mercoledì 31 agosto 2011

Libri troppo cari nella metà delle scuole


La legge lo vieta. Ma nessuno la rispetta

Nel 2008 il ministero fissava tetti di spesa per i testi e ordinava: "Entro 3 anni adozione obbligatoria degli ebook" (leggi). Nel 2011, dei tablet nemmeno l'ombra. E secondo Adiconsum i limiti del Miur sono sforati nel 50% delle scuole, con una spesa media per le famiglie del 30-40% in più del previsto





I tetti massimi di spesa, introdotti con decreto ministeriale nel 2008, dovevano evitare il salasso per le famiglie sui libri di testo scolastici. Invece, anche quest'anno, niente da fare. Un'indagine Adiconsum rivela come il limite venga sforato abbondantemente in tutta Italia, con punte del 62% al Nord. E si tratta di spese maggiori che vanno ben al di sopra del 10% tollerato dalla legge (articolo di Alessio Pisanò). Le associazioni dei consumatori protestano: "C'è uno strapotere delle case editrici". La Gelmini si dice pronta a inviare gli ispettori. Ma è il suo stesso ministero a minimizzare il problema. E pensare che proprio per il 2011 era annunciata una rivoluzione tecnologica, con l'adozione degli ebooks. In realtà, in buona parte delle aule, non ci sono neppure le prese della corrente (articolo di Marina Boscaino)

Fonte: il fatto quotidiano


il piano anti-furbi. I Sindaci pubblicheranno i redditi di tutti.

IL PIANO ANTI-FURBI


I sindaci pubblicheranno i redditi di tutti

L'ipotesi allo studio per essere inserita già nella manovra

IL PIANO ANTI-FURBI



I sindaci pubblicheranno i redditi di tutti



L'ipotesi allo studio per essere inserita già nella manovra







ROMA - Vincenzo Visco ci aveva provato nel 2008, ma fu un flop clamoroso. Le dichiarazioni dei redditi 2005 degli italiani rimasero online, sul sito dell'Agenzia delle Entrate, solo per pochissimi minuti. Sufficienti tuttavia a scatenare un putiferio (protestò furiosamente anche Beppe Grillo), ed una richiesta di chiarimenti del Garante della Privacy, che indusse l'amministrazione ad oscurare tutto. Oggi ci riprova il governo di centrodestra.



Tra le nuove misure destinate a confluire nella manovra e concordate lunedì nel vertice di maggioranza a casa di Silvio Berlusconi, infatti, ci sarebbe anche la pubblicazione, che potrebbe essere obbligatoria, dei redditi dei cittadini. Non più compito dello Stato, ma dei sindaci, che per questa via, confidando sulle «spiate» dei loro concittadini (invidiosi, o semplicemente onesti e stanchi di pagare troppe tasse al posto di altri) tenteranno di recuperare una parte consistente dei tagli operati ai trasferimenti da parte dello Stato.



Il meccanismo è ancora da mettere a punto, l'emendamento alla manovra è atteso solo questa sera, ed ovviamente si useranno tutte le precauzioni possibili e immaginabili per evitare che vada a finire in barca, come successe tre anni fa. Non è chiaro se il maggior gettito atteso dal «controllo sociale della fedeltà fiscale», come la chiamano gli addetti ai lavori, sarà cifrato. E neppure se accanto a questa misura comparirà una sorta di paracadute per assicurare le entrate necessarie (un paio di miliardi di euro) per compensare l'alleggerimento dei tagli ai Comuni deciso ieri l'altro dal vertice di maggioranza.



Di sicuro la pubblicazione dei 730 dei cittadini non sarà l'unico strumento per garantire quell'obiettivo. La cosa può funzionare bene nei municipi più piccoli, ma non è detto che i sindaci abbiano poi il coraggio politico di andare fino in fondo, sfruttando a debita maniera le eventuali delazioni. Né è pensabile che la pubblicazione degli elenchi possa funzionare nelle grandi città, dove il «controllo sociale» è una chimera (in Finlandia, addirittura, i cittadini pagano quasi 2 euro per ricevere per sms i dati dei redditi di chiunque essi vogliano). Così, ai Comuni, saranno concesse nuove armi ed offerti migliori incentivi.



L'accesso ai dati dell'anagrafe tributaria sarà quasi totale. E sarà possibile, per esempio, far pagare l'Ici sui terreni edificabili, che nelle grandi città non paga quasi nessuno. Oltre al bastone, naturalmente, c'è anche la carota. Gli emendamenti che il governo sta mettendo a punto dovrebbero infatti alzare e di parecchio il premio sul gettito recuperato dai sindaci all'evasione nel proprio territorio. Oggi incassano il 50%, ma domani la percentuale potrebbe anche raddoppiare.



La stretta all'evasione dettata dalla necessità di risorse per far quadrare i conti pubblici (dopo aver eliminato il contributo di solidarietà sui redditi più alti) riguarderà anche le società cooperative, con un taglio delle agevolazioni fiscali che dovrebbero essere del 10%, e i grandi patrimoni. Nel mirino finiscono le società di comodo: la norma che si sta scrivendo prevede che quando un bene è intestato ad una società, ma viene utilizzato esclusivamente o in maniera assolutamente prevalente da una persona fisica, la società di comodo diventerà fiscalmente «trasparente». Nel senso che gli agenti delle imposte l'ignoreranno del tutto, andando a batter cassa direttamente a casa di chi effettivamente gode di quel bene. «Visco-bis» e «norma Briatore», le chiamano nei corridoi del ministero dell'Economia.



Mario Sensini
dal corriere della sera
31 agosto 2011 07:40

Basta con la scuola del cuore.

L'INTERVENTO
Basta con la scuola del cuore

Fonte : "Repubblica"
ricominciamo a far pensareLa proposta: i sentimenti non sono l'unico campo in cui si realizzano i giovani: conta anche la razionalità. Da cosa si può ripartire perché le aule tornino a essere un luogo centrale per i ragazzi? Idee e proposte di insegnanti e protagonisti. Ecco il primo intervento

di MARCO LODOLI



IL SOLITO SACROSANTO coro di lamentele accompagna come tutti gli anni la riapertura delle scuole: manca questo e manca quello, hanno tagliato di su e di giù, i programmi sono troppo così e poco cosà, e come se non bastasse molti servizi stanno diventando a pagamento, tanto da far assomigliare, nei costi, la scuola pubblica a quella privata.



Certo la Gelmini non ha aiutato granché il pericolante edificio dell'istruzione statale, anzi quando ha potuto ha mollato qualche bel colpo di piccone. E se il pesce puzza dalla testa, il resto del corpo è già abbastanza fradicio: gli insegnanti non riescono a insegnare, i ragazzi faticano a imparare, le famiglie delegano, ondeggiano, latitano e tutto l'acquario sembra ormai piuttosto torbido.



Ma vogliamo provare, invece di piagnucolare al vento, a dire come andrebbe corretta la scuola italiana, quali sono i deficit e quali i possibili rimedi? In che modo lo spirito del tempo ha inquinato l'idea della conoscenza, e come si potrebbe rilanciare il sogno di un mondo che studia, apprende, diventa comunità già nelle aule e nelle palestre e nei cortili della scuola? Ho una convinzione, forse può apparire un po' antipatica ma non importa, credo di aver analizzato bene in questi anni i nostri adolescenti e di aver individuato il punto dolente.



Tutto è cominciato a precipitare nel momento in cui qualcuno ha stabilito che l'emotività è l'unico campo in cui si realizza il giovane. Sappiamo bene l'importanza delle ragione del cuore di

Pascal, del pensiero emotivo, della forza creativa che vive nei sentimenti e certo non vogliamo che i nostri ragazzi a scuola divengano dei robot: però ho l'impressione che sia stata una debolezza micidiale la rinuncia alla logica, alla razionalità, all'analisi e alla sintesi, all'intelligenza che sa muovere i pezzi sulla scacchiera e le parole nel discorso e i numeri nei quaderni a quadretti.



La cultura è il tentativo di dare una forma e un ordine al caos. Per questo studiamo le tabelline e la sintassi, Aristotele e il sonetto, Dante e Kant e la storia e la chimica e la biologia. Chiunque ama l'arte sa che il disordine del dolore può essere la materia bruta dell'opera: ma perché ci sia un valore e un senso l'artista deve tirare fili invisibili, cucire, legare e slegare, mettere in prospettiva, unire ciò che pare crudelmente diviso. E la scuola questo deve riprendere a fare, contro la cultura del desiderio che vive di smanie istantanee, puntiformi e distruttive, contro chi agita nei ragazzi solo l'emotività, come se la vita fosse solo sballo, divertimento, notti da inghiottire e giorni da dormire e corri dove ti porta il cuore.



Tutta la pubblicità si muove nella direzione dei sentimenti più fasulli e ridicoli: la scuola deve andare nella direzione opposta, verso la ratio e il logos e l'arte dei nessi e delle consonanze. Il pensiero piccolo divide, il pensiero grande unisce, dice Lao-Tze. Intendiamoci: dare corso ai desideri fu un pensiero "rivoluzionario", 40 anni fa. Ma oggi, quando tutto si è ridotto a slogan suggestivo e vuoto, la vera rivoluzione è riappropriarsi della sostanza.



E allora, come ridare forza al pensiero, oggi calpestato dall'orda trionfante e barbara delle sensazioni spicciole, dall'impressionismo e dalla destrutturazione? La lettura è fondamentale perché tuffa lo studente nello scorrere progressivo del tempo, nell'evoluzione dei caratteri, nella riflessione sulle piccole esistenze individuali e sulla vita grande che le contiene. Il prima e il poi segnano una strada. Ovviamente la matematica è la base del pensiero logico: i nostri ragazzi faticano moltissimo anche per risolvere una semplice equazione, spesso respingono l'universo dei numeri proprio perché li obbliga a pensare, a mettere in fila i passaggi, a trovare la soluzione esatta. Più letture, più matematica, dunque, ma anche più filosofia e più traduzioni dalle lingue straniere. Sarebbe bellissimo, poi, se tutti i ragazzi studiassero la musica capirebbero come nelle note si sposano la precisione e la sensibilità.



Questa è la prima mossa da fare, la più importante. Poi si tratta di ricostruire un rapporto tra le generazioni. La maggior parte degli insegnanti pensa che gli studenti siano dei decerebrati volgari e ignoranti, e la maggior parte degli studenti pensa che gli insegnanti siano dei vecchi amareggiati e inutili. Anche qui temo che grandi danni siano venuti dalla malizia dell'economia, quella del marketing che pensa agli esseri umani in termini di target, che separa le età per poter vendere meglio i prodotti più adatti ai ventenni e alle sessantenni, musica e dentiere. La piazza si è frantumata, la comunità si è sbriciolata in calcinacci generazionali, ogni gruppo sta per conto suo, sospettoso, diffidente, scorbutico. Bisognerebbe ritornare all'unica grande divisione, quella tra i vivi e i morti, e forse nemmeno questa è così inevitabile. Siamo tutti qui, tutti vivi finché dura, e allora nella scuola gli adulti e i ragazzi hanno ancora tanto da scambiarsi, da regalarsi, tanto da discutere e litigare.



Ancora qualche idea per ricominciare in modo positivo: la scuola italiana deve essere legata al grande patrimonio culturale della nazione e allo stesso tempo deve mantenersi aperta al futuro. Deve essere il punto di contatto tra la Storia e il Divenire, tra ieri e domani. Dunque tutti i ragazzi italiani dovrebbero aver letto i dieci libri fondamentali per la nostra identità nazionale, e aver visto e studiato i pittori che da tutto il mondo vengono a vedere, ma la scuola non può vivere col torcicollo, tutta rivolta al passato: deve attrezzarsi per capire il presente, dunque abbonarsi a riviste e giornali, aprire alle nuove forme di comunicazione, la tecnologia è qualcosa che si può usare e studiare insieme, facendo capire come nasce, perché funziona, tenendo vivo il contatto con quello che accade oggi.



