Test di ammissione non superati? Non c’è problema. A medicina si entra comunque. L’importante è aver conseguito almeno un anno di università all’estero. Così i furbetti del numero chiuso aggirano l’ostacolo con l’aiuto – lecito – di istituti privati per la formazione. Studiano in Bulgaria o in Romania per un anno, e poi entrano direttamente al secondo anno di qualche facoltà italiana. Dietro a tutto questo non c’è l’idea di qualche buontempone, ma vere e proprie organizzazioni che si stanno arricchendo grazie a norme sempre troppo facilmente aggirabili.
Promesse e volantini. Nei giorni scorsi, all’uscita dalle prove d’accesso di varie facoltà di medicina (equamente distribuite sul territorio nazionale), c’erano ragazzi pronti a distribuire volantini. “Test non passato, realizza comunque il tuo sogno, noi possiamo aiutarti”. E loro, come rivela l’agenzia stampa Dire, ti possono aiutare davvero. Basta pagare.
Il business del numero chiuso. Il trucco sta qui: molte università private straniere spesso non hanno un numero chiuso. Talvolta c’è un colloquio, ma assicurano si tratta di pura formalità. Alcuni noti istituti italiani si occupano dell’intermediazione. A fronte di una tassa di quasi 20mila euro, preparano lo studente ad affrontare l’anno all’estero, per esempio in Bulgaria. A questo, si aggiunge la tassa universitaria di quasi 9mila euro. finito l’anno si può decidere di tornare in Italia (molti scelgono questa formula) oppure si può proseguire fino alla fine degli studi pagando ogni anno la tassa e, facoltativamente l’assistenza dell’istituto italiano che ha fatto da mediatore il primo anno. Insomma, un business che nei casi più clamorosi può valere 120mila euro per l’intero periodo di studi. D’altronde perché rinunciare al proprio sogno?
Le mete più gettonate. Le mete più gettonate sono la Spagna, la Romania, l’Ucraina e appunto la Bulgaria. Qui il business investe anche le università locali che “blindano” di fatto i posti riservati agli studenti stranieri, affidandosi completamente ad istituti intermediari che spesso si occupano anche di reperire il vitto e di organizzare corsi di lingua sul posto.
Ritorno assicurato. Chi decide di rientrare dopo un anno non deve far altro che chiedere l’iscrizione al secondo anno nella facoltà italiana. Poiché il riconoscimento degli esami è praticamente matematico, non ci sono problemi al rientro. Solo in alcuni casi – come a Bari – ci sono test ammissione simili a quelli per il primo anno. Ma non sono realmente selettivi. Si tratta, infatti, di raggiungere il punteggio minimo richiesto, d’altronde “servono standard comuni nell’Unione”, come spiega il rettore dell’Università di Bari, Corrado Petrocelli. Ma ovviamente questo non basta. Oggi siamo in Europa.
Scritto da Paolo Ribichini il 12 settembre 2012 in Società
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