lunedì 3 settembre 2012

Francia, a lezione di morale laica



Dal prossimo anno nelle scuole partiranno i corsi di “valori universali”
di ALBERTO MATTIOLI, dalla Stampa

Tutti a lezione di «morale laica». Non da quest’anno scolastico, che comincia fra oggi e domani per 850 mila insegnanti francesi e per 12 milioni di studenti, ma dal prossimo, appena decisi i contenuti della morale di Stato e il modo d’insegnarla.

Il ministro dell’Educazione nazionale, Vincent Peillon, ha lanciato la bomba ieri in una fluviale intervista al «Journal du dimanche». Si sa che la scuola, anzi «la rifondazione della scuola repubblicana», è uno dei punti chiave del programma di François Hollande e uno dei tre settori (gli altri sono le forze dell’ordine e la magistratura) dove non proseguirà il salasso dei dipendenti pubblici. Il governo socialista, concesso e non dato di trovare i soldi, vuole assumere 60 mila persone solo per l’educazione. E, il giorno dell’investitura, una delle sue corone di fiori Hollande è andata a deporla sul cenotafio di Jules Ferry, che creò la scuola obbligatoria e laica in quell’Ottocento positivista in cui l’istitutore era «l’ussaro della Repubblica», incaricato di portarne il verbo fin nelle più sperdute campagne clericali.

Adesso Peillon spiega che dalla cattedra si insegnerà ai cittadini di domani «cosa è giusto» secondo «una morale universale, fondata su idee di umanità e di ragione. La capacità di ragionare, di criticare, di dubitare, tutto questo si deve imparare a scuola». Perché «alcuni valori sono più importanti di altri: la conoscenza, l’abnegazione, la solidarietà, piuttosto che i valori del denaro, della concorrenza e dell’egoismo».

Morale sì, ma rigorosamente laica. E qui riciccia l’idea, vecchia quanto la Repubblica, dell’insegnante come prete laico che contende le coscienze a quelli veri. Se Nicolas Sarkozy in pellegrinaggio a Roma disse che «l’istitutore non potrà mai sostituire il curato», Peillon sostiene il contrario. E, usando un linguaggio squisitamente giacobino, spiega che la morale laica «comporta una costruzione del cittadino certo con una conoscenza delle regole della società, del diritto e del funzionamento della democrazia, ma anche di tutte le questioni che ci si pone sul senso dell’esistenza, sul rapporto con se stessi e con gli altri, su ciò che fa una vita felice o una vita buona. Se queste domande non sono poste, discusse e insegnate a scuola, lo saranno dai mercanti e dagli integralisti di ogni genere. Se la Repubblica non dice quali sono i vizi e le virtù, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, altri lo faranno al suo posto». Magari i genitori, si potrebbe obiettare. No, perché per Peillon «per dare la libertà di scelta, bisogna essere capaci di strappare l’allievo a tutti i determinismi, familiare, etico, sociale, intellettuale».

Fin qui il ministro. E le reazioni alla scuola etica sono, per il momento, positive. Applaude Jack Lang ma anche Luc Ferry (nessuna discendenza da Jules), filosofo ed ex ministro - di destra - dell’Educazione nazionale. Il problema, semmai, è di metodo. Perché, obietta il sociologo Jean Baubérot, «non si può insegnare la morale come si insegna una regola di grammatica».

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