Se non è così, non ci sarà alcuna speranza di conquistare i ragazzi. Per questo mi auguravo che ogni professore fosse fornito di un tesserino per avere veri sconti in libreria e al cinema e a teatro e nei musei. Mi sembrava che la Gelmini avesse accettato l'idea, poi non se n'è più parlato. Gli insegnanti devono essere intellettuali del nostro tempo, non tristi pappagalli spennacchiati che ripetono la stessa lezione da trent'anni. Insomma, la scuola deve tornare a essere un luogo dove pulsano l'intelligenza e la curiosità, non può ridursi a un ospizio di nonni malinconici che provano invano a tenere a bada torme di nipotini urlanti.



(31 agosto 2011)

martedì 30 agosto 2011

Il fumo fa male, soprattutto alle donne.

L'ALLARME Il fumo fa male soprattutto alle donne


il loro cuore è molto più vulnerabileOgni sigaretta accelera il processo di arteriosclerosi quanto cinque per gli uomini. Lo dimostra una ricerca finanziata dall'Unione europea su un campione di 3 mila persone. Ma le campagne informative sui danni del tabacco sono state un fallimento proprio nell'universo femminile

PARIGI - Il cuore delle donne è cinque volte più vulnerabile al fumo di quello degli uomini. Ogni sigaretta accelera il processo di arteriosclerosi, il principale fattore di rischio cardiovascolare, quanto cinque per gli uomini. E' quanto risulta da una ricerca finanziata dall'Unione Europea su oltre 3mila persone, metà uomini e metà donne, abitanti in Italia, Finlandia, Svezia, Olanda e Francia, in cui è stato misurato lo spessore della parete della carotide, una delle arterie che portano il sangue al cervello, parametro indicativo del livello di arteriosclerosi del sistema vascolare.



La ricerca è stata coordinata da Elena Tremoli del dipartimento di Scienze Farmacologiche dell'Università di Milano che l'ha presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia in corso a Parigi fino a mercoledì 31 agosto. I risultati delle misurazioni delle carotidi mostrano che l'ispessimento della parete è proporzionale alla durata ed all'intensità dell'abitudine al fumo in ambedue i sessi. Ma l'effetto del numero di sigarette fumate al giorno sulla progressione dell'arteriosclerosi è cinque volte maggiore nelle donne. Indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio per l'inspessimento delle arterie come età, livello della pressione e del colesterolo, obesità e classe socioeconomica (più è bassa e maggiore è il rischio di arteriosclerosi).



"La maggiore nocività delle sigarette per il cuore delle donne

- Spiega Elena Tremoli - è una scoperta particolarmente importante, in relazione all'ormai accertato fallimento sul sesso femminile delle campagne informative fatte negli ultimi anni per diminuire il numero dei fumatori". Per la prima volta in Italia, rivela il Rapporto annuale sul fumo dell'Osservatorio Fumo Alcol e Droghe dell'Istituto Superiore di Sanità, si è raggiunta quasi la parità tra uomini e donne con il vizio. E queste ultime sono anche più restìe a smettere.



Le fumatrici sono 5,2 milioni (19,7%), gli uomini 5,9 milioni, (23,9%). Le signore che hanno detto addio alle "bionde" sono 2,6 milioni (il 9,8% di ex fumatrici), gli uomini 3,9 milioni (il 15,7%). Fumo e alcol assieme poi, secondo un altro studio condotto in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità presentato al congresso, stanno costando cari alle donne europee, che rispetto agli uomini vivono più a lungo, ma peggio.



"E' noto che le donne, sino alla menopausa, sono protette dalle malattie cardiovascolari - conclude la Tremoli - E le donne stesse pensano di essere meno vulnerabili ai fattori più dannosi per le arterie come ipertensione, colesterolo alto, alimentazione grassa e fumo. Per quest'ultimo abbiamo scoperto essere il contrario".



A Parigi, fra le altre ricerche ne sono state presentate alcune che confermano invece l'effetto protettivo del cacao. La revisione di 7 lavori, per un totale di oltre 100mila persone coinvolte, sia sane che cardiopatiche, ha portato a confermare i benefici del cacao sul cuore e a individuare la dose minima efficace. Bastano 7,5 grammi al giorno, il contenuto di un cioccolatino fondente, per registrare una riduzione del rischio di infarto del 37% e di ictus del 29%.



A proposito di ictus, infine, ottimi risultati vengono da uno studio su oltre 18mila pazienti in cui un nuovo anticoagulante, l'apixaban, ha ridotto sensibilmente il numero di casi di ictus in soggetti con fibrillazione atriale, l'artimia cardiaca asintomatica frequente causa del danno vascolare al cervello.

(29 agosto 2011)

Fonte : Repubblica

La manovra : come cambia


 
Pensioni, tagli e lotta all'evasione

Ecco come cambia la manovra

Stretta sulle società di comodo, non ci sarà il contributo di solidarietà. Non si potrà più andare in pensione con 40 anni di lavoro a prescindere dall'età. Dimezzato il numero dei parlamentari, cancellate le Province

Stretta sulle società di comodo, non ci sarà il contributo di solidarietà. Non si potrà più andare in pensione con 40 anni di lavoro a prescindere dall'età. Dimezzato il numero dei parlamentari, cancellate le Province



ROMA - Ha prevalso la linea minimalista. La manovra subirà alcune modifiche sì, ma non verrà riscritta e, soprattutto, sottolinea il governo, si tratterà di un intervento a «saldi invariati», sottolinea il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Niente aumento dell'Iva, niente maxi interventi sulla previdenza, sì invece a un pacchetto di misure meno clamorose e che si compensano, anche se la loro efficacia andrà verificata. Si punta a fare cassa con misure di contrasto all'elusione fiscale (una versione riveduta e corretta della cosiddetta patrimoniale sugli evasori proposta dalla Lega Nord), con la riduzione dei vantaggi fiscali per le società cooperative. E per le pensioni si è trovata una mediazione che pare aver accontentato tutti nella maggioranza. Si dovrebbe così raccogliere qualche miliardo per correggere alcune norme del decreto.



Tre miliardi in più per gli enti locali

I 9,2 miliardi da tagliare nel biennio 2012-2013 agli enti locali verranno ridotti di due, anzi di tre miliardi tenendo conto dei maggiori introiti della Robin Hood tax sulle società energetiche dati ora per certi. Il resto dovrebbe arrivare da una più incisiva lotta all'evasione sul territorio: i Comuni saranno incentivati a stanare gli evasori perché potranno trattenere una quota sostanziosa del gettito recuperato. Lo sconto sui tagli agli enti locali ha accontentato, almeno in parte, la Lega. Soddisfazione viene espressa anche dal presidente pro tempore dell'Anci, l'associazione dei Comuni, Osvaldo Napoli: «Una notizia positiva che valuteremo meglio nel direttivo. Per i Comuni il taglio dei trasferimenti potrebbe scendere da 1,7 miliardi a 850 milioni».



Contributo di solidarietà solo per i parlamentari

Via, dunque, il contributo di solidarietà per i redditi sopra i 90 mila euro, inviso al Pdl, che avrebbe dovuto fruttare 674 milioni nel 2012 e un miliardo e mezzo sia nel 2013 sia nel 2014. La supertassa, prevista in due soglie del 5 e del 10%, resta però in vigore per i parlamentari mentre la Lega spinge per mantenerla anche sui calciatori e ha già presentato alcuni emendamenti addirittura per poterla raddoppiare.



Ma i dipendenti pubblici continueranno a pagare

Resta in vigore poi il contributo a carico dei dipendenti del pubblico impiego con i redditi più alti introdotto dalla manovra dell'anno scorso. Lo ha chiarito il relatore del decreto di Ferragosto al Senato, Antonio Azzollini, che presenterà gli emendamenti traducendo l'intesa di maggioranza raggiunta ad Arcore.





(Emblema)

Iva sullo sfondo. Stretta sulle pensioni

L'asse Lega-Tremonti è riuscito anche a bloccare l'aumento dell'Iva. Qui nulla cambia. L'incremento dell'imposta sul valore aggiunto rimane la carta di riserva da giocare, come già stabilito a luglio, se dalla riforma dell'assistenza e dal taglio delle agevolazioni fiscali non arriveranno i 4 miliardi di risparmi preventivati per il 2012, i 16 per il 2013 e i 20 dal 2014. Per il resto, Tremonti preferirebbe inserire la manovra sull'Iva nella complessiva riforma del Fisco che promette di fare.

Arriva invece una misura apparentemente circoscritta sulla previdenza, ma che creerà non pochi scontenti. Non sarà infatti più possibile andare in pensione con 40 anni di contributi a prescindere dall'età, a meno che non si tratti di 40 anni di lavoro effettivo. Non si potrà cioè più utilizzare il riscatto del corso di laurea e del servizio militare.



Morsa sulle «società di comodo»

L'obiettivo dichiarato è evitare il giochetto per cui i ricchi intestano case, ville e altri beni di lusso in società ad hoc al solo scopo di non pagare le tasse. Il comunicato della Presidenza del Consiglio afferma che verranno introdotte nuove misure fiscali finalizzate a «eliminare l'abuso di intestazioni e interposizioni patrimoniali elusive». È questa quella tassa sull'evasione lanciata nei giorni scorsi dal ministro Roberto Calderoli per colpire fiscalmente chi ha un patrimonio non congruo al suo tenore di vita, godendo di beni già computati dal redditometro come le barche, i cavalli, le auto di lusso. «È finita la pacchia per chi utilizza società di comodo o trust per non pagare le tasse», sintetizza al termine del vertice il ministro della Semplificazione. «C'è un accordo politico», spiega il relatore della manovra, il presidente della commissione Bilancio al Senato, Antonio Azzollini. Ma la tecnicalità del provvedimento è ancora da definire. Del resto, per ora c'è appunto solo l'intesa ma gli emendamenti ancora no e verranno presentati, «come già si era chiarito in Commissione» nei prossimi giorni.



Stangata per le Coop

Nonostante il fuoco di sbarramento delle centrali cooperative bianche e rosse, la stretta sulle residue agevolazioni fiscali in capo a queste società è passata. Secondo le stime del governo le cooperative godono ancora di sgravi pari a 714 milioni di euro all'anno, tra l'esenzione parziale dell'Ires e le maggiori deduzioni accordate. Adesso questo capitolo sarà rivisto e anche le Coop dovranno partecipare ai sacrifici.



Via metà dei parlamentari

Accanto agli emendamenti al decreto bis Silvio Berlusconi ha annunciato che verrà presentato un disegno di legge costituzionale per dimezzare il numero di deputati e senatori. Ovviamente, se la cosa andrà in porto, i tempi saranno molto lunghi, vista la doppia lettura parlamentare richiesta dai ddl di modifica della Costituzione. Il capitolo Province è stato derubricato, diventerà anche questo un disegno di legge costituzionale, che ne prevede la cancellazione in toto, col passaggio delle loro funzioni alle Regioni. Anche qui però l'esito è incerto vista la contrarietà espressa in passato dalla Lega.



di Melania Di Giacomo e Enrico Marro
dal "CORRIERE DELLA SERA"
30 agosto 2011 16:00

sabato 27 agosto 2011

Economia


28/08/2011 - La "stangata" sulle famiglie italiane

Prezzi e tariffe, rincari a settembre



Un utente alle prese con calcolatrice e bolletta del gas: a partire dal prossimo mese è previsto un aumento di oltre un centinaio di euro

Nel 2011 spesi 1.500 euro

in più. Aumento dell’Iva

e Robin Tax potrebbero

peggiorare la situazione

di CARLO DA FOGGIA, dalla "Stampa"



I guai non vengono mai da soli. Non bastasse infatti la stangata fiscale prevista dai tagli delle manovre correttive di luglio e Agosto - una mazzata che secondo la Cgia di Mestre farà salire la pressione fiscale al 44,3% nel 2013, un record mai toccato nel nostro paese neanche ai tempi dell’eurotasa di prodi (era il 1997) -; non bastasse il balzello di cifre che in queste settimane, tra aumento dell’Iva, estensione della Robin Hood Tax (la tassa sulle plusvalenze) dal settore energetico a tutti i titolari di concessioni (telefonia, autostrade, servizi pubblici), sta rovinando il sonno a famiglie e imprese e non bastasse neanche l’aumento delle imposte su giochi e sigarette, ecco che arriva un’altra brutta notizia, questa volta dal fronte dei consumi.



