lunedì 1 agosto 2011

Le  mie critiche al “Gesù” di Flores


 "Gesù - L'invenzione del Dio cristiano"
di Piergiorgio Odifreddi, da repubblica.it

( Piergiorgio Odifreddi è direttore delle rivista " Tempi ".


L’amico Paolo Flores d’Arcais, direttore della rivista Micromega, ha pubblicato di recente per Add Editore Gesù. L’invenzione del Dio cristiano, che sta avendo un buon successo di vendite ed è entrato nelle classifiche. Mi ha chiesto il mio parere, e sono felice di darglielo. Non come supposto esperto dell’argomento, ma come reale compagno di strada sul cammino della laicità: una parola quasi sconosciuta nel nostro paese, dove ecumenicamente si dichiarano tutti cattolici, da Berlusconi a Vendola. E magari pure lo sono!




Flores ama dibattere con gli uomini di chiesa, e ha collezionato un gran numero di confronti ai massimi livelli della gerarchia cattolica, dai cardinali in giù. In particolare, una volta persino con l’allora cardinal Ratzinger, in un colloquio pubblico sponsorizzato da Repubblica, che è stato recentemente ripubblicato da Ponte alle Grazie in La sfida oscurantista di Ratzinger, con un lungo commento di aggiornamento.



E’ naturale che Flores interloquisca con l’attuale papa: in fondo, sono entrambi filosofi di formazione, e si capiscono meglio di quanto non possa succedere a chi, come me, proviene da una formazione diversa. E infatti, se devo dire spassionatamente la mia opinione, io li trovo entrambi talmente equidistanti da me, da considerarli paradossalmente quasi coincidenti nelle loro opinioni su Gesù.



Paradossalmente, dicevo, perchè Flores sicuramente si sente anni luce (divina) lontano da Ratzinger, in quanto quest’ultimo ovviamente difende le invenzioni a cui allude il sottotitolo del libro di Flores. Cioè, la dottrina costituita da un enorme castello di carte dogmatiche codificate dapprima nel Credo di Nicea e di Costantinopoli, e poi in uno sterminato elenco di sedicenti e autoproclamate “verità” di fede che definiscono appunto, a insaputa della maggior parte dei sedicenti e autoproclamati “credenti”, la fede cattolica in Gesù Cristo.



Giustamente Flores considera questo castello una costruzione immaginaria, ma stranamente cerca di smantellarlo sulla base delle testimonianze evangeliche. Egli si ferma, cioè, al primo passo della decostruzione della religione giudaico-cristiana: quello intrapreso, ad esempio, da Spinoza nel 1670 con il Trattato teologico-politico, o nel 1678 da Richard Simon nella Storia critica dell’Antico Testamento.



Ma ben altra acqua (non santa) è passata sotto i ponti del castello, in tre secoli, e ne ha scalzato le fondamenta. Oggi persino i teologi del Jesus Seminar considerano la quasi totalità delle notizie su Gesù riportate dai Vangeli inattendibili e non storiche. E lo stesso Ratzinger ammette, nelle due introduzioni ai suoi volumi su Gesù di Nazaret, che le ricerche storico-critiche hanno dimostrato che si può considerare Gesù un personaggio storico, solo se si accetta di stravolgere radicalmente il significato della parola “storia”.



Onestamente, mi aspettavo che la posizione di Flores fosse che i Vangeli sono tanto attendibili e storici quando il Mahabarata o il Ramayana, per non dire Il Signore degli Anelli o Harry Potter: cioè, come qualunque altro testo di letteratura fantastica. Il fatto che egli non la pensi così, come d’altronde non la pensa così Corrado Augias, autore di almeno due best seller su Gesù e il cristianesimo, dimostra che anche i laici possono essere vittime dell’efficace incantesimo lanciato dalle Chiese cristiane.



L’incantesimo consiste nel ripetere come un mantra che coloro che negano l’esistenza storica di Gesù sono un retaggio del positivismo ottocentesco, perchè la loro negazione sarebbe stata confutata convincentemente e non risulterebbe più credibile. Naturalmente, l’incantesimo non allega prove storiche della supposta esistenza di Gesù, e non le allega perchè le prove non esistono: a meno di non voler circolarmente considerare come tali i Vangeli, cioè appunto i testi che andrebbero confermati.



La mia critica “da sinistra” al libro di Flores è dunque che esso fa solo metà di ciò che dovrebbe: mostra sì che il cristianesimo è un castello dipinto su una roccia, ma non mostra che anche la roccia su cui il castello si fonda è dipinta, e che tutto fa solo parte di uno stesso quadro. Ma, forse, proprio questo è il segreto del suo successo, così come quello dei libri di Augias: perchè, per i lettori, un conto è criticare la dottrina della Chiesa, e un altro risvegliarsi dal sonno dogmatico e ammettere che anche Gesù adulto, così come Gesù bambino, non sono altro che sogni infantili.



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