, cuore pulsante e unica vera fucina di possibile rinnovamento. Un rinnovamento che lei, Ripoli,  Carneade della politica , eppure gia' maestro di disfatte e paladino di un modo troppo vecchio di far politica,  non può proprio rappresentare. Come vede la mia non è una critica sterile ma costruttiva perché si conclude in una proposta e in un augurio affidato ai giovani , quindi su una cosa concordo con lei:neanche a me piacciono i gufi ma ancor meno mi piacciono i pappagalli ammaestrati. E' ora di cambiare : o si cambia o si è destinati a sparire.
Fonte : il metapontino

mercoledì 13 giugno 2012

I rinnoceronti


I tre dell’Ave Maria, o meglio dell’Estrema Unzione, sono stati chiamati a rapporto, come dei chierichetti, da Rigor Montis che ha preteso “un mandato forte” per trattare con l’Europa. Lo ha chiesto a degli ectoplasmi, evocati durante un conciliabolo i cui contenuti sono stati tenuti nascosti a un Paese che assiste attonito all’avvenuta privatizzazione dello Stato. Tre partiti in via di disfacimento, che forse scompariranno dopo le prossime elezioni, hanno discusso del nostro futuro con un signore che nessuno ha eletto. Sembra una commedia dell’assurdo di Eugène Ionesco, dove i rinoceronti scorrazzano indisturbati nelle strade tra l’indifferenza delle Istituzioni che sorseggiano il tè e commentano annoiate. “Casini, una fettina di limone?”. “Monti, uno o due cucchiaini di zucchero? Di canna?” “Alfano, una goccia di latte?” “Bersani, cos’è questo rumore di zoccoli a passo di carica? Le primarie?”. I rinoceronti aumentano e disturbano la morbida e discreta conversazione. Lo spread è fuori controllo, la disoccupazione pure. Il Pil è negativo, gli introiti fiscali, come è naturale, diminuiscono, le aziende chiudono o fuggono e il debito pubblico, insieme agli interessi, aumenta. Tutto nella norma. Frasi già dette e sentite più volte da sembrare ormai scontate come quelle sul tempo.
La tenuta dell’euro è in discussione. Non lo dice solo Grillo. Soros gli dà tre mesi, Christine Lagarde, presidente dell’FMI, anche meno. Io ero leggermente più ottimista. Non sono contro l’euro in principio, ma credo che bisogna disporre per tempo di un piano in caso di uscita. Nessuno ne vuole parlare, l’euro è un tabù. Una fede. Il Governo non ci spiega costi e benefici di euro-si o euro-no. Il valore di una moneta riflette il valore dell’economia di un Paese. E’ evidente che l’economia tedesca sovrasta quella italiana. I tedeschi si ritrovano con una moneta debole con grande beneficio per le esportazioni e l’Italia, insieme ai PIGS, sempre più numerosi, con una moneta forte che li strozza giorno dopo giorno. La Germania attira i capitali europei come una calamita. Si vendono i titoli pubblici dei Pigs per comprare bund. Si spostano miliardi di euro nelle banche tedesche dai Paesi a rischio. In questo caos si prestano 100 miliardi di euro alle banche spagnole per evitarne il fallimento. In realtà prestiamo debiti creati con nuovi titoli pubblici. In termini economici cosa significa prestare un debito? Qualcuno sano di mente lo può spiegare? Siamo nell’iperspazio della ragione, la UE è fuori controllo e l’euro una cassa di dinamite con la miccia sempre più corta. E noi ci siamo seduti sopra. Fuori, intanto, i rinoceronti si moltiplicano.
Dal blog di Beppe Grillo