A lanciare l’allarme, Federconsumatori e Adusbef: a settembre gli italiani faranno i conti con una raffica di rincari che, tra assicurazioni, libri scolastici, biglietti dei treni, alimenti, mutui e bollette peseranno come un macigno soprattutto sui bilanci familiari per un totale complessivo che porterà la stangata di quest’anno ad oltre 1.500 euro. L’aumento più consistente ha riguardato il trasporto pubblico visto l’aumento del costo dei biglietti (25-30%) ma in termini assoluti è stata la spesa alimentare a farsi sentire maggiormente nelle tasche dei consumatori che hanno speso al supermercato 367 euro in più del 2010. Ad incidere su questi ultimi anche il prezzo dei carburanti (+240 euro) che in questi giorni, tra l’altro, sembra essere in crescita esponenziale sulla scia degli eventi libici. Se a questi aggiungiamo l’aumento delle tariffe di assicurazioni (105 euro) e autostrade (37 euro), quest’anno avere la macchina è costato ad ogni italiano 382euro in più dell’anno scorso. E non che sia andata molto meglio a chi ha scelto di viaggiare in treno, perché anche qui i prezzi sono aumentati per tutti, anche per i pendolari (122 euro). A questo lungo elenco infine non potevano che aggiungersi le immancabili bollette di gas (106 euro), luce (19 euro) e acqua (21 euro).



“È indispensabile avviare severi controlli e verifiche - fanno sapere in una nota congiunte Rosario Trifiletti (federconsumatori) ed Elio Lanutti (Adusbef) - per eliminare ogni ombra di speculazione, è assolutamente insopportabile che in questa fase di austerity, in molti settori si stiano verificando aumenti di prezzi e tariffe”. Se gli aumenti hanno riguardato tutto il 2011, il tasto dolente viene però adesso. Agli ulteriori rincari attesi a settembre si potrebbero infatti sommare le modifiche al decreto in discussione al Senato e che in questi giorni stanno animando la maggioranza.



L’aumento dell’Iva, previsto di un punto per l’aliquota massima del 20%, permetterà infatti di limare o sgravare del tutto i tagli previsti per gli enti locali (soprattutto i comuni) ma si ripercuoterà sui consumi e quindi sulle spese. Il centro studi degli artigiani di Mestre ha calcolato un danno per le famiglie di 92 euro (trasporti, sanità e casa), un dato contestato dalle associazioni che stimano un costo aggiuntivo di 173 euro considerando anche il conseguente aumento dell’inflazione che questa norma comporterebbe.



Le stesse associazioni guardano con preoccupazione anche il tira e molla in seno alla maggioranza sull’estensione della Robin Tax. La tassa sugli utili del settore energetico - che petrolieri, banche e assicurazioni hanno realizzato soprattutto dall’aumento del costo della benzina - introdotta da Tremonti nel 2008 per finanziare la social card (un mezzo fallimento per la verità) è stata prolungata dalla manovra correttiva. Non solo, potrebbe essere prevista una sua estensione ad altri settori, come chiesto qualche giorno fa dalla commissione industria del Senato. Federconsumatori e Adusbef chiedono al governo di vigilare per evitare che questa tassa si traduca di fatto in nuovi aumenti per i consumatori. Il rischio da sempre connesso a questo particolare aumento ‘una tantum’ (mica tanto) dell’imposta Ires è infatti la possibilità di una sua ‘traslazione’ sui prezzi dei carburanti e degli altri derivati del petrolio. Le aziende in pratica farebbero pagare ai cittadini le tasse che il governo gli impone. Se la Robin Hood Tax venisse estesa ad altri settori questo rischio, ovviamente, si allargherebbe a dismisura e potrebbe creare non pochi problemi.



Prendere ai ricchi per dare ai poveri è una misura di equità ma non ha molto senso se poi, appena si distoglie lo sguardo, ci si riprende tutto con gli interessi.

Acqua, petrolio del XXI secolo.
 Si chiude  a Stoccolma la settimana mondiale

Chiude in Svezia l'evento organizzato dallo Stockholm water institute. Esperti di 130 paesi hanno discusso l'approvvigionamento globale delle risorse idriche. In vista di un futuro prossimo in cui il pianeta sarà abitato da 9 miliardi di persone. La situazione italiana non brilla soprattutto per gli sprechi, che arrivano anche al 47% delle risorse erogate

Sta per finire la “Settimana mondiale dell’acqua”, evento organizzato come ogni anno dallo Stockholm International Water Institute (SIWI). Esperti provenienti da 130 Paesi e rappresentanti di oltre 200 organizzazioni internazionali si stanno confrontando in questi giorni nella capitale svedese sulle problematiche relative al “petrolio del XXI secolo”. Obiettivo: “Andare oltre la retorica e fornire soluzioni alle sfide globali per l’acqua, l’ambiente e lo sviluppo”. Come? Elaborando proposte operative per combattere gli sprechi di acqua nelle aree urbane dei Paesi sviluppati. Se l’anno scorso il tema è stato quello della qualità dell’acqua, infatti, quest’anno al centro dei dibattiti c’è la crescente urbanizzazione del pianeta. Un fenomeno che di questo passo, entro la metà del secolo, potrà portare due miliardi di persone a non avere accesso all’acqua potabile. Uno spunto di riflessione anche per l’Italia, Paese che spreca fino al 47% delle sue risorse idriche. Complici stili di vita incuranti di questa preziosa risorsa e, soprattutto, una rete idrica ormai “ridotta a un colabrodo”.



Oggi, nel mondo un miliardo e 600mila persone vivono direttamente le conseguenze della siccità: carestie, pestilenze, migrazioni di massa. Una situazione destinata a peggiorare. Secondo le previsioni, infatti, quando nel 2050 la popolazione globale supererà i nove miliardi di individui, per garantire la sicurezza alimentare sarà necessario il doppio dell’acqua già oggi utilizzata. A rivelarlo è un rapporto dell’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, presentato proprio questa settimana in occasione dell’evento di Stoccolma.



Primo problema sul quale concentrare gli sforzi, quindi, per gli esperti è la corretta gestione dell’acqua. Un aspetto cruciale, in un pianeta in cui oltre la metà della popolazione vive in aree urbane, ed in cui l’agricoltura è responsabile del 70% dell’utilizzo mondiale di oro blu. “Se non si modificheranno gli attuali regimi alimentari e le correnti pratiche agricole”, avverte l’Unep, “questa percentuale potrebbe salire al 90%”.



Al mondo sono già 830 milioni le persone che, nelle zone urbane, mancano dei servizi di base di approvvigionamento idrico. Lo ha ricordato Gunilla Carlsson, ministro svedese per gli Aiuti internazionali, che nel suo discorso di apertura ha ricordato come la carenza e la cattiva gestione dell’acqua siano nel mondo la seconda causa di morte infantile. Per Carlsson servono quindi “nuove tecnologie e nuove politiche”.



Una necessità anche per il nostro Paese. “In Italia siamo molto indietro sulla gestione sostenibile dei corsi d’acqua”, denuncia Andrea Agapito, responsabile acque di Wwf Italia: “Siamo gli ultimi in Europa nell’applicazione della direttiva quadro Acque 2000/60/CE per la protezione delle acque superficiali e sotterranee”. Non solo, sottolinea Agapito, “Attualmente lo Stato dà concessioni consentendo un prelievo di quantità d’acqua superiore rispetto a quella che i corsi d’acqua sono in grado di fornire”.



Sovrasfruttamento, dunque, ma soprattutto spreco: vera piaga italiana, dovuta in particolare alle pessime condizioni in cui versa la rete idrica nazionale. Secondo dati Istat, infatti, in Italia quasi la metà dell’acqua potabile viene dispersa prima di raggiungere le nostre case. Un fenomeno molto grave, diffuso particolarmente in regioni come Puglia, Sardegna e Abruzzo, in cui per ogni 100 litri di acqua erogata se ne riversano in rete, perdendoli, altri 80.



È proprio per questo che, nel nostro Paese, non mancano attività di sensibilizzazione sul risparmio idrico. A quest’ultimo, ad esempio, la Campagna permanente “Un anno contro lo spreco” ha dedicato l’intero 2011. L’iniziativa, promossa da Last Minute Market, società “spin-off” dell’Università di Bologna nata da un’idea del preside della Facoltà di Agraria, Andrea Segrè, ha infatti lo scopo di “influire sull’opinione pubblica, contribuendo alla diffusione di una nuova cultura dell’utilizzo delle risorse”.



Una sfida raccolta anche dal mondo dell’arte, che con lo spettacolo teatrale “H2Oro – l’acqua, un diritto dell’umanità”, di Ercole Ongaro e Fabrizio De Giovanni, oltre a sostenere il diritto all’acqua per tutti, vuole anche “riflettere sui paradossi e gli sprechi del Belpaese, per passare dalla presa di coscienza a nuovi comportamenti”.



Fonte : il fatto quotidiano

venerdì 26 agosto 2011

La vera questione morale: l'evasione


L'evasione fiscale significa, parlando da cristiani, rifiuto dell’amore fraterno, della solidarietà, della presa di coscienza dei doveri di tutti verso la comunità in cui si vive.

26/08/2011 Questo editoriale è stato scritto, nella sostanza e nei princìpi valutativi della realtà, da Benedetto XVI, dal cardinale Angelo Bagnasco e da Giorgio Napolitano. Ciascuno nel proprio ruolo, hanno parlato nei medesimi giorni, a Madrid per la Giornata mondiale della gioventù e a Rimini per il Meeting di Cl, alla generazione che della crisi economica appare sempre più chiaramente la vittima designata nel futuro, prossimo e lontano.



Con toni diversi, il Papa, il presidente della Cei e il capo dello Stato hanno prosciugato la materia complicata di una tempesta da incubo, condensandola in una sintesi perfetta, che vorremmo fosse utilizzata al meglio nell’attuale dibattito parlamentare sulla Manovra, per tanti aspetti discutibile, proposta dal Governo. Si tratta di una “questione morale” nell’ambito di un’economia che sta passando da una illusoria sistemazione post-ideologica su un vago modello liberista, a una mondializzazione in cui una totale assenza di etica delega alla finanza il compito di regolare un sistema che, in realtà, non conosce altre regole che la tutela di interessi particolari, spacciati per fini ultimi della democrazia.



Una “questione morale” che in quanto universale tocca i comportamenti di ciascuno di noi, e diventa “angosciante” soprattutto quando condanna quel fenomeno che si chiama “evasione fiscale”, ma che significa, parlando da cristiani, rifiuto dell’amore fraterno, della solidarietà, della presa di coscienza di doveri di tutti verso la comunità in cui si è chiamati a vivere.



In un libro poco letto quando sarebbe stato utile farlo, Giustizia senza limiti (pubblicato in Italia nel 2003 da Bollati-Boringhieri), l’analista sociale Serge Latouche lo scrive senza mezzi termini: «La pretesa deontologia degli affari e l’etica del mercato sono una truffa. Tutti i colpi sono utilizzati quando sono in gioco i soldi: il dumping, la manipolazione dei prezzi, lo spionaggio industriale, le Opa selvagge, le stock options, il ricorso ai paradisi fiscali (le isole Cayman ospitano 25 mila società).



I sudditi imitano i signori: la frode fiscale diventa uno sport generalizzato». E così via. In Italia, i soliti radicali chiamano gli ingenui a raccolta su Facebook per condannare i “privilegi della Chiesa” che non paga le tasse, come l’Ici, per le sue “imprese”. Peccato che proprio le Caritas offrano ogni giorno gratis un po’ di cibo a pranzo e a cena ai “padri separati” o divorziati che non ce la fanno più, ultime vittime di quella strategia per lo sradicamento della famiglia che tante “battaglie civili” radicali hanno utilizzato e continuano a utilizzare nella sfortunata Italia dei digiuni pannelliani.



Fonte : Famiglia cristiana, art. di Beppe Del Colle

Quei "tesoretti" intoccabili - News - Famiglia Cristiana

Quei "tesoretti" intoccabili - News - Famiglia Cristiana

Il Cile come l'Italia degli anni 50.

