Schiaffo ingiustificato
Schiaffo ingiustificato
Non si tratta di velleitarismi, ma di valutare fatti concreti: l'Italia ha aperto le sue basi alla coalizione e comanda l'embargo navale Nato; l'intelligence italiana dà un contributo rilevante alle azioni dei nostri alleati; l'Italia è investita dalla prima conseguenza del conflitto libico, l'arrivo sulle nostre coste di un notevole numero di migranti. Davvero, in queste condizioni, può essere considerata comprensibile o accettabile la sua esclusione da un contatto importante e altamente simbolico per il messaggio che contiene (e che è rivolto anche ai libici)? Davvero la signora Merkel, astenuta all'Onu, non partecipante alle operazioni, lontana dalla scena, va presa a bordo e noi no?
È inevitabile pensare che abbia prevalso un doppio desiderio: quello di rafforzare l'intesa franco-britannica già rinsaldata ieri con una dichiarazione a due, e l'altro di rilanciare il rapporto franco-tedesco che serve, malgrado le sconfitte elettorali, tanto a Sarkò quanto alla Merkel. Mentre Obama, tutto impegnato a fare retromarcia, da queste dispettose alchimie europee deve essersi tenuto alla larga. E se poi il tutto servirà a favorire una redistribuzione degli accordi petroliferi, nessuno dei convitati si metterà a piangere.
Ma qui, dopo la sacrosanta indignazione, viene il momento di riflettere su noi stessi. Sapevamo da prima che il peso dell'Italia odierna sulla scena internazionale non è dei più rilevanti e del resto non è mai stato, anche in passato, tale da metterci tra i Grandi. A guardar bene, però, la crisi libica ha aggiunto qualcosa. I maggiori Paesi occidentali (Germania inclusa?) concordano nell'auspicare e nel ricercare a suon di bombe la caduta di Gheddafi. Berlusconi invece prima si dice addolorato per il Raìs e annuncia che i nostri aerei non spareranno, poi rinuncia all'iniziale idea della mediazione e per bocca del ministro Frattini cerca un dialogo negoziale simile a quello che cercano gli altri, perché non considera possibile la permanenza di Gheddafi al potere.
Franco Venturini
Dal corriere
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