Il lato B / Con il 30% dei laureati under 34 inattivo nel Sud d'Italia il talento è in default. ..da brivido anche i dati sulla meglio gioventù dell'Italia meridionale diffusi ieri da Svimez come anticipazione del Rapporto sull'economia del Mezzogiorno in uscita a settembre. Due giovani del Sud su tre non hanno un lavoro. Sulla sponda italiana del Mediterraneo, il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) nel 2010 era 31,7% , in calo dal 33,3% che era il dato medio del 2009. Per le ragazze si sprofonda addirittura al 23,3%.
Fonte : il sole 24 ore
Il Sud del lavoro impossibile è lontano 25 punti dal Nord Italia (56,5%). Ma soprattutto preoccupa, e fa parlare Svimez di "spreco generazionale inaccettabile", il dato che vede in crescita nelle Regioni meridionali la quota dei giovani Nè-nè o giovani Neet (Not in education, employment or training) con alto livello di istruzione. Oltre il 30% dei laureati del Mezzogiorno under 34 è inattivo, dice lo studio, e così quasi un terzo dei diplomati . I ragazzi meridionali con un titolo di studio universitario in tasca ma rimasti fuori dal sistema formativo e del mercato del lavoro sono circa 167 mila. Peggio di tutti stanno quelli di loro che vivono in Basilicata e in Calabria. Come dire che il talento, gli investimenti personali e collettivi sulla formazione e il futuro di una generazione, in mezza Italia sono in default. Ma non in solo i loro.
Un paio di mesi orsono, parlando ma dell'Italia under30 in blocco, non soltanto dei giovani del Mezzogiorno, il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni ricordava come, nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni, il tasso di disoccupazione nazionale nel 2010 (20,2 % ) fosse quasi 4 punti in più della media europea e addirittura 11 punti in più che in Germania. Risultava occupato, osservava il banchiere, solo il 35 per cento degli italiani in età tra i 15 e i 29 anni, cioè poco meno della metà della media nell’Unione Europea, mentre in Germania lavorava il 57 % dei loro coetanei.
Un mese fa , invece, era stata l 'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a lanciare l'allarme Neet. Il livello medio d'istruzione dei giovani europei non è mai stato così alto, eppure uno su cinque non riesce a trovare lavoro e il tasso di disoccupazione è il doppio rispetto a quello del resto della popolazione in età lavorativa. Il principio vale anche per Austria, Germania, Paesi Bassi e Norvegia, dove però il tasso di disoccupazione giovanile si è mantenuto sotto il 10%.
Dove ha origine lo sprofondo che separa le percentuali dei Paesi virtuosi e quel 30% di inattivi del nostro Sud denunciati da Svimez ? Nel divario di sviluppo e ricchezza, certo. Nel gap dell'offerta e della qualità della formazione, è ovvio. Nella difficoltà, puntualmente segnalata, dell' incontro tra i profili disponibili e quelli che le aziende cercano, anche.
Ma lo sbilanciamento aumenta e, come paventa il Rapporto, è a rischio di non ritorno, là dove la pratica della raccomandazione e l'introduzione socio- familiare sono più radicate. E contano di più, o anche tutto, del merito e delle competenze, che invece non pesano niente. I giovani lavorano (e più talenti hanno da spendere, non solo quelli attestati dal pezzo di carta, prima e meglio si inseriscono perchè le aziende li riconoscono e li premiano) dove la legalità non è un argomento rituale e il lavoro sommerso e l'evasione dei contributi scontano lo stigma sociale generalizzato. Il prodotto delle politiche giovanili, infine, non sono sportelli deserti e musica rock. In questo l'Italia ha il suo Sud, ma è a sua volta il Sud d'Europa.
Il Sud del lavoro impossibile è lontano 25 punti dal Nord Italia (56,5%). Ma soprattutto preoccupa, e fa parlare Svimez di "spreco generazionale inaccettabile", il dato che vede in crescita nelle Regioni meridionali la quota dei giovani Nè-nè o giovani Neet (Not in education, employment or training) con alto livello di istruzione. Oltre il 30% dei laureati del Mezzogiorno under 34 è inattivo, dice lo studio, e così quasi un terzo dei diplomati . I ragazzi meridionali con un titolo di studio universitario in tasca ma rimasti fuori dal sistema formativo e del mercato del lavoro sono circa 167 mila. Peggio di tutti stanno quelli di loro che vivono in Basilicata e in Calabria. Come dire che il talento, gli investimenti personali e collettivi sulla formazione e il futuro di una generazione, in mezza Italia sono in default. Ma non in solo i loro.
Un paio di mesi orsono, parlando ma dell'Italia under30 in blocco, non soltanto dei giovani del Mezzogiorno, il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni ricordava come, nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni, il tasso di disoccupazione nazionale nel 2010 (20,2 % ) fosse quasi 4 punti in più della media europea e addirittura 11 punti in più che in Germania. Risultava occupato, osservava il banchiere, solo il 35 per cento degli italiani in età tra i 15 e i 29 anni, cioè poco meno della metà della media nell’Unione Europea, mentre in Germania lavorava il 57 % dei loro coetanei.
Un mese fa , invece, era stata l 'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a lanciare l'allarme Neet. Il livello medio d'istruzione dei giovani europei non è mai stato così alto, eppure uno su cinque non riesce a trovare lavoro e il tasso di disoccupazione è il doppio rispetto a quello del resto della popolazione in età lavorativa. Il principio vale anche per Austria, Germania, Paesi Bassi e Norvegia, dove però il tasso di disoccupazione giovanile si è mantenuto sotto il 10%.
Dove ha origine lo sprofondo che separa le percentuali dei Paesi virtuosi e quel 30% di inattivi del nostro Sud denunciati da Svimez ? Nel divario di sviluppo e ricchezza, certo. Nel gap dell'offerta e della qualità della formazione, è ovvio. Nella difficoltà, puntualmente segnalata, dell' incontro tra i profili disponibili e quelli che le aziende cercano, anche.
Ma lo sbilanciamento aumenta e, come paventa il Rapporto, è a rischio di non ritorno, là dove la pratica della raccomandazione e l'introduzione socio- familiare sono più radicate. E contano di più, o anche tutto, del merito e delle competenze, che invece non pesano niente. I giovani lavorano (e più talenti hanno da spendere, non solo quelli attestati dal pezzo di carta, prima e meglio si inseriscono perchè le aziende li riconoscono e li premiano) dove la legalità non è un argomento rituale e il lavoro sommerso e l'evasione dei contributi scontano lo stigma sociale generalizzato. Il prodotto delle politiche giovanili, infine, non sono sportelli deserti e musica rock. In questo l'Italia ha il suo Sud, ma è a sua volta il Sud d'Europa.
Nessun commento:
Posta un commento