CILE. Ragazzino ucciso in scontri con la polizia


sciopero generale di 48 ore contro PineraUn quattordicenne ha perso la vita negli incidenti verificatisi a Santiago al termine della protesta per una più equa distribuzione delle ricchezze prodotte dal miracolo economico. In due giorni oltre 200 feriti e quasi 1.400 manifestanti arrestati

Una carica della polizia contro gli studenti a Santiago

SANTIAGO DEL CILE - Un ragazzo cileno di 14 anni è morto negli scontri con la polizia verificatisi a Santiago nella notte, al termine dello sciopero generale di 48 ore proclamato dal principale sindacato del Paese. Negli ultimi due giorni oltre 200 persone - per la precisione 153 poliziotti e 53 civili - sono state ferite e 1.394 manifestanti sono stati arrestati.



Manuel Gutierrez, questo il nome del ragazzo ucciso da un colpo d'arma da fuoco al torace, è la prima vittima dopo mesi di proteste contro il governo del presidente conservatore Sebastian Pinera, il leader cileno meno popolare dall'epoca di Pinochet. "La morte di qualsiasi cittadino è molto grave - ha commentato il sottosegretario all'Interno Rodrigo Ubilla - Dovremmo essere tutti rammaricati perché non siamo stati capaci di procedere pacificamente. I grandi problemi di questo Paese non si risolvono lanciando pietre o bombe e aggredendo la gente. La soluzione sta nella discussione".



Lo sciopero era stato indetto dalla Centrale unitaria dei lavoratori per "un Cile diverso" e in appoggio alla causa del movimento studentesco guidato da Camila Vallejo, mobilitato da mesi per un'istruzione "gratuita e di qualità". Negli ultimi tempi centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere anche una distribuzione più equa dei proventi dell'estrazione del rame, il cui prezzo è cresciuto a dismisura facendo aumentare anche le entrate del Paese che è il primo produttore al mondo di questo

metallo.



Ieri, secondo gli organizzatori, alle manifestazioni hanno preso parte circa 600 mila persone in tutto il Cile, 200 mila nella sola Santiago. Durante la protesta, nelle strade della capitale e di altre città gruppi di ragazzi hanno bloccato il traffico, hanno lanciato sassi e dato fuoco a cumuli di immondizia. E in moltissimi casi ci sono stati violenti scontri con le forze dell'ordine.



Tra i dimostranti c'era anche Camila Vallejo, la presidente della Federazione degli studenti universitari del Cile, seconda donna nella storia del movimento a ricoprire questo incarico. La giovane di 23 anni, studentessa di geografia, a poco a poco si è trasformata da timida militante della Gioventù Comunista nel nuovo volto della protesta sociale. Da ritrosa adolescente, Camila è diventata interprete e portavoce del malcontento sociale, della piazza che va via via infiammandosi e che reclama riforme all'istruzione, pari opportunità per i giovani, nuove misure per i lavoratori, ma soprattutto cambiamenti strutturali alla democrazia.



L'economia cilena cresce a ritmi sostenuti e la politica fiscale e monetaria molto prudente attrae investimenti stranieri. Ma la stragrande maggioranza dei cittadini sente di non condividere il miracolo economico. Alle proteste sociali si sono aggiunte di recente quelle degli ambientalisti contro le miniere di rame. Il mese scorso il milionario Pinera, salito alla presidenza nel marzo del 2010, aveva tentato la strada del rimpasto di governo, ma senza riuscire a porre fine alle manifestazioni di piazza.
Fontwe : Repubblica
(26 agosto 2011)

mercoledì 24 agosto 2011

Manovra killer. Lo dice Famiglia Cristiana



MILANO - «I partiti con un padrone vanno nel caos» ha spiegato in apertura di presentazione della contromanovra il segretario del Pd Pier Luigi Bersani accennando a Lega e Pdl. «Venerdì saremo pronti con gli emendamenti alla manovra, non so se la maggioranza lo sarà» ha detto Bersani. «Oggi il governo non dice ancora la verità come chiesto dal capo dello Stato, - sottolinea Bersani - questa manovra è una torta a strati nel 2012 avremo il triplice effetto di 3 manovre, quella del 2010 quella di aprile e quella di agosto cosa che avrà un effetto recessivo. L'insieme di questa torta a strati porta sul 2014 un effetto pari a 55 miliardi, sopra la misura del pareggio di bilancio che è di 40 miliardi. Quindi il governo deve aggiornare le sue previsioni di bilancio e ci dica che cosa significa ciò che sta facendo. Inoltre si continua a parlare a 20 miliardi tagliabili dalla delega sulla riforma del fisco e dell'assistenza di cui non si sa nulla di più. Finisca il dibattito kafkiano sull'Iva che Tremonti se l'è già mangiata per far fronte ai provvedimenti precedenti».





I DIECI PUNTI DEL PD - «Stiamo organizzando i nostri emendamenti su 10 punti che tengono conto dei saldi e degli impegni presi con l'Europa. I cardini su cui si articolano i cambiamenti sono i costi della Pa (pubblica amministrazione), sviluppo e stimolo alle attività economiche . Il perimetro della Pa va ristretta, noi lavoriamo sulle dismissioni degli immobili sull'asta per le frequenze radiotv, sull'efficienza energetica e le sue agevolazioni fiscali, sullo sviluppo del Mezzogiorno, abbiamo un pacchetto di proposte sull'evasione fiscale, vogliamo un'imposta ordinaria progressiva sui grandi valori immobiliari, chiediamo un contributo di solidarietà ai capitali scudati, ci occupiamo anche di razionalizzazione del sistema giustizia, e di pensioni. Sulle pensioni vogliamo dire una parola chiara: si vuol parlare di riforma del welfare? Si discuta di questo e non di ripianare buchi di bilancio maneggiando le pensioni. Vogliamo togliere il contributo di solidarietà su chi guadagna più di 90mila e 150mila euro. Chiediamo però prima di tutto di poter discutere tutto questo con la maggioranza».



LA CHIESA - «Sul patrimonio ecclesiastico noi siamo favorevoli all'esenzione per gli immobili e le attività che fanno capo alla missione della Chiesa, ma alla tassazione di quelle che in realtà si rivelino come semplici attività commerciali» ha spiegato Bersani.





I dieci punti del Pd

di Alessandro Trocino

PROPOSTA POLITICA - «Noi allargheremo il nostro appello a forze di sinistra, centrosinistra e di centro, per dare vita alla ricostruzione economica e morale del Paese. Ma si faccia in fretta non c'è tempo per il precampionato» ha sottolineato ancora Bersani.



CONDONI - «Sono consapevole che con la tassazione ulteriore dei capitali scudati di mettere in discussione la praticabilità dei condoni e ne goisco. I condoni non si potranno più fare in questo Paese» ha affermato con chiarezza Bersani.



FAMIGLIA CRISTIANA - E sulla manovra è intervenuto anche il settimanale Famiglia Cristiana. La manovra economica di luglio e la manovra-bis di Ferragosto «hanno assestato alla famiglia una serie di colpi micidiali»: «un serial killer non avrebbe potuto fare meglio» scrive il giornale nell'editoriale del nuovo numero. «Anzichè tassare i patrimoni dei ricchi, coloro ai quali anche un forte prelievo fiscale non cambierebbe la vita, s'è preferito colpire quell'ammortizzatore sociale italiano per eccellenza che è la famiglia», lamenta il settimanale dei Paolini, secondo cui questa «è una politica miope, da statisti improvvisati, che non hanno un'idea sul futuro del Paese».



Fonte : Redazione online Corriere della sera

23 agosto 2011 17:56

martedì 23 agosto 2011

Sostanze tossiche su capi griffati.

Nel mirino 14 grandi marchi


di CARLO DI FOGGIA, dalla "Stampa"



Se a vestire capi firmati ci si guadagna in immagine, forse a perderci è la salute. Questo almeno secondo Greenpeace. Il “colosso” ambientalista ha infatti portato in laboratorio molti capi d’abbigliamento di grandi marche internazionali, quasi tutte prodotte nelle sedi delocalizzate in Cina, Vietnam e Filippine. Un sistema che da decenni consente alle aziende di abbattere i costi della manodopera ed evitare controlli rigorosi sul processo di lavorazione. Le leggi non lo vietano ma questo ha delle conseguenze.



Su 78 articoli, ben 52 (i due terzi) sono risultati contaminati da Etossilati di Nonilfenolo, sostanze usate come detergenti nell’industria tessile. Il rischio maggiore riguarda il sistema riproduttivo. A Pechino, durante la conferenza stampa dove è stato presentato il rapporto “panni sporchi 2” , l’attivista Li Yifang ha affermato che “il nonifenolo è un distruttore endocrino, può contaminare la catena alimentare e accumularsi negli organismi viventi, mettendo a rischio la loro fertilità, il sistema riproduttivo e la crescita”. Il danno riguarda non solo la salute umana ma anche l’ecosistema perché i prodotti tossici vengono usati durante il lavaggio dei tessuti e spesso, a causa degli scarichi, finiscono nei fiumi e nelle falde acquifere, inquinandoli. Una denuncia che Greenpeace aveva già presentato con il primo rapporto.



Il rischio però non resta circoscritto ai paesi dove vengono prodotti i capi: durante il lavaggio infatti, piccole parti di Npe vengono rilasciate, per cui anche se in molti i paesi occidentali queste sostanze sono vietate si possono ci si può comunque entrare in contatto dopo un semplice bucato. Molti grandi Brand internazionali sono finiti nel mirino, aziende del calibro di Adidas, Uniqlo, Calvin Klain, Nike, Adidas, Puma, H&M, Lacoste, Converse e diverse altre.



Il rapporto, come era facile prevedere, ha scatenato molte polemiche. Dopo la pubblicazione molti attivisti si sono radunati davanti ad un grande magazzino Adidas di Honk Kong per chiedere all’azienda di eliminare le sostanze chimiche dannose nei procedimenti di lavorazione dei prodotti. Non tutte le aziende però hanno fatto muro contro la denuncia di Greenpeace: Nike e Puma ad esempio, si sono impegnate ad eliminarle, entro il 2020. Questo almeno a parole.





Crescono i consensi alla campagna nata su Facebook per eliminare i privilegi fiscali della Chiesa e alleggerire così il conto che gli italiani dovranno pagare con la manovra economica di ferragosto. Non solo Ici, ma anche Ires e 8 per mille




Fonte :  rassegna.it


Più di centomila adesioni in meno di una settimana: la campagna "Vaticano pagaci tu la manovra finanziaria" lanciata su Facebook per chiedere l'abolizione dei privilegi fiscali di cui gode il Vaticano continua a riscuotere consensi.



"Iniziamo con l'8 per mille e le esenzioni fiscali sui ICI e IRES - si legge nelle informazioni sulla pagina - Con questa manovra pagano tutti, tagliano ai dipendenti pubblici, ai comuni, il sociale e loro nulla...Ora basta! Facciamo vedere che non ne possiamo più di essere sudditi del Vaticano e di politici sempre genuflessi".



Più nel dettaglio, nel mirino dei promotori c'è l'esenzione dall'Ici su un patrimonio immobiliare che alcune stime calcolano in 115mila edifici spesso di grande pregio; gli sgravi del 50% sull'Ires per gli enti il cui fine è equiparato ad assistenza e istruzione; gli introiti dell'8 per mille; l'esenzione Irpef per i dipendenti vaticani. Un tesoro su cui non esistono cifre ufficiali.





Ma chi ha ideato la campagna? Secondo la Gazzetta di Parma, il fondatore della pagina Facebook è un libero professionista del settore informatico, 44 anni, contribuente fedele e per nulla "mangiapreti". "Ma proprio perché ho sempre pagato le tasse, facendo anche fatica, vorrei che tutti sostenessero il peso delle imposte, Chiesa compresa", dice lui al quotidiano emiliano.



E la campagna ha fatto breccia anche nel mondo politico. Il segretario dei Radicali italiani, Mario Staderini, dopo aver proposto un emendamento per reintrodurre l’Ici sugli immobili di proprietà del Vaticano (vecchia battaglia dei Radicali), rilancia chiedendo un dibattito televisivo "perché gli italiani possano farsi un’idea".



Di segno opposto gli interventi di Pierferdinando Casini (Udc) e Rosi Bindi (Pd) che intervistati da Skytg24 respingono l'ipotesi di far pagare l'Ici alla Chiesa. "Non si può fare la contabilità della chiesa con criteri che non tengono presente la sua grande missione sociale", afferma Casini, mentre Bindi chiarisce che il Pd non appoggerà gli emendamenti dei Radicali alla manovra, in cui si chiede la fine delle esenzioni fiscali per la Chiesa. "No - dice - io credo come Casini che la chiesa sia una grande ricchezza per la società italiana, le opere di carità della chiesa sono ancora più importanti per la crisi economica che sta mordendo le famiglie, il lavoro, i giovani".



"Eppure ora il tema non è da accademia: c'è una necessità", ribatte Pippo Civati, rottamatore del Pd che sul suo blog si è espresso senza equivoci: "Ma perché la Chiesa non fa opera di carità e misericordia rinunciando alle esenzioni fiscali sugli immobili per alleviare le sofferenze dei credenti?". Una "riflessione che anche il Pd dovrebbe affrontare", è l'invito di Civati.

domenica 21 agosto 2011

LA DEBOLEZZA DELLE LEADERSHIP


Governanti del nulla
N onostante gli sforzi di Merkel e Sarkozy per apparire due veri statisti, o l'impegno di Obama per apparire un presidente capace di tenere tutto sotto controllo, le opinioni pubbliche occidentali si rendono sempre più conto che in realtà, oggi, nessuno dei propri governanti tiene sotto controllo un bel nulla. E tanto meno riesce a immaginare una qualche via d'uscita da una crisi che ormai sembra avviarsi ad essere di sistema. Proprio nel momento peggiore della sua storia postbellica l'Occidente, insomma, scopre di essere nelle mani di leader privi di temperamento, di coraggio e soprattutto di visione.



Non è un caso. Il deterioramento qualitativo delle classi politiche, infatti, è innanzi tutto un prodotto inevitabile di quella «democrazia della spesa» vigente da tempo nei nostri Paesi, in forza della quale governare significa in pratica solo spendere, e poi ancora spendere, per cercare di soddisfare quanti più elettori possibile (e quindi tassare e indebitarsi: con relative catastrofi finanziarie). Quando le cose stanno così, per governare basta disporre di risorse adeguate, non importa reperite come, o prometterne. L'esercizio del potere si spoglia di qualunque necessità di conoscere, di capire, di progettare, e soprattutto di scegliere e di decidere. Non solo, ma il denaro diviene a tal punto intrinseco alla politica che esso finisce per apparirne il vero e ultimo scopo: a chi l'elargisce come a chi lo chiede o lo riceve. Con la conseguenza, tra l'altro, che dove il denaro è tutto, inevitabilmente la corruzione s'infila dappertutto. La «democrazia della spesa», insomma, è un meccanismo che, oltre a svilire progressivamente la sostanza e l'immagine della politica, contribuisce a selezionare le classi politiche al contrario, non premiando mai i migliori (per esempio quelli che pensano all'interesse generale).



Lo stesso effetto lo ha la personalizzazione mediatica, specie televisiva, ormai centrale per ogni carriera politica in tutta l'area euro-americana. Da che mondo è mondo, la personalità in politica ha sempre contato moltissimo. Giustamente. Ma quando la valutazione di essa è fatta in gran parte attraverso le apparizioni televisive (in Italia per giunta della durata media di 45-90 secondi), allora è ovvio che a contare siano specialmente l'aspetto, la «simpatia», lo scilinguagnolo, l'abilità nello scansare gli argomenti scomodi. Caratteristiche che però, come si capisce, non sono proprio quelle più significative se si vogliono selezionare dei leader capaci di guidare un Paese nei momenti difficili.



Ad aggravare gli effetti di questa personalizzazione mediatica dei capi si aggiunge paradossalmente, quasi a fare da contrappeso apparente, la progressiva spersonalizzazione, invece, delle loro decisioni: specie di quelle davvero cruciali. Cioè la virtuale deresponsabilizzazione degli stessi capi. Dal momento, infatti, che i problemi hanno sempre di più un carattere mondiale o a dir poco regionale, che la globalizzazione impone le sue regole irrevocabili, l'ambito nazionale diventa secondario.



Quelle che davvero contano in modo vincolante sono sempre di più le decisioni prese da qualche vertice o da qualche istituzione internazionale, più o meno lontani e indifferenti rispetto all'arena politica domestica. Decisioni che così finiscono per essere figlie di nessuno e un comodo alibi per tutti. Come possono formarsi in questo modo vere élites politiche? Veri, autorevoli, capi politici?

Per i paesi di medio livello come l'Italia la cosa è clamorosamente evidente. Basti pensare che per ben due volte negli ultimi anni ci siamo trovati addirittura impegnati in operazioni militari di grande rilievo politico - contro la Jugoslavia prima, e adesso contro la Libia - di fatto solo perché altri avevano preso per noi la decisione relativa e noi non potevamo dispiacergli.



Già, la guerra; e dunque la politica estera di cui la guerra un tempo rappresentava l'apice. Non è politicamente corretto ciò che sto per dire, lo so. Ma certo è difficile pensare che la virtuale scomparsa dall'esperienza europea di questi due ambiti decisivi di ciò che fino a qualche decennio fa è stata la politica - i due ambiti cruciali in cui fino a ieri i capi politici potevano essere chiamati a dare prova di sé, ad essere preparati a dare prova di sé - non abbia avuto la sua parte nel rendere sempre più scadente la qualità delle classi politiche del Vecchio continente. È solo un caso, mi chiedo, se i tre principali leader di paesi democratici nell'Europa della post-ricostruzione - De Gaulle, la signora Thatcher e Helmut Kohl - abbiano legato tutti e tre il proprio nome a grandi decisioni di politica estera e/o di tipo bellico (l'Algeria e l'armamento atomico, la guerra delle Falkland, l'unificazione tedesca)? Forse no, direi, non è proprio un caso.



Ernesto Galli della Loggia , dal Corriere

21 agosto 2011 09:53

I DATI
Fisco, per ogni italiano "nascosti" 2000 euroIl tasso di evasione (13,5 %) sale al 44,6% per chi ha un doppio lavoro, raggiunge il 56,3 % per i lavoratori autonomi e gli imprenditori, vola all'83,7 % sui redditi relativi agli immobiliROMA - Ogni italiano nasconde in media al fisco 2.093 euro, il 13,5% del proprio reddito. Il tasso di evasione sale al 44,6% per chi ha un doppio lavoro, raggiunge il 56,3% per i lavoratori autonomi e gli imprenditori, vola all'83,7% sui redditi relativi agli immobili.




E' questa l'ultima fotografia sull'evasione fiscale in Italia contenuta nel rapporto finale di uno dei gruppi di lavoro sulla riforma fiscale, quello "sull'economia non osservata". Dalla stima emerge che il tasso di evasione è più alto al Centro (17,4%) che al Nord (14,8%), e meno nel Mezzogiorno (7,9%).



I dati dell'economia "in nero" riferiti al 2008 (gli ultimi disponibili) parlano di un minimo di 255 e un massimo di 275 miliardi di euro, attribuendola per il 37% a lavoro non regolare.



Dall'ultimo lavoro disponibile sulla stima della base imponibile evasa dall'Irpef emerge poi che l'evasione si annida soprattutto tra i redditi che non vengono tassati automaticamente: il tasso è al 56,3% per gli autonomi e gli imprenditori (15.222 euro di reddito celato) e sale all'83,7% per i rentier (17.824 i redditi nascosti). I doppio-lavoristi con un'attività che si somma a stipendio o pensione arrivano invece a un tasso di evasione del 44,6%.



Gli uomini evadono più delle donne (17,3% contro il 9,9%), i giovani più degli anziani. Sotto i 44 anni l'evasione è del 19,9%, in media di 3.065 euro, scende poi al 10,6% tra 44 e 64 anni (1.945 euro a testa), per poi assottigliarsi al 2,7% per gli over 64 (314 euro a testa).

(21 agosto 2011)

« Lotta di (prima) classe21

Un marziano a Rimini

Non si risolvono i problemi cambiando le carte in tavola. Ma guardando in faccia la realtà. Non si ritrova la fiducia alimentando illusioni. Le sfide più ardue si vincono parlando il linguaggio della verità.



Nell’Italia della propaganda elevata a sistema il Presidente della Repubblica è un marziano che parla una lingua straniera. Un vocabolario talmente semplice, perfino banale nella sua limpidezza, da somigliare nel nostro circo barnum a un idioma da lungo tempo scomparso.



Che le questioni piccole e grandi si risolvono riconoscendo la realtà il più possibile oggettiva è un concetto che si impara a circa sei anni di età. Dal quale, conseguentemente, nasce l’assunzione delle proprie responsabilità. Lo insegnano i genitori ai figli, i nonni ai nipoti, gli insegnanti agli alunni.



Altro che padre della patria. A Giorgio Napolitano tocca fare il padre di un branco di ragazzini immaturi e irresponsabili. Che a forza di giocare col fuoco finiranno per incendiare l’asilo.



Fonte : il blog di Marco Bracconi

sabato 20 agosto 2011

A Pollica na serata per Vassallo

A Pollica una serata per Vassallo


Lunedì otto agosto ero a Pollica, il paese nel Cilento del sindaco Angelo Vassallo, ucciso in circostanze ancora misteriose il 5 settembre dell’anno scorso. L’occasione è stata una manifestazione organizzata in suo onore, un recital del coro De vargas Chorus, diretto da padre Innocenzo Sigillino, persona illuminata ed animatore culturale della zona.



Una bella serata, velata di tristezza, nella cornice suggestiva del bel Castelleto dei Principi Capano, una costruzione del 1200 circa, poderosa ed al tempo stesso molto armoniosa. Nel cortile dove si è tenuto il concerto, bello e a dimensione umana, c’erano 50-60 persone, molte in rappresentanza di Legambiente (provenienti da altre parti d’Italia) che stanno partecipando ad un campeggio militante in zona.



Vassallo si è distinto come amministratore per una straordinaria sensibilità ed attività concreta, a difesa del territorio per la valorizzazione delle risorse ambientali nel rispetto della natura e contro ogni deterioramento della qualità dei luoghi ad opera di speculatori. Il concerto è stato bello e commovente; il coro, ben diretto da padre Innocenzo, ha eseguito brani di un repertorio molto ampio, in buona parte dedicato ai 150 anni dell’Unità di Italia. Alla fine si è cantato tutti insieme l’inno di Mameli ed è stato molto toccante e nient’affatto retorico collegarlo alla figura di eroe civile di Angelo Vassallo. Un momento di grande commozione in cui anche il senso di “Patria” acquista il più alto valore morale.



Indubbiamente l’omicidio di Vassallo non è avvenuto per caso. Chi lo ha commesso ha avuto come obiettivo quello di eliminare un ostacolo altrimenti insuperabile, per interessi opposti a quelli per cui il sindaco operava: cioè il bene comune e la salvaguardia del territorio. Il Cilento è bellissimo, una porzione di Campania ancora tutto sommato preservata dalle devastazioni inflitte ad altri litorali ed il turismo conserva, nonostante tutto, una dimensione a misura d’uomo.



È proprio nel conflitto tra due concezioni opposte dell’economia e della società che va letta questa vicenda: o prevale la qualità di una gestione sana del territorio, che non mira a massimizzare il profitto e preserva l’ambiente, la natura ed anche i rapporti sociali insieme con la cultura ed il progresso civile; oppure s’imbarbarisce ogni cosa, attraverso l’ingresso nell’economia locale delle “cavallette” della devastazione urbana, che portano cemento a tutta forza, droga, violenza e sopraffazione.



Pollica ed il Cilento sono sospesi in questa condizione. L’omicidio di Vassallo può segnare una regressione e far rifluire la situazione verso i peggiori sbocchi politici e sociali. I segni di ciò s’intravedono nell’atmosfera cupa che si respirava nel paese, appena al di fuori del contesto della manifestazione, alla quale ben pochi concittadini hanno partecipato.



Ma il lavoro fatto da Angelo e da tutti coloro che credono in un’altra possibilità per il Cilento, per il meridione e per l’Italia non è andato disperso, ci sono ampie e valide forze che possono proseguirlo. Non è indifferente anche il modo in cui le indagini in corso si concluderanno, auspicabilmente assicurando alla giustizia esecutori e mandanti dell’assassinio.



Cosa ci insegna questa serata? Che si può impiegare anche il mese di agosto per impegnarsi a difesa delle giuste cause, come fanno padre Sigillino ed il suo coro, i volontari di Legambiente ed i cittadini che hanno partecipato in modo non superficiale. Il nostro paese ne ha un tremendo bisogno.



Contenziosi, leggine e altre astuzie


Così B. non paga 500 milioni di tasse

Mondadori potrebbe versare i 300 milioni chiesti da vent'anni dalle Agenzie delle Entrate. Da Mediolanum, che paga in Irlanda un tax rate pari al 18 per cento, potrebbero arrivare circa 200 milioni di euro tra tasse, sovrattasse e sanzioni.

Mezzo miliardo di tasse. È quello che Silvio Berlusconi potrebbe, anzi dovrebbe, pagare per contribuire a risanare le casse devastate dell’Erario. Il Cavaliere e il suo ex fiscalista, ora ministro, Giulio Tremonti si dannano da giorni per trovare il modo di risanare le finanze senza pesare troppo sui cittadini. Invece di guardare alle buste paga dei lavoratori che pagano già un’aliquota marginale del 43 per cento, dovrebbero riprendere in mano le carte delle cause del gruppo Berlusconi. Scoprirebbero così l’uovo di Colombo: basterebbe che i legali, capeggiati dallo studio fondato dal ministro Tremonti, smettessero di impedire al Cavaliere, (con le loro consulenze e i loro cavilli) di fare fino in fondo il suo dovere di contribuente, per ridurre il contributo di solidarietà in un colpo solo dal 5 al 2,5 per cento nel 2011.



Se la “bancassicurazione” Mediolanum, controllata da Silvio Berlusconi e da Ennio Doris, con quote di un terzo ciascuno, ottemperasse agli accertamenti fiscali delle Fiamme Gialle e dell’ Agenzia delle Entrate, immediatamente nelle casse dello Stato entrerebbe una somma che oscilla tra i 188 milioni di euro e i 282 milioni di euro. A quel punto il Governo potrebbe battere cassa anche nella provincia editoriale dell’impero di Berlusconi. Mondadori potrebbe finalmente versare i 300 milioni (173 di imposte più sanzioni e interessi) chiesti da venti anni dall’Agenzia delle Entrate di Milano per l’antica fusione con la Amef del 1991.



Il processo in Cassazione (dopo che la società aveva vinto i primi due gradi) è stato ucciso sul più bello – quando la Cassazione aveva cominciato a fare “la faccia feroce”, mediante una leggina ad aziendam. Mondadori ha già versato 8,6 milioni per chiudere il contenzioso pagando solo il 5 per cento delle imposte contestate. Ma non è mai troppo tardi. Se il Cavaliere e la figlia Marina volessero, potrebbero approfittare dell’ultimo treno: il ricorso della Corte italiana alla Corte di Giustizia europea. Se fosse accolto, la Cassazione rientrerebbe in gioco e il Cavaliere potrebbe finalmente contribuire al risanamento.



È stato lui, in fondo, leccando il gelato con i nipotini sul molo di Porto Rotondo, la location giusta per pronunciare un simile discorso alla nazione, a dichiarare sotto il solleone di ferragosto: “Il contributo di solidarietà è stato introdotto non perché dia un grande introito, visto che secondo i nostri calcoli darà un gettito di molto meno di un miliardo di euro, ma per un fattore di giustizia, per equilibrare i sacrifici”. Parlando con il cuore, ancora “grondante di sangue” perché aveva dovuto “mettere le mani nelle tasche degli italiani”, il nostro B. ha pronunciato due parole, che stanno alla sua bocca come la parola “scusa” su quella del vecchio Fonzie di Happy days: “giustizia” ed “equilibrio”.



Una soluzione ci sarebbe per non mettere più le mani nelle tasche degli italiani: provare a frugare meglio nelle proprie. Il presidente a dire il vero paga un grande ammontare di imposte e non manca mai di ricordarlo. Anche perché è l’uomo più ricco d’Italia. Ma se si va a verificare quanto pagano alcune sue società, come, e soprattutto a chi, si scoprono delle sorprese. L’uomo che prometteva l’aliquota doppia al 23-33 per cento (salvo pretendere il 48 dai contribuenti onesti) paga con la sua società Mediolanum il 18 per cento di aliquota reale, come si può leggere sui bilanci. Non basta: in questo caso il proverbiale pulpito da cui viene la predica si trova a Dublino. Grazie alla controllata irlandese Mediolanum International Funds che amministra oltre 17 miliardi di euro raccolti per lo più in Italia sotto forma di sottoscrizioni di fondi comuni d’investimento, il gruppo Mediolanum paga sui 257 milioni di profitti lordi made in Dublin, solo 32 milioni di tasse. Ma soprattutto quei soldi vanno a ripianare il debito irlandese, non quello italiano. Grazie alla zavorra dell’esoso erario nostrano, alla fine il tax rate si aggirava nel 2010 intorno al 18 per cento, mentre in Irlanda non arrivava al 13 per cento.



La situazione non è piaciuta all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza. Peccato che quando gli uomini del colonnello Vincenzo Tomei sono entrati nella sede della società nel settembre 2010 hanno trovano una mail nella quale i dipendenti si chiedevano cosa fare perché qualcuno li aveva avvertiti. La relazione semestrale del 5 agosto di Mediolanum racconta il seguito: “Il 28 febbraio 2011 si è conclusa l’attività ispettiva del Nucleo di Polizia Tributaria con l’emissione di un verbale per le annualità dal 2006 al 2009, con il quale sono stati contestati maggiori imponibili per complessivi 121,4 milioni di euro, tutti aventi a riguardo i livelli di retrocessioni commissionali da parte della controllata irlandese MIFL. …il 29 ottobre 2010 la Guardia di Finanza”, prosegue la relazione, “aveva emesso un analogo verbale per l’anno 2005, contestando in quel caso maggiori imponibili ai fini dell’Ires e dell’Irap per 48,3 milioni di euro. … è stata inoltre contestata alla Banca la mancata regolarizzazione dell’IVA nelle fatture emesse dai promotori finanziari con previsione di sanzioni pari a 64 milioni di euro”.



La banca ha presentato una memoria il 29 aprile nella quale afferma la “correttezza del comportamento”. Anche la parte assicurativa di Mediolanum è stata sottoposta ad accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate. Per uscirne, scrivono gli amministratori nella relazione: “Il 18 febbraio 2011 Mediolanum Vita ha presentato istanza di “accertamento con adesione” a fronte della notifica di due avvisi relativi al periodo di imposta 2005,(rispettivamente ai fini IRES e IRAP) emessi dall’Agenzia delle Entrate, notificati in data 23 dicembre 2010 e con i quali sono state confermate le riprese a tassazione di maggiori imponibili per 47,9 milioni di euro”. Il fisco però non ha voluto conciliare e così ”in data 23 maggio 2011, Mediolanum ha opposto ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Milano”. Ora ci riproverà chiedendo la “conciliazione giudiziale”.



L’azione dell’Agenzia delle Entrate si somma a quella delle Fiamme gialle ed era già stata anticipata con un primo verbale per gli anni precedenti, 2006 e 2005, con contestazione di “maggiori imponibili ai fini IRES e IRAP per complessivi 86 milioni di euro (47,9 milioni di euro per il 2005 e 38,1 milioni di euro per il 2006)”. Cosa accadrà se il Fisco non farà nessuna conciliazione e se Mediolanum perderà i suoi ricorsi? Lo hanno chiesto gli azionisti agli amministratori. Ecco la risposta di Mediolanum, (che non teneva conto dell’ultimo verbale della Finanza di Milano) “i maggiori imponibili contestati ammontano complessivamente a 255 milioni … le maggiori imposte teoriche sono pari a 94 milioni di euro e sanzioni da 94 milioni a 188 milioni”. Sempre che non arrivi un condono, come è accaduto per Mediaset. Sempre che non arrivi una leggina ad aziendam, come per Mondadori, o una prescrizione, come per Mediatrade.



da Il Fatto Quotidiano del 18 agosto 2011



IL CASO

India mobilitata per l'eroe anti-corruzione


Hazare al quinto giorno di sciopero della fameCresce nel paese il consenso per la battaglia dell'attivista gandhiano che chiede misure efficaci contro il malcostume. Folla in piazza e cinema vuoti per seguire la protesta in diretta tv

Anna Hazare saluta i suoi sostenitori

NEW DELHI - La pioggia e il fango non hanno fermato la protesta di Anna Hazare, l'uomo simbolo della lotta alla corruzione in India, giunto al quinto giorno di sciopero della fame. Ieri il pacifista gandhiano dopo essere stato rilasciato dal carcere 1 di Nuova Delhi dove era stato rinchiuso martedì scorso nel tentativo di obbligarlo a sospendere il digiuno, ha subito ripreso la sua protesta. A Ramlila Ground, una grande spazio aperto della capitale, il 74enne attivista è sdraiato su un palco bianco con alle spalle una gigantografia del Mahatma Gandhi.



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La sua battaglia per ottenere una legge anti corruzione sta raccogliendo sempre più consensi nel Paese, mobilitando un numero crescente di persone. La protesta ha conquistato infatti l'adesione di dipendenti pubblici, artisti, studenti e di diverse categorie professionali, compresi i "dabbawala" di Mumbai, i portatori di gavette che consegnano i pasti caldi negli uffici, in sciopero ieri per la prima volta dopo oltre un secolo. Oggi poi si sono uniti anche gli agricoltori, per i quali Anna si è detto pronto a lottare. "Il governo vuole dare la terra alle società che impiegano lavoratori e succhiano il loro sangue. Dicono loro di produrre altrimenti perderanno

il posto. Vi sembra democrazia?", ha detto.



Hazare ha ribadito quindi di essere pronto a lottare "fino all'ultimo respiro" e ha lanciato un ultimatum al governo perché acceleri l'approvazione del provvedimento prima della pausa del Parlamento prevista l'8 settembre. Circa 10 mila persone, tra cui scolaresche, cittadini e perfino una rock band, sono confluite ieri sera nell'area del Ramlila Ground. Il movimento popolare lanciato da Hazare sta mettendo in crisi persino il cinema di Bollywood. I responsabili delle multisale lamentano infatti un calo di incassi dovuto alla campagna di protesta seguita in diretta dalle principali televisioni con un'altissima audience. Secondo il quotidiano The Hindustan Times da martedi, quando Hazare ha iniziato lo sciopero della fame, c'è stato un calo del 10-20% nelle vendite di biglietti.

Fonte : Repbblica





venerdì 12 agosto 2011

Sulle note di una vecchia canzone di Giannio Bella ; " ...Io mangio e tu, paghi sempre di più"......

Polemica sui prezzi stracciati del ristorante del Senato. Schifani: “Listino da adeguare”


Pasta al ragù, 1 euro e 50; roast beef, 2 euro; birra, 1,60; caffè, 42 centesimi; pasticcino, 0,46; aperitivo o ammazzacaffè, 0,93. E poi ancora, spremuta, 92 centesimi; panino col prosciutto, 1,17; tramezzino, 96 centesimi; cappuccino, 58; tè con fette biscottate, 84 centesimi. In concomitanza con la seduta di stamane delle 4 commissioni parlamentari per le comunicazione di Tremonti, il popolo del web ha fatto una scoperta “culinaria”: qualcuno ha trafugato materialmente un menù del ristorante dei senatori e lo ha pubblicato tal quale. Un enorme successo mediatico. Chi ha la possibilità di frequentare la “mensa” di palazzo Madama sa bene che non si tratta di un falso. Il documento è stato sfilato da uno dei tanti menù distribuiti ai “clienti” e custodito in una cartellina rigida in pelle blu. La sua attendibilità è quindi fuori discussione. Compresi i prezzi.



Un pasto completo non costa più di dieci euro. Ma nella maggior parte dei casi molto meno. L’iva non viene applicata perchè, come in tutti gli esercizi interni alle aziende private o alla pubblica amministrazione, non è previsto dalla legge. Si tratta infatti di un servizio che non ha scopo di lucro: viene fornito per agevolare la vita dei lavoratori, anche se di alto rango, come si presume che siano i parlamentari. La gestione del ristorante del Senato è affidata ad una ditta privata, la Gemeaz Cusin, con sede a Milano. Il Senato fornisce il locale al piano terra in stile liberty: quasi 200 coperti, su una superficie di circa 400 metri quadrati, cucine a parte. E anche le attrezzature per la cottura, le tovaglie, i bicchieri e le posate. Queste ultime debbono essere periodicamente rinnovate perché recano lo stemma senatoriale e sono spesso “predate”come souvenir.



Ovviamente il prezzo pagato dagli avventori non basta a pagare le spese. Così per ogni coperto del ristorante la “Camera alta” deve raddoppiare la cifra corrisposta dai commensali. L’operazione costa circa 1.200.000 euro l’anno. Il presidente del Senato ha fatto sapere in serata che i prezzi della ristorazione interna verranno presto adeguati ai costi effettivi. E’ soddisfatto il deputato dell’Idv, Carlo Monai, che ha diffuso il menu del ristorante del Senato suscitando indignazione sul web. “Bisogna dare segnali di sobrietà”, ha spiegato commentando la decisione di Palazzo Madama di far pagare il costo effettivo dei pasti consumati. “Certo, e’ un gesto simbolico, ma in un momento come questo non possiamo vivere in un giardino dell’Eden”. Monai ha promesso che continuerà la sua battaglia per il taglio dei costi della politica e che rivelera’ altri particolari della vita da parlamentare, come il servizio di contestazione delle contravvenzioni dei deputati che, “dopo la mia denuncia è stato chiuso”.



Il Governo approva la manovra. La scheda

Il Governo approva la manovra


Scure su dipendenti pubblici e redditi alti

Berlusconi e Tremonti rimandano a domani l'illustrazione dei dettagli. Nel mirino anche le Province più piccole, le pensioni femminili, le feste "non concordatarie". Aumento dell'Irpef per gli autonomi con reddito sopra i 55 mila euro. Tracciabilità per le transazioni oltre i 2.500 euro

“54 mila poltrone politiche in meno”. Così Silvio Berlusconi, a fianco del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, ha esordito nella conferenza stampa di presentazione della manovra economica aggiuntiva da 45,5 miliardi di euro (20 per il 2012 e 25,54 per il 2013). Ma subito dopo ha dovuto ammettere di avere il cuore “che gronda sangue” per aver dovuto “mettere le mani nelle tasche degli italiani”. Non ha neppure pronunciato la parola “tasse”, preferendo il termine più neutro “imposizioni”. Confermato il contributo di solidarietà per i redditi più alti: “Si tratta del 5% in più per i redditi oltre 90.000 euro e il 10% per i redditi oltre 150.000 euro, per due anni”, ha spiegato Berlusconi.



La manovra colpisce le Province più piccole e contempla l’accorpamento dei Comuni minori. A scomparire dovrebbero essere le Province con meno di 300 mila abitanti (ma Berlusconi e Tremonti non si sono sblinaciati sui numeri), in base al censimento in corso quest’anno, e dovrebbe diventare operativo alla scadenza di ciascuna amministrazione.



Sono previste addizionali Irpef per i redditi più alti, anche per i lavoratori autonomi, interventi sui tempi delle pensioni e su tredicesime e tfr dei dipendenti pubblici. Berlusconi e Tremonti, però, hanno rimandato la spiegazione dei dettagli a un’altra conferenza stampa domattina.



Al momento, quindi i dettagli disponibili sono quelli contenuti nella bozza di manovra circolata oggi pomeriggio, prima della riunione del Consiglio dei ministri.



Taglio della tredicesima ai dipendenti pubblici. I dipendenti delle Amministrazioni pubbliche che non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa non godranno del pagamento della tredicesima mensilità.



Tfr ritardato. La bozza di decreto prevede che il pagamento del trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici sia ritardato di due anni rispetto alla cessazione del rapporto di lavoro.



Soppressione delle province con meno di trecentomila abitanti. Potrebbe scattare dalle prossime elezioni politiche, insieme alla fusione dei Comuni sotto i mille abitanti e la riduzione dei componenti dei Consigli regionali. Secondo il sindaco di Roma Gianni Alemanno, intervenuto in un dibattito a Cortina d’Ampezzo, nei piani del governo le Province da tagliare sono 34, mentre i Comuni con meno di mille abitanti in Italia sono circa 1.500.



Province da abolire, l’elenco. L’Ansa ha diffuso l’elenco delle 36 province sotto i 300 mila abitanti, che pertanto dovrebbero scomparire. Tra parentesi, il colore politico dell’amministrazione. Ascoli Piceno: 214.068 abitanti (Pdl). Asti: 221.687 (Pdl). Belluno: 213.474 (Lega). Benevento: 287.874 (Pd). Biella: 185.768 (Lega). Caltanissetta: 271.729 (Mpa). Campobasso: 231.086 (Pdl). Carbonia-Iglesias: 129.840 (Pd). Crotone: 174.605 (Pdl). Enna:172.485 (Pdl). Fermo:177.914 (Sel). Gorizia:142.407 (Pd). Grosseto:228.157 (Pd). Imperia:222.648 (Pdl). Isernia:88.694 (Pdl). La Spezia:223.516 (Pd). Lodi:227.655 (Lega). Massa Carrara: 203.901 (Pd). Matera:203.726 (Pd). Medio Campidano:102.409 (Pd). Nuoro:160.677 (Pd). Ogliastra:57.965 (Pd). Olbia Tempio: 157.859 (Pdl). Oristano: 166.244 (Pdl). Pistoia: 293.061 (Pd). Prato: 249.775 (Pd). Rieti: 160.467 (Pd). Rovigo: 247.884 (Pd), Savona: 287.906 (Pdl). Siena: 272.638 (Pd). Sondrio: 183.169 (Lega). Terni: 234.665 (Pd). Trieste: 236.556 (Pd). Verbano-Cusio-Ossola: 163.247 (Pdl). Vercelli: 179.562 (Pdl). Vibo Valentia: 166.560 (Pd).



Feste spostate il lunedì. Le festività infrasettimanali “non concordatarie”, cioè non religiose, verranno spostate al lunedì (e non alla domenica come inizialmente previsto). La misura abbatte di fatto i “ponti”, per aumentare le giornate di lavoro.



Tracciabilità di tutte le transazioni superiori ai 2.500 euro. La transazione andrà comunicata all’Agenzia delle entrate per le operazioni per le quali è prevista l’Iva. E’ inoltre previsto, secondo le anticipazioni dell’Ansa, l’inasprimento delle sanzioni, fino alla sospensione dell’attività, per la mancata emissione di fatture o scontrini fiscali.



Disincentivi per le pensioni di anzianità. Previsto l’anticipo al 2012 del requisito di 97 anni tra età anagrafica e anni di contribuzione.



Innalzamento progressivo dell’età per le pensioni di vecchiaia delle donne da 60 a 65 anni. Viene anticipato al 2015 invece che al 2020.



Riduzione dell’abbattimento delle perdite aziendali. La manovra prevede per le società una riduzione al 62,5% della possibilità di abbattimento delle perdite.



Anticipo dell’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile delle donne. La misura riguarda il settore privato; il progressivo innalzamento prenderebbe il via nel 2016.



Aumento al 20% delle imposte sulle rendite finanziarie. L’aliquota varrebbe per tutti i titoli tranne gli interessi dei titoli di Stato, che restano al 12,5%.



Estensione erga omnes dei contratti aziendali. I contratti potranno derogare a quelli nazionali e a parte dello Statuto dei lavoratori. La bozza di manovra contiene una norma che estende erga omnes gli effetti dell’accordo tra Confindustria e sindacati sui contratti aziendali.



Aumento della quota Irpef per gli autonomi per i redditi sopra i 55.000 euro. La misura dovrebbe essere triennale. Al momento non sono stati diffusi ulteriori dettagli.



Anticipo di un anno le riduzioni del fondo Fas. Si tratta del Fondo governativo per le aree sottoutilizzate, i cui tagli entreranno in vigore prima del previsto.



Taglio alle energie rinnovabili. L’articolo 7 del decreto legge sulla manovra sarebbe stato stralciato. Prevedeva il taglio del 30% agli incentivi alle fonti rinnovabili e la suddivisione in tre macrozone per la fissazione del prezzo dell’elettricità. Contro la riduzione di fondi a favore degli impianti solari si era scagliato il parlamentare siciliano Gianfranco Micciché.



Nella bozza di manovra non comparirebbe l’aumento dell’Iva. Anzi l’ipotesi sarebbe stata accantonata, così come il possibile intervento sugli immobili e sui patrimoni mobiliari. Stessa sorte per la riduzione degli stipendi dei dipendenti pubblici, misura evocata nei giorni scorsi, ma al momento saltata.

Fonte : "Il fatto quotidiano"

giovedì 11 agosto 2011

Signori si mangia. Siete tutti invitati, purchè onorevoli.

LA CRISI E la CASTA


«Tutti a mangiare al Senato:

si pranza con 1,60 euro»

L'invito della Rete che diffonde tra commenti ironici il menu dei senatori

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Clicca per vedere il menu del ristorante di Palazzo Madama

MILANO -«Andiamo a mangiare tutti lì?». L'«onorevole» menu spopola su Internet. Che i pranzi dei nostri politici facessero invidia, come costo s'intende, alle mense francescane si sapeva da tempo. Eppure fa una certa impressione vedere stampati nero su bianco, anzi blu su giallo, gli euro che i senatori (ma anche i giornalisti parlamentari) sono «costretti» a sborsare al ristorante di Palazzo Madama. Qualche esempio? Un piatto di spaghetti alle alici: 1 euro e 60 centesimi. Avete ancora fame? E allora buttatevi sul fresco pesce spada alla griglia, tanto bastano solo tre (3!) euro e 55. La realtà di lusso, simile situazione anche a Montecitorio, è stata svelata dal deputato dell'Idv Carlo Monai, attraverso il settimanale l'Espresso.



I COMMENTI - Ora però ci pensa la Rete a scherzarci sopra: «Un po' troppo caro per le mie tasche...». I commenti ironici e gli sfottò si sprecano: «Chissà se ai peones come me è possibile abbonarsi. Tre persone con meno di € 100 mensili mangiano ben serviti! Se po’ fa!». In tempo di nuove misure economiche e di sacrifici per tutti c'è chi invoca la mannaia e chi fa notare che «ad integrare la differenza ovviamente ci pensano le tasse dei cittadini» (siamo in attesa della risposta dell'ufficio stampa, ndr). E non manca chi vuole investigare: «Lo scandalo sarà conoscere l'integrazione a carico del Senato. Chi è a conoscenza dei prezzi, li pubblichi ed allora potremo veramente indignarci!». Ma c'è anche chi non accetta il confronto: «Per un panino, una bottiglietta d'acqua e un caffè non spendo mai meno di 6 euro. Ma un po' di vergogna non l'avete?». La Rete, con il suo carattere irriverente e dissacratorio, ha fatto centro ancora una volta. Quella carta, in pochi minuti, è diventata cento, mille, diecimila menu. E replicato impietosamente a futura memoria. Portandosi un dubbio perenne: «Ma non sarà troppo pagare 52 centesimi per pane e servizio di camerieri in livrea?».



n.l.

11 agosto 2011 16:52

domenica 7 agosto 2011

Mercati, Europa e Governo Italiano


 
Il podestà forestiero

MERCATI, EUROPA E GOVERNO ITALIANO
di MARIO MONTI , dal Corriere della sera del 7 AQgosto 2011







I mercati, l'Europa. Quanti strali sono stati scagliati contro i mercati e contro l'Europa da membri del governo e della classe politica italiana! «Europeista» è un aggettivo usato sempre meno. «Mercatista», brillante neologismo, ha una connotazione spregiativa. Eppure dobbiamo ai mercati, con tutti i loro eccessi distorsivi, e soprattutto all'Europa, con tutte le sue debolezze, se il governo ha finalmente aperto gli occhi e deciso almeno alcune delle misure necessarie.

La sequenza iniziata ai primi di luglio con l'allarme delle agenzie di rating e proseguita con la manovra, il dibattito parlamentare, la riunione con le parti sociali, la reazione negativa dei mercati e infine la conferenza stampa di venerdì, deve essere stata pesante per il presidente Berlusconi e per il ministro Tremonti. Essi sono stati costretti a modificare posizioni che avevano sostenuto a lungo, in modo disinvolto l'uno e molto puntiglioso l'altro, e a prendere decisioni non scaturite dai loro convincimenti ma dettate dai mercati e dall'Europa.



Il governo e la maggioranza, dopo avere rivendicato la propria autonoma capacità di risolvere i problemi del Paese, dopo avere rifiutato l'ipotesi di un impegno comune con altre forze politiche per cercare di risollevare un'Italia in crisi e sfiduciata, hanno accettato in questi ultimi giorni, nella sostanza, un «governo tecnico». Le forme sono salve. I ministri restano in carica. La primazia della politica è intatta. Ma le decisioni principali sono state prese da un «governo tecnico sopranazionale» e, si potrebbe aggiungere, «mercatista», con sedi sparse tra Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York.



Come europeista, e dato che riconosco l'utile funzione svolta dai mercati (purché sottoposti a una rigorosa disciplina da poteri pubblici imparziali), vedo tutti i vantaggi di certi «vincoli esterni», soprattutto per un Paese che, quando si governa da sé, è poco incline a guardare all'interesse dei giovani e delle future generazioni. Ma vedo anche, in una precipitosa soluzione eterodiretta come quella dei giorni scorsi, quattro inconvenienti.



Scarsa dignità . Anche se quella del «podestà forestiero» è una tradizione che risale ai Comuni italiani del XIII secolo, dispiace che l'Italia possa essere vista come un Paese che preferisce lasciarsi imporre decisioni impopolari, ma in realtà positive per gli italiani che verranno, anziché prenderle per convinzione acquisita dopo civili dibattiti tra le parti. In questo, ci vorrebbe un po' di «patriottismo economico», non nel fare barriera in nome dell'«interesse nazionale» contro acquisizioni dall'estero di imprese italiane anche in settori non strategici (barriere che del resto sono spesso goffe e inefficaci, una specie di colbertismo de noantri ).



Downgrading politico . Quanto è avvenuto nell'ultima settimana non contribuisce purtroppo ad accrescere la statura dell'Italia tra i protagonisti della scena europea e internazionale. Questo non è grave solo sul piano del prestigio, ma soprattutto su quello dell'efficacia. L'Unione europea e l'Eurozona si trovano in una fase critica, dovranno riconsiderare in profondità le proprie strategie. Dovranno darsi strumenti capaci di rafforzare la disciplina, giustamente voluta dalla Germania nell'interesse di tutti, e al tempo stesso di favorire la crescita, che neppure la Germania potrà avere durevolmente se non cresceranno anche gli altri. Il ruolo di un'Italia rispettata e autorevole, anziché fonte di problemi, sarebbe di grande aiuto all'Europa.



Tempo perduto . Nella diagnosi sull'economia italiana e nelle terapie, ciò che l'Europa e i mercati hanno imposto non comprende nulla che non fosse già stato proposto da tempo dal dibattito politico, dalle parti sociali, dalla Banca d'Italia, da molti economisti. La perseveranza con la quale si è preferito ascoltare solo poche voci, rassicuranti sulla solidità della nostra economia e anzi su una certa superiorità del modello italiano, è stata una delle cause del molto tempo perduto e dei conseguenti maggiori costi per la nostra economia e società, dei quali lo spread sui tassi è visibile manifestazione.



Crescita penalizzata . Nelle decisioni imposte dai mercati e dall'Europa, tendono a prevalere le ragioni della stabilità rispetto a quelle della crescita. Gli investitori, i governi degli altri Paesi, le autorità monetarie sono più preoccupati per i rischi di insolvenza sui titoli italiani, per il possibile contagio dell'instabilità finanziaria, per l'eventuale indebolimento dell'euro, di quanto lo siano per l'insufficiente crescita dell'economia italiana (anche se, per la prima volta, perfino le agenzie di rating hanno individuato proprio nella mancanza di crescita un fattore di non sostenibilità della finanza pubblica italiana, malgrado i miglioramenti di questi anni). L'incapacità di prendere serie decisioni per rimuovere i vincoli strutturali alla crescita e l'essersi ridotti a dover accettare misure dettate dall'imperativo della stabilità richiederanno ora un impegno forte e concentrato, dall'interno dell'Italia, sulla crescita.







07 agosto 2011 13:39



mercoledì 3 agosto 2011

Antropologia del conformista che fugge dalla libertà.

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Nel 1549 fu pubblicato un libello in cui si studiava lo spettacolo sorprendente della disponibilità degli esseri umani, in massa, a essere servi, quando sarebbe sufficiente decidere di non servire più, per essere ipso facto liberi. Che cosa è – parole di Etienne de la Boétie, amico di Montaigne – questa complicità degli oppressi con l'oppressore, questo vizio mostruoso che non merita nemmeno il titolo di codardia, che non trova un nome abbastanza spregevole?. Il nome – apparso allora per la prima volta - è “servitù volontaria”. Un ossimoro: se è volontaria, non è serva e, se è serva, non è volontaria. Eppure, la formula ha una sua forza e una sua ragion d'essere. Indica il caso in cui, in vista di un certo risultato utile, ci s'impone da sé la rinuncia alla libertà del proprio volere o, quantomeno, ci si adatta alla rinuncia. Entrano in scena i tipi umani quali noi siamo: il conformista, l'opportunista, il gretto e il timoroso: materia per antropologi.





a) Il conformista è chi non dà valore a se stesso, se non in quanto ugualizzato agli altri; colui che si chiede non che cosa si aspetta da sé, ma cosa gli altri si aspettano da lui. L'uomo-massa è l'espressione per indicare chi solo nel “far parte” trova la sua individualità e in tal modo la perde. L'ossessione, che può diventare malattia, è sentirsi “a posto”, “accettato”.Il conformista è arrivista e formalista: vuole approdare in una terra che non è la sua, e non in quanto essere, ma in quanto apparire. Così, il desiderio di imitare si traduce nello spontaneo soggiogarsi alle opinioni, e l'autenticità della vita si sacrifica alla peggiore e più ridicola delle sudditanze: l'affettazione modaiola. La “tirannia della pubblica opinione” è stata denunciata, già a metà dell'Ottocento da John Stuart Mill, e oggi, nella società dell'immagine, è certo più pericolosa di allora. L'individuo si sente come sotto lo sguardo collettivo di una severa censura, se sgarra, o di benevola approvazione, se si conforma.

Questo sguardo è a una sorta di polizia morale. La sua forza, a differenza della “polizia” senza aggettivi, è interiore. Ma il fatto d'essere prodotta da noi stessi è forse libertà? Un uomo così è libero, o non assomiglia piuttosto a una scimmia?



b) L'opportunista è un carrierista, disposto a “mettersi al traino”. Il potere altrui è la sua occasione, quando gli passa vicino e riesce ad agganciarlo. Per ottenere favori e protezione, che cosa può dare in cambio? Piaggeria e fedeltà, cioè rinuncia alla libertà. Messosi nella disponibilità del protettore, cessa d'essere libero e si trasforma in materiale di costruzione di sistemi di potere. Così, a partire dalla libertà, si creano catene soffocanti che legano gli uni agli altri. Si può illudersi d'essere liberi. Lo capisci quando chi ti sta sopra ti chiede di pagare il prezzo dei favori che hai ricevuto. Allora, t'accorgi d'essere prigioniero d'una struttura di potere basata su favori e ricatti, che ti prende dal basso e ti solleva in alto, a misura del tuo servilismo. Quel de la Boétie, già nominato, ha descritto questo meccanismo. Il segreto del dominio sta in un sistema a scatole cinesi: un capo, circondato da pochi sodali che, distribuendo favori e cariche, a loro volta ne assoldano altri come complici in prevaricazioni e nefandezze, e questi altri a loro volta. Così la rete si estende, da poche unità, a centinaia, a migliaia, a milioni. Alla fine, il numero degli oppressori è quasi uguale a quello degli oppressi, perché appena compare una cricca, tutto il peggio, tutta la feccia degli ambiziosi fa gruppo attorno a lui per aver parte al bottino. Il tiranno genera tirannelli. Ma questi sono uomini liberi o parassiti come quelli che infestano il regno animale e vegetale?



c) L'uomo gretto è interessato solo a ciò che tocca la piccola sfera dei suoi interessi privati, indifferente o sospettoso verso la vita che si svolge al di là, che chiama spregiativamente “la politica”. Rispetto alle questioni comuni, il suo atteggiamento l'ipocrita superiorità: “certo gli uni hanno torto, ma nemmeno gli altri hanno ragione”, dunque è meglio non immischiarsi. La grettezza è incapace di pensieri generali. Al più, in comune si coltivano piccoli interessi, hobby, manie, peccatucci privati, unitamente a rancori verso la società nel suo insieme. Nell'ambiente ristretto dove si alimentano queste attività e questi umori, ci si sente sicuri di sé e aggressivi ma, appena se ne esce, si è come storditi, spersi, impotenti. La grettezza si accompagna al narcisismo e alla finta ricerca della cosiddetta “autenticità” personale che si traduce in astenia politica accompagnata dal desiderio d'esibirsi. In apparenza, è profondità esistenziale; in realtà è la vuotaggine della società dell'immagine. Il profeta della società gretta è Alexis de Tocqueville, nella sua analisi della “uguaglianza solitaria”: vedo una folla innumerevole di uomini simili ed eguali che girano senza posa su se stessi per procurarsi piccoli, volgari piaceri. Ciascuno di loro, tenendosi appartato, è estraneo al destino degli altri: se ancora gli rimane una famiglia, si può dire almeno che non abbia più patria. Su questa massa solitaria s'innesta la grande, terribile e celebre visione del dispotismo democratico: “al di sopra di costoro s'innalza un potere immenso e tutelare, che s'incarica da solo di assicurare il godimento dei loro beni e di vegliare sulla loro sorte. E' assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Ama che i cittadini siano contenti, purché non pensino che a stare contenti”. Ora, chi invoca su di sé un potere di tal genere, “immenso e tutelare”, è un uomo libero o è un bambino fissato nell'età infantile?





d) La libertà può fare paura ai timorosi. Siamo sicuri di reggere le conseguenze della libertà? Bisogna fare i conti con la nostra “costituzione psichica”, dice Freud: l'uomo civile ha barattato una parte della sua libertà per un po' di sicurezza. Chi più di tutti e magistralmente ha descritto il conflitto tra libertà e sicurezza è Fëdor Dostoevskij, nel celebre dialogo del Grande Inquisitore. A dispetto dei discorsi degli idealisti, l'essere umano aspira solo a liberarsi della libertà e a deporla ai piedi degli inquisitori, in cambio della sicurezza del “pane terreno”, simbolo della mercificazione dell'esistenza. Il “pane terreno” che l'uomo del nostro tempo considera indispensabile si è allargato illimitatamente, fino a dare ragione al motto di spirito di Voltaire, tanto brillante quanto beffardo: “il superfluo, cosa molto necessaria”. E' libero un uomo così ossessionato dalle cose materiali, o non assomiglia piuttosto alla pecora che fa gregge sotto la guida del pastore?



Conformismo, opportunismo, grettezza e debolezza: ecco dunque, della libertà, i nemici che l'insidiano “liberamente”, dall'interno del carattere degli esseri umani. Il conformista la sacrifica all'apparenza; l'opportunista, alla carriera; il gretto, all'egoismo; il debole, alla sicurezza. La libertà, oggi, più che dal controllo dei corpi e delle azioni, è insidiata da queste ragioni d'omologazione delle anime. Potrebbe perfino sospettarsi che la lunga guerra contro le arbitrarie costrizioni esterne, condotte per mezzo delle costituzioni e dei diritti umani, sia stata alla fine funzionale non alla libertà, ma alla libertà di cedere liberamente la nostra libertà. La libertà ha bisogno che ci liberiamo dei nemici che portiamo dentro di noi. Il conformismo, si combatte con l'amore per la diversità; l'opportunismo, con la legalità e l'uguaglianza; la grettezza, con la cultura; la debolezza, con la sobrietà. Diversità, legalità e uguaglianza, cultura e sobrietà: ecco il necessario nutrimento della libertà.







Di Gustavo Zagrebelsky, da Repubblica del 16 Giugno 2011